Cara Adele, caro Sigismondo. Carteggio d’amore del “bianco duca” di Cavallino

di Antonio Lucio Giannone

Cara Adele, caro Sigismondo. Millerose fu cominciamento di un sogno…Carteggio Savio-Castromediano (1859-1905), a cura di Alessandra Marcellan (Galatina, Congedo, 2018), è l’ultimo, per ora, di una serie di volumi riguardanti la figura e l’opera di Sigismondo Castromediano che il Centro Studi “Sigismondo Castromediano e Gino Rizzo” di Cavallino ha pubblicato in questi ultimi anni al fine di approfondire tanti aspetti, ancora poco conosciuti, della sua vita e della sua attività. Tutto ha avuto inizio con il Convegno nazionale di studi “Sigismondo Castromediano: il patriota, lo scrittore, il promotore di cultura”, svoltosi dal  30 novembre al 1 dicembre 2012, fortemente voluto dall’on. Gaetano Gorgoni, che ha rappresentato una vera e propria svolta negli studi su Castromediano. Nel 2014, sempre con Congedo di Galatina, uscirono gli Atti del Convegno, curati da Fabio D’Astore e dallo scrivente, che sono stati molto apprezzati dagli specialisti e hanno suscitato grande interesse in Italia e fuori d’Italia, rimettendo in circolazione il nome di questo insigne personaggio. A questo volume infatti sono state dedicate ampie e accurate recensioni su riviste prestigiose, non solo italiane ma anche francesi e americane. Agli Atti sono seguiti altri volumi nelle collane del Centro riguardanti sempre Castromediano e in preparazione è attualmente un libro che raccoglierà le conferenze tenute negli anni scorsi a Cavallino da diversi studiosi, nonché altri contributi di qualificati storici e critici letterari, italiani e stranieri, sulla figura del “Bianco Duca” e, in particolare sulla sua opera principale, le Memorie.

Per venire al libro in questione, aperto da una Introduzione della curatrice, esso comprende 507 lettere in tutto, conservate in massima parte nella Biblioteca del Museo Nazionale del Risorgimento italiano di Torino ma anche presso l’Archivio privato Castromediano-Gorgoni e altre istituzioni culturali. I principali corrispondenti ovviamente sono il duca di Cavallino, con 261 lettere, e Adele Savio, con 92, ma anche Olimpia Savio, madre di Adele, che ha svolto una funzione determinante in tutta questa storia, è presente con 69 missive. Poi ci sono anche altri componenti della famiglia Savio, come il fratello di Adele, Federico, l’unico sopravvissuto dopo la morte in battaglia degli altri due, e alcuni parenti di Castromediano. Le  lettere sono corredate da ben 2263 note a piè di pagina di tipo prevalentemente informativo, che offrono indicazioni su fatti, vicende di cui si parla e sui numerosissimi personaggi citati, più o meno noti e più o meno importanti, appartenenti alla politica, alla cultura, alla società del tempo.

Questo imponente carteggio presenta numerosi spunti di riflessione ai quali in questa sede posso solo sinteticamente accennare. Innanzitutto c’è un interesse biografico, perché viene illuminata ulteriormente una parte della vita del duca, oltre che di Adele, una parte consistente, durata ben 36 anni, dal 1859 al 1895. Quindi, dalla liberazione di Castromediano e dei suoi compagni di prigionia (e la prima lettera indirizzata al sacerdote di Cavallino, Pasquale de Matteis, descrive proprio  l’accoglienza da parte degli irlandesi ai patrioti italiani appena sbarcati a Cork) alla prima permanenza torinese, dove egli entra in contatto con la famiglia Savio, dalla elezione al primo Parlamento italiano al ritorno nel suo paese, dagli impegni di carattere politico, in ambito provinciale, e di carattere culturale, fino appunto alla pubblicazione del primo tomo delle Memorie che coincide con l’anno della morte.

Ma attraverso la corrispondenza tra i due protagonisti balza in primo piano soprattutto una lunga, complessa, travagliata, quasi leggendaria storia d’amore, l’amore della vita per entrambi. Una storia d’amore che si snoda per tre decenni e mezzo e che in certi momenti pare che stia per giungere a uno sbocco naturale, quello del matrimonio, e poi invece per motivi che restano ancora piuttosto oscuri procede sui binari consueti, come una sorta di amor de lonh, per usare l’espressione dei poeti provenzali, un amore da lontano, di tipo puramente spirituale, platonico, continuando, il duca, a vivere nella sua Cavallino e, Adele, nella lontana Torino. E questa vicenda accresce ancora di più la caratteristica di personaggio che “sembra uscito direttamente dalle pagine di uno dei tanti romanzi storici del periodo”, come è stato definito Castromediano da uno studioso americano, Charles Klopp, come se non fosse bastata la lunga esperienza carceraria. Anche questa storia d’amore sembra scritta infatti da un romanziere, ma lo stesso carteggio tra i due in fondo si potrebbe leggere come un “romanzo epistolare”, un genere letterario ben preciso che ha dei modelli illustri, com’è noto (basti pensare, solo per fare due esempi, a I dolori del giovane Werther di Goethe e alle Ultime lettere di Jacopo Ortis del Foscolo). Già questo quindi basterebbe ad attribuire ad esso un assoluto rilievo.

Ma si diceva prima di alcuni momenti oscuri, misteriosi, enigmatici che costellano questa storia. Il primo, quello forse decisivo, avviene nemmeno un anno dopo la conoscenza tra i due, allorché la famiglia Savio aveva dato l’autorizzazione al matrimonio tra Adele e Sigismondo che aveva chiesto la sua mano. Ebbene, all’improvviso i Savio, ma soprattutto la madre, si tirano indietro, lasciando il duca in grave prostrazione, come si legge nelle lettere.

Qual è il motivo allora di questo improvviso e inaspettato rifiuto? Allo stato attuale delle nostre conoscenze si possono formulare solo delle ipotesi. Una di queste possono essere i motivi economici.  In una lettera del duca al fratello di Adele, Emilio, del 27 marzo 1860, si accenna a difficoltà nel “trattare gli interessi”, che “ha turbato questo mio contento e lo ha turbato  di maniera che ho passato più giorni nella più triste ansietà, temendo che la felicità mia sarebbe stata rotta per sempre” (p. 58). Un’altra, la differenza d’età tra Sigismondo e Adele, più giovane di quasi trent’anni. Un’altra ancora, i motivi politici. In una lettera di Olimpia, di qualche anno dopo, ed esattamente dell’8 novembre 1864, si allude alla volontà manifestata a lei da Carlo Poerio di non distrarre Sigismondo, col matrimonio, dai suoi imminenti, e già auspicati e programmati, impegni politici.

Ma, secondo Giuseppe Giacovazzo, che in Adele (Bari, Palomar, 2007) ha fatto una ricostruzione romanzata di questa storia, esistono motivi ancora più misteriosi e “inconfessabili” da parte proprio di Olimpia, che forse era interessata direttamente al duca e quindi nutriva un sentimento di gelosia nei confronti della figlia. D’altra parte, la madrina di Adele, Adelaide di Bernstiel, in una lettera, sempre del marzo 1860, indirizzata proprio a Olimpia, scrive senza mezzi termini: “il motivo che avanzi  per rifiuto… di destino è ridicolo, perché è la tua volontà (e non quella di Adele, poiché tu mi hai scritto che lei gli è molto affezionata), dalla quale viene dunque questo funesto rifiuto che, ti assicuro, l’ha portato alla disperazione; finisco il resto a voce…” (p. 59), facendo capire che c’era ancora qualcos’altro che non si poteva scrivere ma si poteva dire solo direttamente a quattr’occhi.

E ancora, a proposito della prima visita a Cavallino, compiuta da Adele con la madre tra maggio e giugno del 1881, vorrei citare un brano molto eloquente tratto stavolta dal diario di viaggio di Olimpia, che conferma la parte determinante da lei svolta: “Adele grazie all’influenza mia rinunzia una seconda volta la corona ducale che le fu nuovamente offerta. Il buon Duca è troppo vecchio per lei, e per quanto essa possa essere portata per entusiasmo di servizio a far volenterosa la suora di Carità, io non devo secondarla, e son felice di riportarmela via”, dove la donna mette da parte anche quel bon ton che caratterizza invece tutte le sue missive.

Ma se questo è l’argomento principale del carteggio, ci sono altri aspetti che meritano di essere rapidamente indicati. Sempre per restare alla sfera biografica, scorrendo queste lettere, si incontrano riferimenti anche a tanti personaggi che hanno fatto parte della vita del duca, come i suoi compagni di prigionia, da Carlo Poerio a Nicola Nisco, da Nicola Palermo, sul quale viene confermato il giudizio negativo espresso nelle Memorie a proposito dei suoi articoli apparsi sulla “Nazione” di Firenze, a Cesare Braico, l’indomito patriota brindisino che dopo la liberazione partecipò anche alla spedizione dei Mille e alla III guerra d’indipendenza. Ma ci sono anche accenni a personaggi storici, da Giuseppe Garibaldi, verso il quale Castromediano continua a nutrire una certa diffidenza, a Vittorio Emanuele II e a Umberto I, ai quali invece resta fedele fino alla fine, da Cavour fino agli altri presidenti del Consiglio. Cioè viene chiarita ulteriormente la posizione politica e ideologica di Castromediano, anche se non si registrano variazioni di rilievo rispetto a quello che già si conosceva.

Come pure ci sono frequenti accenni alla religiosità del duca, nonché ai suoi gusti letterari, In una lettera del 6 febbraio 1892, ad esempio, egli esprime dei puntuali giudizi (“appunti e noterelle” li chiama, quasi delle brevissime recensioni) su alcuni libri (di Cesare Cantù, Giulio Cesare Abba, Renato Fucini e altri) inviatigli da Adele, dai quali emerge la sua avversione per il “verismo” che considera una “decadenza del bello e dell’arte” (p. 404).

Inoltre ci sono numerosi ragguagli sulla stesura delle Memorie, il ‘libro d’una vita’ di Castromediano. Ed è interessante il fatto che Adele, a cui esse saranno dedicate, percependone l’importanza (e anche questo è un segno della sua non comune sensibilità) incita il suo ”buon duca” (perché è così che quasi sempre lo chiama, mai “Caro Sigismondo”), a terminarle e una volta terminate si dà da fare per trovare un editore, facendo dei tentativi a Torino con Loescher e Casanova.

Ancora, per restare alla sfera privata, ci sono riferimenti agli interessi del duca, alle sue occupazioni, alle sue passioni: l’archeologia, i canti popolari (ad esempio, il 29 gennaio 1866 egli invia ad Adele un ‘rispetto’ in dialetto salentino reso famoso poi, con alcune varianti, da Tito Schipa, cioè “Quandu te llai la faccia la matina”, p. 218), e poi l’istituzione del Museo e della Biblioteca provinciale, dei quali va giustamente orgoglioso.

Ma non è solo quello biografico, come s’è detto, l’unico motivo di interesse di questo sterminato carteggio. C’è anche un interesse di tipo storico perché sullo sfondo della vicenda d’amore, dal 1859 al 1895, si succedono eventi fondamentali per la storia della nazione, tutti puntualmente registrati nelle lettere; dalla spedizione dei Mille all’Unità, dal primo Parlamento italiano (di cui faceva parte Castromediano) alla repressione del cosiddetto “brigantaggio” meridionale, agli svolgimenti politici successivi. E attraverso la corrispondenza è come ripercorrere in una rapida carrellata questo periodo decisivo per le sorti d’Italia.

Poi c’è un interesse, per così dire, antropologico. Nelle missive sono descritte sagre popolari, feste (cito per tutte la festa della Madonna del Monte di Cavallino a cui il duca era particolarmente legato, che ricorre più volte, ma anche la festa di Sant’Oronzo, anzi “Sant’Oronzio”, a Lecce). E ancora ricevimenti, rappresentazioni  di spettacoli teatrali e musicali (sono citate opere liriche, come Norma, Traviata, Walkiria, ecc.). Ma l’interesse antropologico è anche relativo ai codici comportamentali che emergono dalle lettere, ai rapporti uomo-donna nell’Ottocento, ai rigidi rituali, alle convenzioni sociali che regolavano questi rapporti.

Ancora altri spunti, particolarmente stimolanti, sono quelli di carattere letterario e linguistico. Perché queste lettere, come dicevo prima, compongono una sorta di romanzo epistolare che come tale si potrebbe analizzare. D’altra parte, a volte, sembra che esse siano state scritte quasi per essere pubblicate. E, a questo proposito, indicativo è il fatto che Olimpia e Adele Savio conservino accuratamente quelle del duca e poi cerchino di riunirle con le loro in una sede sicura, come poi in effetti è avvenuto. Anche per uno studioso del linguaggio ottocentesco, infine, il Carteggio costituisce una miniera di termini, espressioni, neologismi, forestierismi, come pure di figure retoriche, da esaminare attentamente.

Insomma, per concludere, alla curatrice del volume bisogna dare atto di avere svolto un lavoro utilissimo trascrivendo diligentemente tutte le lettere che ha rintracciato e mettendo così a disposizione degli studiosi un materiale di estremo interesse che sicuramente costituirà la base per ulteriori e necessari approfondimenti in vari ambiti disciplinari.

[“Presenza taurisanese” anno XXXVII n. 3 – marzo 2019, p. 6]

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