Esiste un sentire comune, soprattutto nei giovani, verso la sostenibilità ma l’offerta politica non riesce ad esprimerlo, a farsene portavoce. I tempi sono cambiati dalla posizione ambientalista del no a tutto. Ora le vere posizioni ambientaliste, dopo aver identificato i problemi, chiedono e propongono soluzioni. Occorre riconvertire i sistemi di produzione e di consumo per garantire la salute non solo dei lavoratori, ma di tutti e, prima di tutto, dell’ambiente. È impossibile avere individui sani, magari investendo moltissimo nella medicina, se l’ambiente è malato. Non si tratta di idee di sinistra o di destra. È questione di logica. E ci sono tutte le premesse per dare lavoro a chi non ne ha (con un colpo alla botte di sinistra) e profitto a chi investirà in questa direzione (con un colpo al cerchio della destra). Per il mio modo di sentire, comunque, gli investimenti li dovrebbe fare prima di tutto lo stato, con un new deal verso la sostenibilità, e i profitti che ne deriverebbero andrebbero alla collettività e non ai privati che, lo abbiamo visto, quando gestiscono cose prima collettive le fanno fallire dopo aver guadagnato in modo spudorato. Riconvertire i sistemi di produzione significa prima di tutto uscire dall’età del fuoco. Siamo una specie che brucia carbonio consumando ossigeno e producendo anidride carbonica: lo fa il nostro metabolismo, e non lo possiamo evitare, ma possiamo produrre il nostro combustibile primario (il cibo) in modi più sostenibili e meno impattanti, e dobbiamo produrre energia extracorporea in modi che non richiedano la combustione di qualcosa. Già ce ne sono, penso all’eolico, al solare, al geotermico. Però dobbiamo pensare alla dismissione degli impianti, per non ricommettere gli errori del passato. Chi ha pensato a dove mettere la plastica dopo la sua utilizzazione? Ora gli oceani ne sono pieni. Come dismettere le centrali nucleari? E le celle fotovoltaiche? Se andremo con auto elettriche, che ne faremo delle batterie esauste?Perché preoccuparci di questo? dice Keynes. Tanto tra cento anni saremo tutti morti. Ma Marx ci dice che dobbiamo lasciare un mondo in condizioni migliori, dopo il nostro passaggio. Essere di sinistra, oggi, significa prima di tutto questo. Peccato che la sinistra ancora non lo abbia capito.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia” del 5 maggio 2019]