di Rosario Coluccia
Capita (e mi piace molto) che amici, conoscenti, a volte persone sconosciute vogliano commentare con me parole, frasi o costrutti della nostra bellissima lingua che siano (o appaiano) inconsueti o degni di nota. Nelle conversazioni ricorrono spesso le domande: si può usare? è corretto? ecc.
In questi giorni i giornali, le televisioni, le radio e la rete dedicano molto spazio al caso seguente: Matteo, un bambino di otto anni, in un esercizio ha usato l’aggettivo «petaloso» per definire un fiore che a lui piace molto (ha inventato una parola che non esiste, ha creato un neologismo); la maestra ha commentato che si tratta di un «errore bello» e ha chiesto il parere dell’Accademia della Crusca; l’Accademia ha risposto che in effetti la parola è gradevole (ma questo non vuol dire che altri parlanti la facciano propria); un altro Matteo, presidente del Consiglio dei Ministri, l’ha rilanciata su Twitter è così l’episodio è diventato notissimo, molti ne parlano. Su Twitter e su Facebook l’hashtag #petaloso ha raggiunto in poco tempo i vertici delle tendenze, è stato condiviso oltre 75mila volte. La nuova parola si è diffusa anche fuori dal mondo dei social, ecco un solo esempio. Nella nostra università, in una assemblea per eleggere un Direttore di Dipartimento, l’altro giorno un professore (non ero io) ha usato quell’aggettivo, i presenti (tutti o quasi) hanno capito. La parola è ormai conosciuta da molti.
E allora chiediamoci. Come nascono le nuove parole, chi le inventa, si possono usare o vanno respinte? Come dobbiamo comportarci? Esiste un criterio al quale attenersi? Chi decide nella lingua?
Non c’è una regola rigida, bisogna ragionare. Una lingua è un organismo vivente, è legata alla storia della comunità che in essa si riconosce e con essa comunica. Una lingua non è solo un insieme di parole regolate da una grammatica, ma esprime i modi di vivere e di sentire, di pensare, di concepire le relazioni tra le persone, i rapporti sociali, economici, giuridici, i sogni, i progetti di vita, i valori, il bene e il male. La lingua, il suo uso e la sua continua creatività sono indispensabili per continuare ad esistere. Solo le lingue morte sono sempre immobili e uguali a sé stesse: ecco perché il vocabolario di latino (o di greco classico) ha sempre le medesime parole, quello di italiano (o di francese, di inglese, di spagnolo, ecc.) va continuamento aggiornato. Come tutti gli organismi viventi, le lingue sono soggette a continui mutamenti, che si riflettono in particolare nel lessico: per rispondere alle esigenze della società che cambia, si creano di continuo parole nuove e nello stesso tempo molte cadono in disuso e addirittura spariscono. Per tutelare forme dell’italiano che scompaiono, la «Società Dante Alighieri» e il «Corriere della sera» lanciarono nel 2014 la campagna «Adotta una parola» (qualcosa di simile aveva fatto in Spagna il quotidiano «El País»). Vennero selezionate alcune parole della nostra lingua che sembravano a rischio di estinzione, come accade a tante specie animali o vegetali. Chiunque poteva scegliere una parola, adottarla e diventarne il custode per un anno, impegnandosi ad usare in modo corretto almeno una volta al giorno la parola scelta, a segnalarne abusi e a registrare eventuali nuovi significati. Ecco un elenco di parole che correvano il rischio di sparire: affastellare, calligrafico, contrito, delibare, diatriba, dirimere, emaciato, fandonia, fronzolo, stantio, fuggevolezza, improntitudine, leziosità, lusingare, narcisistico, perseveranza, presagire, propinare, sconclusionato, uggioso.Per noi una domanda: quante di queste parole conosciamo e usiamo in modo appropriato?
Torniamo ai neologismi. Perché nascono? Chi ha il “diritto” di inventarli? Si possono (o addirittura: si debbono) usare? Chi decide?
I neologismi permettono di verificare il continuo arricchimento e di ricostruire la costante evoluzione del lessico italiano. Questi fenomeni sono particolarmente intensi a partire dalla seconda metà del XX secolo, per la velocità del progresso scientifico e tecnologico – che comporta la ricerca continua di nuove denominazioni – e per il progressivo ampliamento della comunicazione internazionale. Nella vita di tutti i giorni, dalla politica alla cronaca, dalla cultura allo sport, dall’economia al costume, dalla moda allo spettacolo, si sente il bisogno di nuove parole per esprimere nuovi concetti. Nella lingua entrano elementi propri delle terminologie specialistiche, nascono a getto continuo formazioni di nuovo conio, internazionalismi, forestierismi, tecnicismi e alcuni neologismi d’autore.
Grande creatore di parole fu, ai suoi tempi, Dante: moltissime forme o espressioni da lui create si continuano fino ai nostri giorni e le usiamo di continuo senza sapere chi ne sia stato autore. E, dopo di lui, letterati, scienziati, artisti: Machiavelli, Galileo, d’Annunzio e tanti altri. Un importante linguista come Bruno Migliorini ha suggerito negli anni Trenta del secolo scorso parole fortunate come autista (per sostituire il francese chauffeur), regista, e altre. In campo giornalistico in tempi recenti è nata tangentopoli ‘lo scandalo delle tangenti legate alla pubblica amministrazione’ (all’inizio riferito alla sola città [-poli, < gr. Polis ‘città’ ] di Milano); da lì, dimenticando l’etimologia originaria sono state create affittopoli, calciopoli, parentopoli, ecc.
Lo studio dei neologismi attira un interesse crescente. Invito i lettori a consultare il sito dell’Accademia della Crusca: www.accademiadellacrusca.it. È (ovviamente) gratuito, vi appaiono subito le pale (un dipinto su tavola associato a un motto) di alcuni tra i più antichi accademici. Facendo scorrere il cursore sulle pale si avrà un’idea delle strutture e delle attività proprie dell’Accademia: pubblicazioni, eventi, scaffali digitali, archivi, biblioteca. Alla schermata successiva, una intera sezione registra le «Parole nuove»: sono parole apparse per la prima volta nella nostra lingua in anni molto recenti o anche parole preesistenti, che negli ultimi anni hanno assunto significati nuovi o hanno goduto di un forte rilancio nell’uso collettivo. Chiunque può segnalare l’esistenza di un neologismo nella lingua cliccando su «Segnala le nuove parole». L’Accademia valuta, decide se accogliere o meno la forma proposta nel proprio elenco, che segnala le parole nuove entrate stabilmente nella lingua.
Ecco qualche esempio di neologismo.
Il verbo impiattare, in unione al sostantivo impiattamento e all’aggettivo impiattato, immancabile in qualsiasi programma televisivo che si occupi di cucina, è attestato nei dizionari solo a partire da anni recenti. La sua massiccia diffusione è da attribuire all’uso frequentissimo che se ne fa nelle decine di trasmissioni culinarie che negli ultimi anni hanno popolato i palinsesti delle varie emittenti televisive.
L’aggettivo pentastellato nasce dalla necessità di indicare gli aderenti al Movimento 5 Stelle evitando la perifrasi “sostenitore/aderente/iscritto al Movimento 5 Stelle”, lunga e di conseguenza di scarso impatto comunicativo. Di fatto è alternativo a grillino, a volte usato ironicamente e troppo legato al nome del fondatore del movimento. I due aggettivi sono in concorrenza: in rete prevale grillino (grillino 826.000, grillini 2.030.000), ma è in aumento di pentastellato, che ricorre complessivamente, tra forme singolari e plurali, 189.000 volte.
L’aggettivo virale viene usato ogni qual volta una notizia, una fotografia, un brano musicale, più genericamente un’informazione, si diffondono con grande velocità soprattutto nel web, a denotarne il grande successo di pubblico. L’aggettivo non nasce oggi: viene introdotto in italiano nel 1961, come termine specialistico della medicina e della biologia con il significato di ‘relativo a virus; causato da un virus’ (infezione virale, carica virale e così via). Dei nostri giorni è il nuovo significato ‘che tende a diffondersi capillarmente’, specie nella rete.
Torniamo al punto di partenza. Ecco la domanda: la parola petaloso ha possibilità di entrare nei vocabolari? Pur nata da un errore (non è una creazione intenzionale, il bambino semplicemente non ha usato bene la lingua), è trasparente nel significato e si è formata applicando a un sostantivo il suffisso -oso, di grande fortuna nell’italiano: famoso, giocoso, goloso, sono parole usate da tutti. La pubblicità di recente promuove un biscotto definito *inzupposo (è anch’esso un neologismo) e qualche anno fa un’auto era *comodosa.
Chi decide se le parole nuove sono destinate a vivere o a morire? Qui la risposta è sicura. Decidono i parlanti, tutti insieme, la lingua è un istituto democratico. Lo sapeva bene Alice di Lewis Carrol (una bambina, come bambino è Matteo) che nel Paese delle meraviglie così dialoga con Humpty Dumpty. «Quando io uso una parola», disse Humpty Dumpty, «questa significa esattamente quello che decido io…né più né meno». «Bisogna vedere», disse Alice, «se lei può dare tanti significati diversi alle parole» o crearne di nuove. «Bisogna vedere», disse Humpty Dumpty, «chi è che comanda…è tutto qua».
Nella lingua italiana comandiamo tutti noi, che parliamo e scriviamo italiano. Ecco perché dobbiamo stare molto attenti: la lingua è un bene prezioso, curiamola e usiamola bene.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia” di domenica 28 febbraio 2016]