Tra un dritto e un rovescio, un pallonetto e una voleè, ma soprattutto nei cambi di campo, capitava che ne parlassimo:
“Emilio, com’era questo salentino-tedesco?”
Io so che quando era preside a Lecce pretese che – bandendo concorsi – andassero i vincitori alla Facoltà di Lettere – si impose per esempio con Maria Corti e così per Mario Marti, insomma decisamente più bravi. Filologo rigoroso, rigido, uno che aveva frequentato l’Accademia di Lucugnano con Girolamo Comi, uno che veniva dalla gavetta, uno che era convinto che il Sud ha gente sì molto creativa, ma troppo pasticciona. Raffaele Spongano aveva dei principi ferrei, un rigore calvinista. Tu pensa che una volta prese in fallo il famoso Francesco Flora, suo collega all’Università di Bologna, uno che a quel tempo era considerato tra i primissimi critici letterari. Spongano era correlatore e chiese a Flora di leggere ad alta voce una tesi di laurea che presentava una ragazza. Flora lesse e rabbrividì. La tesi era copiata di sana pianta. Flora era bravo e preparato ma non gli passava manco pp’a capa di seguire gli studenti nel corso dei lavori di redazione.
A dire il vero noi studenti bolognesi mal sopportavamo Spongano, il terrone germanico. Dicevamo tra noi, ma questo qui non è meridionale? E allora da dove gli viene tutto questa intransigenza, quest’essere uomo tutto di un pezzo. Questo non accettare nessun compromesso. Ma esistono davvero dei meridionali così?, ci chiedevamo stupefatti, schiavi dei pregiudizi e del cliché di scansafatiche. E allora, si malignava, perché non se ne tornano nel loro paese e mettono in riga tutti gli altri, invece di venire a rompere le balle qui da noi.
Ovviamente eravamo ragazzi, e non avevamo neppure un’esatta cognizione geografica delle regioni meridionali. Io dico che se la Puglia è ricca è perché ci sono uomini come lui, ma oggi posso affermare con cognizione di causa che se nascono uomini come lui è perché il Salento e le terre circostanti sono paesi belli e polverosi, fatti di tufo che si sgretola; paesi dove la gente è abituata a combattere per vincere la fame e le malattie, un paese così ti tempra e Spongano era un uomo temprato, così come, ad esempio, Sansone. Sono due giganti, e non da meno sono i loro allievi Tateo, Leone de Castris, Marti, Valli e Rizzo. Quando vengo giù da voi mi si allarga il petto a pensare a ciò che quel mondo esotico ha offerto ai suoi figli e soffro del fatto che nel nord nessuno, o pochissimi, conoscono la vera autentica mentalità meridionale, che offre valori e tradizioni nobili e antiche, di cui si sono nutriti gli uomini che ho citato.
Io amo molto il Salento, amo il mare il pesce andare in barca, sono innamorato di Otranto e Castro e Porto Badisco, Leuca e Gallipoli, tutti luoghi pieni di odori, di sentimento, di sensualità. Pur essendo settentrionale, non amo la freddezza del nord, la vita glaciale che ti riporta al clima svizzero.
E continua l’allievo bolognese, Emilio Pasquini, nei games dispari, tra gli hu hu delle tortore tugliesi, le bevute d’acqua minerale, gli asciugamani intrisi di sudore, la lunga sviolinata del suo maestro, il rigorosissimo e severissimo professore salentino-tedesco Raffaele Rosario Spongano, la cui grandezza umana, l’integrità morale, etica e professionale, è praticamente sconosciuta alla maggior parte dei suoi conterranei, così come il valore filologico e letterario, dai “Ricordi” di Guicciardini alle indagini critiche sulla poesia del Parini, dallo studio di un capitolo di storia della nostra prosa d’arte, alle prime interpretazioni dei Promessi Sposi (1947), dalla prosa di Galileo alle “Nozioni ed esempi di metrica italiana”.
(2014)