Le sirene più fascinose e più insidiose del nostro tempo, si aggirano nell’universo virtuale; a volte restano nascoste nel suo intrico; a volte dall’intrico escono e si mostrano, maliarde.
Dallo sconfinato, fittissimo, intricatissimo, opaco e rilucente universo virtuale, promettono la stessa cosa delle Sirene di Omero: assicurano una conoscenza facile, rapida, senza fatica. Richiamano, seducono, affatturano con questa promessa proposta con un rutilare di immagini, con confusione di sensi: non c’è nulla che non si possa conoscere in poco tempo.
Fra le Sirene di Omero e quelle dell’universo virtuale non c’è differenza: hanno la stessa malia nella voce, la stessa abilità d’incantare, la stessa capacità di illudere, di frastornare, di ottenebrare.
Elaborano forme e figure e significati che riescono a trasformare la realtà in finzione e la finzione in realtà, che fanno avvertire prossima, aderente, la lontananza e lontana, irraggiungibile, la prossimità, che riducono l’essenziale in effimero e poi l’esatto contrario. Si offrono con immagini che abbagliano, suoni che intontiscono, voci che circuiscono. Per loro tutto è possibile, istantaneo, immediato, rapido, simultaneo, accessibile. Nel loro universo virtuale, al contrario di quello reale, non esiste mistero. Così noi siamo attratti dall’assenza di mistero, dalla presuntuosa convinzione di averlo definitivamente rivelato. Probabilmente è questa la potenza assoluta che hanno le sirene del nostro tempo: dicono che non esiste più mistero di niente, che tutto può essere decifrato o decifrabile, rivelato o rivelabile, tutto compreso o comprensibile, che è sufficiente servirsi di uno strumento compatibile, di una macchina adeguata.
Puoi conoscere tutto in poco tempo, dicono le sirene che si nascondono o si esibiscono nell’universo virtuale. Puoi comprendere quello che altri prima di te non sono riusciti a comprendere. Non hai bisogno di rispettare le sequenze dei tempi: appare tutto su uno schermo, piccolo o grande, simultaneamente. Non hai più limiti, dicono.
Con il loro suono di miele, come quelle di Omero, promettono conoscenza di tutte le cose che stanno sulla terra e nel cielo. Non è la ricerca, l’impegno, l’analisi, a consentire la scoperta. E’ la tecnologia di cui è dotata una macchina.
Le sirene di questo tempo cantano al comando di un clic, e molto spesso, quasi sempre, almeno una delle loro innumerevoli voci canta quello che tu vuoi sentire cantare, racconta quello che vuoi sentirti raccontare, nel modo che più ti piace. Sanno impaurire e rasserenare, disperare e consolare. Sanno assecondare i tuoi bisogni, i tuoi desideri. Assecondare, non soddisfare. Sanno perfettamente che se dessero soddisfazione, appagamento, non le cercheresti più, non avvertiresti più la seduzione del loro canto.
Ogni loro canto rinvia ad uno precedente o ad uno successivo, ad una memoria a te sconosciuta che ti è vietato indagare, ad una rivelazione ulteriore che devi aspettare. Non di rado smentiscono se stesse, confutano quello che hanno affermato poco prima, per poi riprenderlo, ribadirlo, per poi smentirlo ancora, a dimostrazione che la verità è sempre fluttuante, transeunte, sempre instabile, incerta, provvisoria.
Ma si è sempre saputo; quella dell’incertezza della verità è un’antica storia. Le sirene dell’universo virtuale, attribuiscono a quella storia una trasversalità che coinvolge ogni campo.
Di conseguenza, ora, per noi, non c’è affermazione che valga di più o valga di meno in relazione all’attendibilità della fonte o all’attendibilità dell’autore. Le conoscenze che ci vengono donate dalle sirene dell’universo virtuale, hanno lo stesso valore. Anzi, quanto più le loro voci si contrastano e si contraddicono, quanto più risulta incontrollabile la loro confusione, tanto più la loro attrazione diventa prepotente.
Ma non vogliamo che qualcuno ci tappi gli orecchi con la cera, come fa Odisseo nei confronti dei compagni di viaggio. Sulla nave della nostra civiltà, noi abbiamo il diritto e il dovere sociale e culturale di ascoltare anche il canto delle sirene che ci giunge dall’universo virtuale.
Quello che possiamo e probabilmente dobbiamo fare, consiste nell’imparare a distinguere le voci autentiche da quelle false, non potendo escludere che esistano voci di sirene che cantano possibili verità.
Dobbiamo imparare a difenderci dall’inganno dell’apparenza, dal trucco dell’immagine alterata, dall’artificio, dall’esaltazione esasperata della forma vuota. Dobbiamo imparare a cercare la sostanza e a pesarla esclusivamente sulla stadera della nostra sensibilità e della nostra intelligenza.
Perché le Sirene di Omero e quelle che si celano o si mostrano nell’universo virtuale hanno paura della sensibilità e dell’intelligenza. Forse di nient’altro che di questo hanno paura.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, Domenica 31 marzo 2019]