Il libro si compone di due parti di circa uguale lunghezza. La prima parte, introdotta da J’aspire au repos, si apre con un saggio nel quale l’autore sviluppa la propria analisi sulla relazione tra scienza e letteratura da Dante ai nostri giorni, alla quale fanno seguito sette testi di carattere teorico inspirati dall’osservazione del mondo contemporaneo. La seconda parte è introdotta da Séjourner et raconter e presenta dodici testi di tono e lunghezza variabili nei quali le idee prendono forma di racconto. Pour prendre congé : la vie nue chiude l’opera, rivelando la sua intima coerenza.
Se il contesto in tal modo definito permette al lettore di avere una percezione globale di questa raccolta e di trovarne dei riferimenti, non ha però la funzione di caratterizzare i due insiemi con una perfetta omogeneità di generi. I testi di Gianluca Virgilio non si lasciano facilmente inquadrare in qualsivoglia categoria, il lettore che ha avuto l’occasione di conoscerlo attraverso la lettura delle sue due opere Résonances salentines e Enfance salentine lo sa bene. Quello che gli viene proposto qui, con questo terzo libro in francese, è un invito a raggiungerlo per riprendere il filo di una conversazione interrotta. Tra questa varietà di pensieri, in cui un argomento ne richiama un altro in tutta naturalezza, si parla di politica, nel senso nobile del termine, delle sofferenze della vita, del tempo che passa, di amori adolescenziali, di situazioni familiari, di vita sociale e professionale, di trasmissione di una cultura e di esigenze intellettuali, di tutto ciò che colpisce un essere curioso, sensibile e colto, dotato di una grande libertà di pensiero, un perfetto “uomo onesto”. L’autore non si sottrae a questo, al contrario, si espone in prima persona, mai saccentemente, ma con pudore e umiltà, talvolta con emozione, spesso con senso dell’umorismo ed ironia, anche nei confronti di se stesso. Egli invita semplicemente il lettore a condividere in qualità d’amico qualche momento della sua vita, come una passeggiata a Hyde Park durante una vacanza in famiglia, una camminata solitaria nelle vie della sua città, il lento vagare nella campagna salentina, da bambino insieme ai suoi genitori, da adulto in compagnia delle sue figlie o di Ornella; lo accompagna a scuola, nel giardino del suocero, al mercato, su una strada interrotta oppure un sito archeologico chiuso al pubblico, così tanti luoghi familiari che possono lasciar emergere all’improvviso dalla loro banalità una visione inaspettata del mondo. Parla di Féfé e Paolo, amici di vecchia data strappati alla vita, il cui ricordo lo mette ancora a disagio. Rievoca le sue letture di autori antichi o contemporanei, citandoli scrupolosamente quando vengono a sostenere l’argomentazione della sua tesi, Une admirable pénétration dans l’inconnu, o perché, come Edward Saïd, aprono ai suoi occhi una prospettiva nuova sulle relazioni di potere e dominio nel mondo. Il lettore apprezzerà certamente l’omaggio a Cervantes e forse, aiutato da discreti riferimenti come un titolo (Vie nouvelle) o il nome di un personaggio (L’homme du gouffre), avrà il piacere di identificare, nella trasparenza del racconto, una fonte letteraria e filosofica lontana. Delineando con naturalezza e sincerità il particolare contesto che ha risvegliato la sua immaginazione e ha suscitato pensieri, emozioni e sentimenti, l’autore fa del lettore il suo complice, procurandogli inoltre, al contempo, la grande soddisfazione di pensare e sentire le cose.
Gianluca Virgilio, formato dall’esperienza e nutritosi dei testi fondamentali del pensiero e della letteratura occidentale, scrive e riprende costantemente, per approfondirli, i suoi temi familiari da diverse prospettive. A suo parere, non abbiamo una mentalità più aperta per il semplice pretesto di leggere il giornale o guardare la televisione, poiché i media entrano nelle nostre case offrendoci una visione semplificata del mondo e questo porta inevitabilmente ad una chiusura in noi stessi.
Quanto ai discorsi convenzionali che alimentano copiosamente il mercato del libro destinato al “lettore alienato” che Gianluca si diverte a criticare con la sua penna pungente, egli giudica legittima la sua opposizione con un punto di vista del tutto soggettivo sul mondo. Necessita del bisogno costante di interrogare il passato, la terra degli avi e la maniera in cui essa è stata occupata, senza idealizzare né ironizzare, continuando ad analizzare il presente senza pregiudizi: è questa la condizione necessaria per aprirsi al futuro. Nei suoi testi, Gianluca evoca le profonde mutazioni del mondo che non risparmiano l’ambiente circostante; la sua città “bella e antica” e la vicina campagna gli danno prova della violenza della finanziarizzazione senza frontiere e di conseguenti movimenti della popolazione. Lo sguardo è critico, senza compromessi, ma l’autore mantiene elegantemente la distanza necessaria per dare al suo racconto una gradita vena di sarcasmo, nonostante il rispetto e la tenerezza per i suoi antenati. “Oh, Sirgole, Sirgole! Perché ti hanno scempiata?” accusa dolorosamente. Non si tratta di sentimenti strettamente privati, ma riguardano l’uomo nella sua dimensione universale, che sia più o meno distante nello spazio o nel tempo. Ne è un esempio il racconto dell’incursione sul sito abbandonato di Rudiae, dal tono inizialmente brioso e poi contrassegnato da una solennità inaspettata alla scoperta dell’antico anfiteatro, “disteso come un immenso scheletro riesumato a metà”, “una profanazione”.
Il lettore avrà capito che gli è concessa la libertà di muoversi a suo piacimento all’interno dell’opera. Ogni testo, incentrato su un aspetto particolare indicato dal titolo, forma un insieme mantenendo in sé la propria finalità. Si tratta di momenti condivisi con Gianluca che alternativamente fanno riflettere, divertono o emozionano, indignano o inteneriscono, si scontrano o intrattengono, ma non si annullano mai l’un l’altro, ciascuno di essi al contrario contribuisce a chiarirne l’insieme. È forse nello spazio della pagina bianca che li separa, il tempo di un respiro, di una riflessione personale, che il lettore comincerà poco a poco a percepire il filo che li lega, vale a dire una coscienza che si interroga sulle questioni che riguardano l’essenza stessa della vita. Questo filo conduttore, egli lo scoprirà in particolar modo in tre testi che attirano l’attenzione, grazie alla posizione privilegiata scelta dall’autore all’interno del libro, così come la loro diversa composizione. J’aspire au repos conferisce la tonalità d’insieme della raccolta nel corso dei quattro paragrafi con una prosa musicale perfettamente ritmata, nella quale l’autore si ricollega al destino che accomuna tutti: qualunque siano i nostri miserabili sotterfugi per ingannare il Tempo e i nostri tentativi di fermarne il corso opponendogli le concrete realizzazioni della nostra vita, ci aggrada anche abbassare la guardia, al di là della volontà, nella riconfortante necessità in cui tutti ci troviamo, di riscoprire il legame con la natura, di tendere verso il “riposo” al di là del tempo presente. A metà dell’opera è posta un’altra domanda fondamentale che ci inserisce ancora una volta nella grande famiglia umana: “Partire o restare”? Duplice aspirazione contraddittoria, tra il bisogno vitale di ancorare le proprie radici ed il desiderio di scoprire gli aspetti sconosciuti del mondo, la scelta non dipende sempre dalla volontà e non avviene senza sofferenza. Séjourner et raconter risponde Gianluca Virgilio, perché solo le parole per raccontare ciò che dona la vita, spesso per caso, possono far vedere le realtà del mondo vicino e lontano con un nuovo sguardo, quello dell’altro, metterli a distanza, conservarne la memoria e infine ristabilirne l’armonia. Con la conclusione Pour prendre congé : la vie nue l’autore lascia intravedere al lettore, per poco che si sforzi, il punto in cui, sbarazzatosi dall’utile, la letteratura è vita, “la vita nuda”. Lo scrittore non dispone che del linguaggio comune, oggetto di studio costante, al confine tra poesia e filosofia, e utilizza le parole senz’altro fine se non la ricerca della loro perfezione, propensione verso un ideale di semplicità assoluta, nudità prossima alla purezza, punto ultimo di fusione di spazio e tempo con il nulla.
All’origine di questo libro c’è una profonda amicizia nata da un incontro fortuito tra uno scrittore, Gianluca Virgilio, e noi, Annie e Walter Gamet, suoi lettori. Dalla scrittura alla lettura prima, poi dalla lettura ad una riscrittura nella nostra lingua, fin dall’inizio è stata una storia di parole, un umile tentativo, mai concluso, di cogliere nell’esitante viaggio da una lingua all’altra l’instabilità del reale, senza la quale l’arte non esisterebbe. Oggi, nella solitudine e nel silenzio, attesa o ricordo poco importa, cari amici lettori, anche voi combattuti tra la ricerca di un senso ultimo e la rassegnazione nel lasciarselo sfuggire, mi piace pensare che possa giungere a voi un’eco rara, fragile, unica, de “la vie nue”.
(Traduzione dal francese di Marina Cannoletta)