Che cosa bisogna finanziare

Non abbiamo grandi impatti su bosoni e buchi neri, e questi oggetti non hanno impatto diretto su di noi. Intendiamoci, non voglio fare la Greta di turno e dire: ma siete matti? Fate sforzi sovrumani per rispondere a certe domande e non vi curate con la stessa solerzia di domande che ci riguardano da vicino? Come mai ci sono agenzie internazionali e nazionali per coordinare le ricerche su cosmo e particelle, e non ci sono agenzie simili per biodiversità e ecosistemi? Non sto dicendo che i fondi dedicati a particelle e galassie debbano essere dirottati su biodiversità ed ecosistemi, dico che cifre paragonabili dovrebbero essere investite per conoscere altrettanto bene, e in modo strategico, il sistema ambientale che stiamo rapidamente deteriorando, minando le nostre possibilità di sopravvivenza. Forse, ripeto forse, se si dovessero stabilire priorità sarebbe più logico pensare a problemi impellenti e di diretto impatto sul nostro benessere, e non ci sono dubbi che, per noi, i copepodi, i loriciferi e gli gnatostomulidi sono più importanti dei buchi neri (ma chi sa cosa siano?). Il motivo di questo strabismo nello stabilire come e dove investire per aumentare le nostre conoscenze non trova ragioni. Sono affascinanti, i bosoni e i buchi neri, non ci sono dubbi. Ma anche esplorare la varietà delle forme viventi è affascinante. L’esplorazione del mare profondo ci fa scoprire esseri che neppure i più arditi inventori di mostri spaziali riescono a sognare (come i loriciferi). E capire come funziona il pianeta vivente (il nostro) è una sfida ciclopica. La “gente” si sorprende a sapere che abbiamo dato il nome a due milioni di specie e che si stima che il pianeta ne ospiti almeno otto milioni! Si pensa che non ci siano specie sconosciute, oramai. E invece sono milioni. E probabilmente giocano ruoli essenziali nel funzionamento dei sistemi ecologici, proprio come fanno i copepodi (e forse anche i loriciferi). 

La sfida più ardua per chi studia queste cose è di farne comprendere l’importanza. A noi pare talmente ovvia che non ci sforziamo neppure di spiegarla. E qualche buontempone arriva a dire che se distruggeremo questo pianeta potremo sempre trasferirci su qualche altro. E se gli spieghi che non ce ne sono altri ti dice: per ora, ma se cerchiamo vedrai che li troviamo. E il bello è che riesce a convincere chi decide quali ricerche finanziare che vale la pena di cercarli, invece di salvare questo, contro ogni logica. 

  [“Secolo XIX” di domenica 14 aprile 2019]

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