Negli spigoli aguzzi del tuo essere
racchiudevi nostalgia di un’esistenza
che avresti voluta diversa,
coniugavi gli amari condizionali
di eventi bruciati solo nel desiderio.
Eppure una inestinta gioia della vita
emanava da te quando ridevi.
Amavi il mare sotto cieli di luce
a cercarvi l’altrove perduto su rive
lontane di case multicolori.
Il bisogno, quasi smania estrema,
di narrare la giovinezza, i tuoi giorni remoti,
si scontrava nell’ascolto svagato.
Pativi, esibivi talvolta la solitudine
tentando compagnia di letture,
ti piaceva quella vecchia Signora
che racconta di Adriano morente
Tardi illuminati dalla verità
che solo la morte scopre, ti chiediamo perdono.
Resta appena questo muto colloquio:
per trattenerti almeno un poco,
per non farti andare via per sempre.