Salento infinito: sette personaggi per sette quadri

di Augusto Benemeglio

Se vieni nel Salento, – scriveva Cesare Brandi – finisci per farne una corsa di nostalgia; nostalgia del Sud spinto, e quasi sentore della costa africana, nostalgia del mare, delle trattorie sul mare, e di quel vino rosè autentico e generoso, non falsificato. E la mia corsa è durata trent’anni. Oggi ne sono separato, ma solo fisicamente, spesso la mia mente si muove “sul silenzio come / nel fiume un insetto dalle lunghe zampe”. E ripercorro il gioco antico della sabbia, il teatro, la danza e la creta, vado a caccia di quella esigua pattuglia di uomini che credono ancora nell’immaginazione come estremo tentativo di penetrare e disvelare il fascino misterioso e segreto che hanno le piccole cose della vita, dall’osso di seppia alla conchiglia, dall’ago e il filo, dai soldatini di piombo a Topolino, al gesso e alla lavagna, insomma di chi crede che si possa ricuperare l’antico culto della civiltà delle memorie. E ci torno spesso a Gallipoli e nel Salento, con la mente e il cuore, con lo stesso stupore vivo di quell’anno Domini 1977, mese di febbraio, quando il libeccio sanguinario ci strapazzava la divisa, faceva volare i nostri berretti, devastava le tamerici e apriva crepe nella muraglia della “città bella”, ed Erik il Rosso, implacabile Comandante in seconda, ci faceva alzare alle quattro di mattino per un’esercitazione di soccorso a mare.

Come in tutte le cose, non conta l’inizio. Ma quello che diventi all’arrivo. E’ lì che hai chiaro quello che sei, quello che vuoi. Quando il passato è solo inutile rimpianto, ci saranno sempre cento metri che ti separeranno dal traguardo, e possono essere uno sprint silenzioso, una messa religiosa, come quelli dell’atletica, in cui occorre un esplosione atomica di muscoli che entrano nel tunnel della corsia, nel flash irrelato di uno sparo, o pieni di frastuono, di rumori, di urla, di strepiti, come quelli del nuoto, con l’acqua che si strappa, con l’ultima onda che taglia come il vetro, le braccia grosse, e le mani, che si allungano e si fanno rami, gli spasmi che si dilatano e diventano urla che risuonano nella piscina.

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