di Antonio Lucio Giannone
Donato Valli (Tricase, Lecce, 24 febbraio 1931- ivi, 18 ottobre 2017) conseguì il diploma di maturità classica presso il Liceo-Ginnasio “G. Palmieri” di Lecce. Da giovane frequentò l’ambiente di alta e raffinata cultura letteraria che ruotava intorno all’Accademia salentina e alla rivista «L’Albero», fondate a Lucugnano, frazione di Tricase, rispettivamente nel 1948 e nel 1949 dal poeta Girolamo Comi, il suo primo maestro. Qui conobbe numerosi letterati, tra i quali quelli che considerava gli altri suoi maestri, accanto all’autore di Spirito d’armonia: Oreste Macrì e Mario Marti. Nel 1961 si laureò in Lettere classiche presso l’Università di Bari con una tesi sulla Mandragola di Niccolò Machiavelli della quale era relatore Mario Sansone e, dopo un’esperienza come ordinatore presso la Biblioteca provinciale di Lecce “N. Bernardini”, divenne prima assistente incaricato presso la cattedra di Filologia romanza e poi, nel 1970, assistente ordinario di Letteratura italiana presso l’Università di Lecce sotto la guida di Marti. Quello stesso anno Valli, insieme a Macrì, riprese le pubblicazioni dell’«Albero» che continuò ad uscire a loro cura fino al 1985, allorché egli venne eletto rettore dell’Università di Lecce. Nell’anno accademico 1968-‘69, sempre presso l’Ateneo salentino, venne incaricato di Biblioteconomia e bibliografia e nel 1971-‘72 di Storia della Letteratura italiana moderna e contemporanea, disciplina della quale nel 1971 diventò Libero docente. Nel 1976, dopo aver vinto il concorso, diventò straordinario e dal 1979 ordinario della stessa materia. È stato Direttore del Dipartimento di Filologia, Linguistica e Letteratura e Preside della Facoltà di Lettere e filosofia dell’Università di Lecce. Ha fatto parte dal 1984 sino al 2017 del Comitato direttivo-scientifico di “Critica letteraria”.
In questa sede è impossibile, ovviamente, dar conto di tutte le pubblicazioni di Valli che figurano nella sua amplissima bibliografia alla quale si rimanda per un panorama completo1. Ci limiteremo perciò a indicare le principali linee di ricerca, facendo riferimento soprattutto ai volumi nei quali ha raccolto i suoi studi.
Uno degli ambiti privilegiati delle ricerche di Donato Valli, in tutto l’arco della sua attività di studioso, è stata senza dubbio la poesia italiana del Novecento. Proprio ad essa, anzi, era dedicato il suo primo volume, Saggi sul Novecento poetico italiano2, che comprende sette studi su alcuni dei maggiori poeti contemporanei: Girolamo Comi, Luigi Fallacara, Clemente Rebora, Umberto Saba, Eugenio Montale, Giuseppe Ungaretti e Piero Bigongiari. E qui già si rivelano alcune preferenze dell’autore che sono confermate nel successivo Anarchia e misticismo nella poesia italiana del primo Novecento3, dove, accanto agli amati Rebora e Comi, ci sono saggi dedicati ad altri importanti letterati dei primi decenni del secolo ventesimo: Gian Pietro Lucini, Arturo Onofri, Giovanni Boine, Guido Pereyra. A Clemente Rebora, uno dei poeti italiani più tormentati e profondi del Novecento, da cui era attirato per l’ansiosa ricerca spirituale e la forte tensione morale, Valli dedicò anche il volume Cinque studi per Clemente Rebora (1997) nel quale raccolse i suoi lavori pubblicati nel corso degli anni. È, insomma, la linea più ardua e impegnativa della lirica novecentesca e primonovecentesca che predilige il critico salentino il quale trova in essa non solo occasioni di raffinate analisi letterarie, ma anche possibilità di scavo nella complessa interiorità degli autori e nelle problematiche di tipo prevalentemente esistenziale e religioso da essi affrontate. D’altra parte, una delle sue doti migliori è stata quella di “saper leggere” le opere con una capacità di penetrazione davvero rara, che gli permetteva di scendere in profondità nei significati più reconditi dei testi fino a entrare in sintonia con l’autore affrontato, con una intensa partecipazione che riusciva a trasmettere anche a chi lo ascoltava. E bisogna aggiungere che quanto più questi testi erano difficili e oscuri, tanto più egli si trovava a suo agio. A questa qualità si aggiunsero col tempo una solida metodologia di tipo storico-filologica derivatagli da Marti e l’apertura comparatistica trasmessagli da Macrì.
In ambito novecentesco, un altro argomento delle sue ricerche è stato costituito dall’ermetismo italiano al quale si è sentito idealmente legato per la sua formazione e anche per la vicinanza personale ad alcuni dei suoi maggiori esponenti, come, oltre ai critici Macrì e Carlo Bo, ai poeti Mario Luzi, Piero Bigongiari, Alessandro Parronchi. Nella Storia degli ermetici4, Valli riesaminava questa corrente poetica e critica degli anni Trenta senza i pregiudizi ideologici ed estetici che ne hanno caratterizzato spesso l’approccio, sulla base soprattutto di un’accurata analisi delle testimonianze di quel travagliato periodo della nostra storia e dei principali testi teorici dei protagonisti. Erano così passate in rassegna anche le accuse più ricorrenti che da molte parti, soprattutto nel secondo dopoguerra, furono rivolte agli ermetici, quali l’intellettualismo, l’oscurità, il disimpegno, provocando accese polemiche sulle pagine dei giornali e delle riviste letterarie. Il “bilancio” che Valli traeva alla fine era nettamente a favore dell’ermetismo, del quale, anche se non erano nascosti certi limiti, venivano riconosciuti l’importanza culturale, in rapporto al particolare momento storico in cui nacque e si sviluppò, il significato di alta testimonianza morale offerto alle generazioni più giovani e l’altezza dei risultati raggiunti sia in sede di poesia che di critica.
In quest’ambito si collocano anche altri lavori sui poeti della cosiddetta “terza generazione” del Novecento, apparsi in storie collettanee della letteratura italiana, come Contributo di una generazione5, o panorami più ampi come Ermetismo e dintorni: la poesia dal 1920 al 1940 6.
Ma uno dei contributi più originali e significativi che ha offerto Valli nello studio della letteratura italiana del Novecento è stato senza dubbio l’esame di un genere letterario che si afferma nei primi decenni del secolo, il “frammento”, che si colloca a metà strada tra la prosa e la poesia e si oppone al romanzo come genere tradizionale. Un’attenta ed esaustiva esplorazione di questa particolare produzione letteraria, fino ad allora un po’ trascurata, venne da lui compiuta nel volume Vita e morte del frammento in Italia7, in cui analizzava le opere di alcuni scrittori legati con modalità diverse all’area culturale sviluppata dalla rivista fiorentina «La Voce». La ricerca partiva da uno scritto teorico di Arturo Onofri, Tendenze, nel quale erano delineate le caratteristiche della nuova poetica, quella dello “scontenuto”, di chiara derivazione simbolista. Successivamente egli passava in rassegna i “frammenti” di Ardengo Soffici, Giovanni Boine, Camillo Sbarbaro, Giovanni Papini, Carlo Linati, Federigo Tozzi e Vincenzo Cardarelli che sottoponeva anche ad accurate analisi di tipo tecnico-formale.
In un altro volume, diviso in due parti, Dal frammento alla prosa d’arte8, egli proseguiva l’indagine affrontando gli sviluppi del genere “frammento” (prosa d’arte, elzeviro, capitolo) fino alle soglie della seconda guerra mondiale. Nella prima parte, dopo aver esaminato i preliminari storico-culturali, collocava la prosa d’arte tra frammento e romanzo e ne individuava i modelli, gli autori e le opere principali per giungere agli anni in cui questo genere entrava definitivamente in crisi con l’arrivo della generazione dei “nuovi narratori” che portavano istanze nuove anche di tipo etico e sociale, oltre che letterario, attraverso la ripresa del romanzo. Nella seconda parte esaminava concretamente alcune opere rappresentative della prosa d’arte di autori come Rebora, Fallacara, Betocchi, Bigongiari e Caproni.
Un’attenzione particolare Valli ha rivolto anche ad alcuni importanti poeti lucani, che sentiva intimamente “dialoganti” con quelli pugliesi, in quanto legati tra loro da una comune matrice di tipo antropologico che si rivela nella presenza di alcuni motivi caratteristici, se non costitutivi, della civiltà e della cultura meridionale. Nel volume Dialoghetti appulo-lucani9 sono raccolti studi su Leonardo Sinisgalli, Rocco Scotellaro e Albino Pierro, accanto ad altri dedicati ad autori pugliesi come Michele Pierri, Pietro Gatti, Nicola G. De Donno. In un volume del ‘90, Assaggi di poetica contemporanea10, figurano ancora studi sui Caratteri della letteratura lucana moderna e su Il “caso” Scotellaro.
Accanto al Novecento, un altro periodo studiato da Valli è stato quello che va dalla fine del Settecento ai primi decenni dell’Ottocento. In esso si colloca la problematica affrontata nella robusta monografia, Romagnosi e Manzoni tra realtà e storia11, nel quale erano messe a confronto le teorie dei due letterati, tra Illuminismo e primo Romanticismo. In quest’ambito cronologico rientrano anche alcuni studi dedicati a uno dei maggiori protagonisti di quel preciso momento storico-culturale, Pietro Giordani12.
Un altro filone che ha caratterizzato la sua ricerca è quello relativo alla cultura letteraria che si è sviluppata nel Salento nell’Otto-Novecento. A questo proposito, anzi, si può dire che senza lo scavo appassionato condotto da Valli per tutta la sua vita non si sarebbe conosciuta la ricchezza culturale di una regione ingiustamente trascurata dai manuali e dalle antologie letterarie. Il frutto delle sue prime ricerche fu rappresentato da un volumetto, La cultura letteraria nel Salento (1860-1950)13, che costituì anche l’argomento del suo primo corso monografico. Qui egli tracciava per la prima volta un panorama della cultura letteraria nel Salento attraverso le principali riviste, da quella del secondo Ottocento, come il «Gazzettino letterario» di Lecce e lo «Studente magliese», fino a quelle novecentesche, «Vecchio e nuovo», «Vedetta mediterranea», «Libera voce». Dalla sua indagine emergeva chiaramente la vivacità di questa regione in campo culturale, nonostante la sua marginalità geografica, che la distingueva rispetto a tutto il Meridione.
Fu un gesto coraggioso e innovativo da parte di Valli, nella tradizione accademica italiana, a dire il vero piuttosto conservatrice e conformista, quello di occuparsi della letteratura di una regione periferica e di nomi allora ancora poco noti in campo nazionale. Ovviamente egli non affrontava questa materia con spirito localistico, provincialistico, ma con grande rigore metodologico, mettendo sempre in rapporto la cultura regionale con la letteratura italiana, secondo la lezione appresa alla scuola di Marti, e le indicazioni teoriche, allora di grande attualità, emerse dal Convegno di studi organizzato dall’AISLLI (Associazione internazionale per gli studi di lingua e letteratura italiana), che si svolse a Bari, Lecce e Foggia tra marzo e aprile del 1970, dedicato proprio al tema “Culture regionali e letteratura nazionale”.
Nel 1985 ripubblicò il volumetto del ’71 col nuovo titolo Cento anni di vita letteraria nel Salento (1860-1960)14, ampliandolo ulteriormente e giungendo fino ai primi anni Sessanta con le riviste «L’esperienza poetica» di Vittorio Bodini e «Il Critone», una rivista giuridica della quale Vittorio Pagano curava le pagine letterarie, anche queste dimenticate nelle storie letterarie ma che meritano di entrare a pieno titolo nel panorama nazionale. Qui egli approfondiva anche l’indagine sul secondo Ottocento e sui principali esponenti della cultura letteraria (e non solo) della regione di quel periodo, utilizzando le ricerche da lui compiute nei due volumi della “Biblioteca salentina di cultura” diretta da Marti, dedicati ai Poeti e prosatori salentini fra Otto e Novecento. Nel primo volume15, in due tomi, erano compresi infatti testi di Aleardo Trifone Nutricati Briganti, Vincenzo Ampolo e Francesco Rubichi, preceduti da un’ampia Introduzione. Il secondo16 comprendeva opere di Giuseppe Gigli e documenti vari di cultura.
A dire il vero, Valli non ha mai finito di scavare nella cultura letteraria della sua regione. Questo lavoro anzi, allo stesso modo dell’attività svolta come rettore dell’Università di Lecce dal 1983 al 1992, lo ha considerato una sorta di dovere civile e di missione di tipo etico a favore della comunità e del territorio salentino. Diversi infatti sono i volumi che ha continuato a pubblicare su questo argomento, tra i quali spiccano le tre serie di Aria di casa (1994, 1999, 2005)17, raccolte degli innumerevoli articoli che andava via via pubblicando su giornali e riviste, dedicati non solo alla letteratura, ma anche alla storia, all’arte, alla religiosità, alle tradizioni salentine, nonché a tanti scrittori e artisti locali che esaminava sempre con grande generosità.
In questa direzione si collocano anche alcuni degli ultimi libri da lui pubblicati: L’onore del Salento18 e Escursioni novecentesche nel Salento e oltre19, sempre ricchi di indicazioni critiche ed esegetiche, nonostante la genesi spesso occasionale degli scritti. A questo proposito, nella paginetta introduttiva di quest’ultimo, così scriveva:
Ma nella varietà degli interventi, che non hanno, di conseguenza, una omogeneità di contenuti tematici e cronologici, emerge comunque un comune denominatore che tutti li accomuna e giustifica; ed è il Salento come patria dell’anima e degli affetti, oltre che come ragione della stessa esistenza. Il libro, insomma, che si aggiunge a quelli che lo hanno preceduto in identico spirito di servizio e quasi di dovere, è il modesto corrispettivo di tutto quello che ho ricevuto nell’ambito della famiglia, dell’attività didattica or ora conclusa, dell’amicizia dei maestri e degli allievi20.
Ovviamente, i poeti salentini che Valli apprezzava di più sono stati Girolamo Comi e Vittorio Bodini, due figure di assoluto rilievo nazionale e di respiro europeo, che egli ha avuto il merito di valorizzare e imporre all’attenzione generale. Per quanto riguarda Comi, si può parlare davvero, per riprendere un’espressione usata da Gianfranco Contini a proposito del suo rapporto con Eugenio Montale, di una “lunga fedeltà”, che come studioso è durata esattamente mezzo secolo. Il 19 dicembre 1958, infatti, sulla «Gazzetta del Mezzogiorno», uscì il primo articolo di Valli sul poeta salentino, dal titolo Vita del linguaggio nella poesia di Comi, mentre al 2008 risale il volumetto Chiamami maestro, Vita e scrittura con Girolamo Comi21, l’ultimo in assoluto da lui pubblicato.
Ma vorrei ricordare anche, brevemente, le tappe principali di questa ininterrotta attenzione da lui prestata all’autore di Spirito d’armonia. Nel 1972 esce Girolamo Comi22, la prima monografia in senso assoluto sul poeta, in cui sono raccolti tre studi, uno dei quali relativo alla sua “preistoria”, costituita dalla raccolta Il lampadario, pubblicata a Lugano nel 1912. Nel 1977 Valli cura l’edizione critica dell’Opera poetica di Comi23, un volume che contiene tutte le sue composizioni in versi, messe finalmente a disposizione di studiosi e lettori. Nel 2000, ancora, dà alle stampe un volumetto dal titolo Poeti salentini: Comi, Bodini, Pagano24, in cui delineava le figure di questi tre letterati sulla base del suo personale rapporto di amicizia e, nel caso di Comi, anche di collaborazione. Nel 2001 organizzò un fondamentale Convegno di studi su questo letterato, svoltosi a Lecce, Tricase e Lucugnano, i cui Atti sono apparsi nel 200225.
Oltre a questi volumi, però, esistono numerosi saggi e articoli sparsi su riviste e poi raccolti in altri libri di Valli. Mi limito a citare soltanto gli ultimi tre compresi, col titolo generale di Recuperi comiani, nel volume citato Escursioni novecentesche nel Salento e oltre. Ma anche sulla seconda serie dell’«Albero» sono stati pubblicati spesso scritti inediti di Comi curati dal critico salentino.
L’ultimo omaggio dell’allievo al suo venerato maestro è un libro diverso dagli altri, Chiamami maestro, Vita e scrittura con Girolamo Comi, che ho appena ricordato Esso infatti non è uno studio critico ma è proprio la storia di questo sodalizio, di questo profondo rapporto umano e intellettuale tra il “maestro” Comi e il “discepolo” Valli, che si snoda nell’arco di oltre un ventennio. Questa storia parte infatti dall’estate del 1947, allorché a Lucugnano avvenne il primo incontro tra il diciassettenne liceale tricasino e il già maturo barone, che da lui però ‒ come racconta Valli nel libro ‒ volle essere chiamato non col titolo nobiliare ma semplicemente “maestro”, e termina solo nel 1968, l’anno della sua morte26.
Per quanto riguarda Bodini, invece, il primo intervento risale al 1971, un anno dopo la sua morte, ed è un incisivo profilo dello scrittore leccese, che nel 1979 venne inserito nel volume IX del Novecento. I contemporanei27, notevole ancora oggi per la consueta penetrazione critica. Di Bodini, Valli ha continuato a occuparsi costantemente, affrontando altri aspetti della sua opera, come la rivista da lui fondata e diretta, «L’esperienza poetica», e le opere in prosa, fra le quali spicca il romanzo giovanile incompiuto, Il fiore dell’amicizia, rimasto inedito e da lui pubblicato nel 198328. E nel 1984, insieme a Macrì e Ennio Bonea, curò il volume che raccoglieva gli Atti dei Convegni che si tennero nell’80 a Roma, Bari e Lecce per il decimo anniversario della scomparsa dello scrittore29.
Un’attenzione particolare, nell’ambito di questo filone di ricerche, è stata rivolta da Valli alla produzione dialettale salentina dell’Ottocento e del Novecento. E in questo ambito spiccano i due volumi, divisi in due tomi ciascuno, apparsi nella “Biblioteca di scrittori salentini” diretta da Marti. Nell’Introduzione a quello dedicato a L’Ottocento30 Valli delinea la nascita della poesia dialettale salentina, collocandola nel contesto storico-culturale di Terra d’Otranto nel periodo a cavallo dell’unificazione, tra spinte centrifughe e influenza dei modelli nazionali. Poi individua i centri principali di produzione da cui provengono gli autori presenti nel libro: Lecce, Gallipoli e Ostuni. Questa storia ha inizio con Francesc’Antonio D’Amelio che con la sua raccolta Puesei a lingua leccese (1832) ha dato per primo dignità di lingua letteraria al dialetto leccese.
Nel secondo volume, Dall’Otto al Novecento31(1995), partiva invece da Giuseppe De Dominicis (Il Capitano Black), il maggiore poeta dialettale salentino fra i due secoli, per arrivare ai contemporanei, Pietro Gatti, Nicola G. De Donno e Erminio Giulio Caputo. A questi tre letterati poi, con i quali ha stabilito profondi rapporti amicali e intellettuali, Valli ha dedicato svariati saggi e presentazioni, e se essi figurano in antologie della poesia italiana del Novecento in dialetto, in buona parte questo è merito suo.
Una summa di queste ricerche è costituita dalla Storia della poesia dialettale nel Salento 32, nella quale esse venivano sistemate organicamente ampliando ancora di più l’arco cronologico dei volumi apparsi fino ad allora. Il punto di partenza infatti era costituito dal Settecento, a cui risalgono le prime opere di letteratura dialettale riflessa, per arrivare alle ultime, imprevedibili espressioni dell’uso letterario del dialetto presenti nel “poema”, ’l mal de’ fiori (2000), di Carmelo Bene.
Ma nel 2006 Donato Valli rivolse l’attenzione anche a una singolare operetta che ha studiato e pubblicato nel volume Una disputa settecentesca tra scienza gioco e dialetto33. Si trattava di un libretto di estrema rarità pubblicato a Lecce nel 1713 e ritrovato in una biblioteca privata di Manduria, che deriva probabilmente dall’assemblaggio di tre opuscoli differenti. Ebbene, la terza parte consiste in una “canzone” in dialetto leccese alternato alla lingua, in 461 settenari sdruccioli, definita “stampita” da uno dei personaggi del Dialogo, cioè componimento accompagnato dalla musica. È, questo, sicuramente uno dei primi testi dialettali finora conosciuti dell’area salentina, anzi, per meglio dire, il secondo, dopo il Viaggio de Leuche (1691-‘92) e prima de La rassa a bute (1730 circa), Nniccu Furcedda (1730 circa) e Juneide (1770-‘71), tutti studiati e definitivamente sistemati da Marti nel volume sul Settecento della Letteratura dialettale salentina, da lui curato nel 1994. Esso quindi arricchisce ulteriormente il già folto panorama di questa particolare produzione letteraria della regione. Questo volumetto venne mandato da Valli in omaggio con dedica ad personam, come forma di ringraziamento, agli amici e ai colleghi che avevano collaborato ai due tomi curati da Marinella Cantelmo e dallo scrivente, dal titolo In un concerto di voci amiche. Studi di Letteratura italiana dell’Otto e Novecento in onore di Donato Valli, che la Facoltà di Lettere e filosofia gli dedicò in occasione della sua quiescenza nel 2008. Anche questo rientrava nel suo modo di essere e di concepire la cultura e i rapporti umani.
[“Critica letteraria”, a. XLVI, fasc. IV, n. 181/2018, pp. 803-812]
Note
1 La bibliografia degli scritti di Valli figura in In un concerto di voci amiche. Studi di Letteratura italiana dell’Otto e Novecento in onore di Donato Valli, a cura di Marinella Cantelmo e Antonio Lucio Giannone, Galatina, Congedo, 2008, t. II, pp. 965-998.
2 Lecce, Milella, 1967.
3 Lecce, Milella, 1973.
4 Brescia, La Scuola, 1978. Su questo vol. cfr. Carlo Bo, Non smobilito, faccio poesia, «L’Europeo», n. 22-23, 7 giugno 1979, pp. 154-156.
5 In Letteratura Italiana contemporanea, diretta da Gaetano Mariani e Mario Petrucciani, Roma Lucarini, 1980, vol. II, pp. 258-325, 379-386, 403-418.
6 In Storia generale della letteratura italiana, diretta da Nino Borsellino e Walter Pedullà, Milano, Motta 2000, vol. XI, pp. 308-351. Nel vol. X di quest’opera, di Donato Valli, figurava anche il capitolo su La “Ronda” e i rondisti, pp. 1012-1035.
7 Lecce, Milella, 1980.
8 Lecce, Pensa Multimedia, 2001.
9 Lecce, Milella, 1986.
10 Cavallino di Lecce, Capone, 1990.
11 Lecce, Milella, 1969.
12 Cfr. Il patriarcato letterario di Pietro Giordani, in Atti del Convegno di studi nel II centenario della morte di Pietro Giordani, Piacenza, Cassa di Risparmio di Piacenza, 1974, pp. 111-156 e Giordani e Brighenti, «Giornale storico della letteratura italiana», vol. CLII, fasc. 479 (1975), pp. 400-438.
13 Lecce, Milella, 1971.
14 Lecce, Milella, 1985. Su questo vol. si veda Oreste Macrì, Il Salento letterario di Donato Valli. (Struttura e significato), in In un concerto di voci amiche. Studi di Letteratura italiana dell’Otto e Novecento in onore di Donato Valli, cit., t. I, pp.7-10.
15 Poeti e prosatori salentini fra Otto e Novecento. Ampolo Nutricati Rubichi, Lecce, Milella, 1980.
16 Poeti e prosatori salentini fra Otto e Novecento. Giuseppe Gigli e documenti vari di cultura, Lecce, Milella, 1982.
17 Aria di casa. Il Salento dal mito all’arte, Galatina, Congedo, 1994; Aria di casa: cronache di cultura militante, serie II, 2 tt. Galatina, Congedo 1999; Aria di casa. Esperienze di volontariato letterario, serie III, 2 tt., Galatina, Congedo, 2005. Sul primo vol. cfr. Mario Marti, Il Salento di Donato Valli. Una “provincia” autentica, «Voce del Sud», 2 luglio 1994.
18 Lecce, Manni, 2003.
19 Galatina, Edizioni Panico, 2007.
20 D. Valli, A mo’ d’introduzione, in Id., Escursioni novecentesche nel Salento e oltre, cit., p. 9.
21 Lecce, Manni, 2008.
22 Lecce, Milella, 1972.
23 Ravenna, Longo, 1977
24 Fasano, Schena, 2000.
25 Girolamo Comi. Atti del Convegno internazionale (Lecce-Tricase-Lucugnano, 18-20 ottobre 2001), a cura di Patrizia Guida, Lecce, Milella, 2002,
26 Per un’analisi di questo libro ci sia permesso di rinviare a A. L. Giannone, Sentieri nascosti. Studi sulla Letteratura italiana dell’Otto-Novecento, Lecce, Milella, 2016, pp. 195-200.
27 Vittorio Bodini, in Novecento. I contemporanei. Gli scrittori e la cultura letteraria nella società italiana. Ideazione e direzione di Gianni Grana, Milano, Marzorati, 1979, vol. IX, pp. 8553-8575.
28 Un romanzo inedito di Vittorio Bodini, «Rassegna trimestrale della Banca Popolare SudPuglia», n. 1, marzo 1983, pp. 59-64.
29 Cfr. Le terre di Carlo V. Studi su Vittorio Bodini, a cura di O. Macrì, E. Bonea, D. Valli, Galatina, Congedo 1984.
30 Letteratura dialettale salentina. L’Ottocento, a cura di D. Valli, Galatina, Congedo, voll. 2, 1998.
31 Letteratura dialettale salentina. Dall’Otto al Novecento, a cura di D. Valli, Galatina, Congedo, voll.2, 1995.
32 Galatina, Congedo, 2003.
33 Università degli Studi di Lecce, Coordinamento SIBA, 2006.