di Ferdinando Boero
Ho letto con un sorriso l’articolo di Antonio Errico (Basta anche un solo classico per capire il Novecento) sul marziano che atterra e vuole capire come funziona il nostro mondo. Sorridevo pensando a quanto possa essere differente la presunta descrizione di un evento così improbabile come l’arrivo dei marziani. Infatti ho scritto un articolo analogo tanto tempo fa, intitolato La biodiversità spiegata a un marziano. Cosa interesserà di più ad un marziano? Leggere il prodotto dell’intelletto di una porzione dei rappresentanti di una degli otto milioni di specie che abitano il pianeta, oppure vorrà sapere, come ho suggerito nel mio articolo, quante specie ci sono sul nostro pianeta? Come funzionano i nostri ecosistemi? Vorrà sapere tutto di noi, il marziano, senza curarsi del resto della natura, oppure gli interesseranno altre cose? E siamo sicuri che se atterrasse, che so, in Cina gli verrebbero proposti i classici della letteratura occidentale? Da terrestre, se arrivassi su un pianeta abitato da viventi intelligenti chiederei se hanno il DNA. E sarei curioso di sapere a quali risultati ha portato l’evoluzione su quel pianeta perché una specie intelligente deriva da altre specie e dipende dagli ecosistemi che formano. Solo dopo molto tempo mi verrebbe da chiedere se hanno una letteratura, o una musica, o un’arte. Prima di soffermarmi sui dettagli di una specie, mi piacerebbe conoscere come funziona il sistema che le permette di vivere, e confrontarlo con il nostro.
La cosa tragica è che non sapremmo rispondere alla semplicissima domanda del marziano: non sappiamo quante e quali specie abitano il nostro pianeta. Otto milioni è solo una stima, visto che sino ad ora ne abbiamo descritte appena due milioni. Come funzionano gli ecosistemi, poi, è un’altra incognita visto che non conosciamo da quali specie sono costituiti. Ovviamente le nostre conoscenze non sono a zero, qualcosa sappiamo. Ma troppo poco per capire davvero. Se avessimo capito non staremmo facendo al pianeta quel che gli stiamo facendo. Siamo concentrati su noi stessi, ma i prodotti della nostra mente, a confronto con i prodotti della selezione naturale e dell’evoluzione, sono ben poca cosa. Non esiste brano letterario che possa dare l’emozione di nuotare vicino a uno squalo bianco, o in una barriera corallina. Qualunque descrizione, qualunque raffigurazione non possono pareggiare quello che percepiamo guardando la realtà. Lo stesso vale per l’amore. Se siete mai stati innamorate/i sapete che nessuna parola può descrivere quel che si prova con l’amore. Certo, in quel momento lo provate solo voi, mentre quelle descrizioni possono evocare quel sentimento anche in chi non lo prova, ma si tratta di pallide rappresentazioni dell’amore vero, se mai lo si è provato. Non esiste raffigurazione, canto, musica, poesia che vi possa far capire cosa sia un leone meglio di avere a che fare con un leone. La realtà supera qualunque immaginazione e lo spiega bene Shakespeare quando dice che ci sono più cose in cielo e in terra di quante ne possa sognare la nostra filosofia. In effetti, nell’Amleto, la filosofia è quella di Orazio, ma questo vale per qualunque filosofia.
Rimane annichilito Charles Darwin quando ci spiega la differenza tra fisica e ecologia dicendo: getta in aria una manciata di piume e tutte cadranno al suolo secondo leggi ben definite. Si riferisce alla gravitazione universale di Newton. Ma poi continua: Ma come è semplice questo problema se confrontato con l’azione e la reazione delle innumerevoli piante ed animali che hanno determinato, nel corso dei secoli, i numeri proporzionali e i tipi di alberi che ora crescono su quelle vecchie rovine indiane!
Non lo spiega ne L’origine, e ancora non abbiamo capito in pieno il problema di come si formi una foresta: non esiste una formuletta che lo preveda, e neppure una formulona. Perché “nel corso dei secoli” significa la storia, e non esiste l’equazione della storia: la stessa sequenza di eventi si può spiegare in tanti modi, quando si passa dai problemi semplici a quelli complessi.
Ecco, se dovessi consigliare un libro al marziano gli consiglierei L’Origine delle Specie e anche L’Origine dell’Uomo. Lì si capisce da dove veniamo! Ma c’è anche L’Espressione delle Emozioni negli Animali e nell’Uomo, sempre di Charles Darwin.
Sono conscio che queste proposte suonino scandalose per la gran parte delle persone “di cultura” nel nostro paese, visto che non passa neppure per la mente di considerare Darwin come un produttore di cultura. Eppure quei libri hanno cambiato la nostra visione del mondo, e di noi stessi, più di qualunque altro libro. La tragedia è che non ce ne rendiamo conto, perché siamo totalmente concentrati su noi stessi e pensiamo di poter vivere plasmando il resto della natura secondo le nostre necessità.
Pur non avendo particolari propensioni per la religione, credo che la Bibbia racconti cose che spiegano bene quel che ancora stentiamo a capire. Il Creatore affida un solo compito ad Adamo: dare il nome agli animali. Significa conoscere la natura. Non abbiamo ancora portato a termine questo compito divino. Nella storia del Giardino dell’Eden il Creatore, col frutto proibito, pone un limite all’uso del giardino e quando superiamo il limite ci caccia dal giardino. Cogliere la mela non è un atto assimilabile alla conoscenza del bene e del male, è un atto di consumo di una risorsa. Fate quel che volete del giardino, ma fino a un certo punto. Abbiamo superato quel limite e non ce ne siamo resi conto. Ora ne stiamo pagando le conseguenze e qualche fesso (non trovo altra parola per definirlo) ci consiglia, una volta devastato questo pianeta, di pianificare la colonizzazione di altri pianeti. Pensando che sia possibile trovare un altro pianeta con la stessa biodiversità e gli stessi ecosistemi che permettono la nostra vita su questo pianeta. O pensando che potremo mettere la biodiversità e gli ecosistemi sulle nostre navi spaziali. La domanda potrebbe essere: se fossimo noi i marziani, cosa dovremmo portarci sul nuovo pianeta? Un libro? Moriremmo rapidamente. Noè mise una coppia di tutti gli animali nell’arca: non possiamo vivere senza il resto della natura: dovremmo portarci la biodiversità e gli ecosistemi che ci permettono di vivere. Ed è aspettativa ingenua pensare che ci possa essere un altro pianeta che abbia condizioni ecologiche compatibili con le nostre necessità. Non bastano acqua, luce, temperatura, ossigeno. Ci vogliono le altre specie, quelle che non conosciamo.
Quest’anno, alla maturità scientifica, ci saranno matematica e fisica, a quella classica ci saranno latino e greco. Non passa neppure per l’anticamera del cervello che sarebbe bene saperne anche di ecologia ed evoluzione. Pensare che bastino matematica, fisica, latino e greco per capire il mondo, lo voglio ripetere, è il motivo per cui stiamo distruggendo le premesse per la nostra semplice sopravvivenza. Abbiamo sviluppato una cultura senza natura!
Avvertenza: non sto sostenendo che matematica, fisica, latino e greco siano inutili. Sono materie importantissime, necessarie per sviluppare una cultura. Ma non sufficienti!
[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, Mercoledì 23 gennaio 2019]