di Guglielmo Forges Davanzati
La crisi europea – intesa come incapacità dell’Unione di generare processi di convergenza fra i Paesi membri e, dunque, come crisi soprattutto dei Paesi del Sud (Italia inclusa) – viene interpretata sulla base di due tesi.
- Si ritiene che la crisi dipenda da eccessivo debito pubblico, a sua volta ricondotto a eccessiva spesa pubblica. Si aggiunge che un elevato debito pubblico è un freno alla crescita. Ciò fondamentalmente per la seguente ragione. Se il debito pubblico aumenta, le famiglie si aspettano un aumento della tassazione futura e, per conseguenza, per pagare tasse in aumento aumentano i risparmi. L’aumento dei risparmi riduce i consumi, la domanda aggregata e il tasso di crescita. In più, l’aumento del debito fa crescere i tassi di interesse, dunque le passività finanziarie delle imprese, disincentivando gli investimenti privati e, anche per questo effetto, riduce la domanda e il tasso di crescita.
Questa è stata per molti anni la visione dominante, sulla base della quale sono state messe in atto politiche di austerità: riduzione della spesa pubblica e aumento della tassazione. Si è cioè ritenuto che, per ridurre il debito pubblico, occorreva ridurre la spesa e mettere ‘in ordine’ i conti pubblici. Come diffusamente dimostrato sul piano teorico ed empirico, tuttavia, e come peraltro riconosciuto da importanti istituzioni internazionali (OCSE in primis), le misure di austerità fanno semmai crescere il rapporto debito/Pil (perché la riduzione della spesa pubblica riduce il denominatore più di quanto riduce il numeratore). Va precisato che le misure di austerità hanno prodotto effetti macroeconomici di segno negativo nei Paesi periferici, nei quali peraltro sono state attuate con la massima intensità, ma hanno sostanzialmente dato buon esito in Germania e nei Paesi satelliti della Germania. Ciò a ragione del fatto che la compressione della domanda interna in quei Paesi ha consentito alle loro economie di ridurre le importazioni e di aumentare le esportazioni. In altri termini, le politiche di austerità, in quelle aree, sono state funzionali a generare un sentiero di crescita trainato dalle esportazioni.