di Edmond Jabès
Ci sono delle parole come “Ahimè!” che, stanche di uccidere, hanno scelto la solitudine.
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Quando gli uomini saranno d’accordo sul senso di ogni parola, la poesia non avrà più la sua ragione d’essere.
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Un’amicizia può essere soltanto uno scambio di lessico.
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Leggenda. I versi sono il frutto che Eva (la poesia) ha offerto un giorno a Adamo. (Per rinascere in eterno da lui).
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Memoria delle parole. Le parole scompongono la memoria.
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Dalla notte alla notte. La mia ambizione è tracciare con segni leggeri l’itinerario della poesia. Ma la linea di partenza si confonde in modo strano con quella di arrivo. Solo una linea di gesso come un colpo di scimitarra nel vuoto. Spiato, sono soltanto occhi dalle enormi braccia : due pupille di follia.
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In prossimità della poesia, aurora e crepuscolo sono di nuovo la notte, il cominciare e il finire della notte. Il poeta vi getta allora la sua lenza, come il pescatore nel mare, per prendere tutto quel che danza nell’invisibile, miriadi di esseri incolori, senza respiro e senza peso, che popolano il silenzio. Egli s’impadronirà, di sorpresa, di un mondo protetto, di cui ignora i confini e la potenza; soprattutto, dopo averlo conquistato, impedirà a quel mondo di morire; poiché gli esseri che lo formano, come i pesci, preferiscono la morte alla perdita del proprio regno.
Assediato da ogni ombra resa eterna, senza fine, egli lacera una cortina di velluto, palpebra del segreto.
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La notte, la bambina dischiude i suoi pugni; la donna dischiude la notte; i suoi pugni di uva matura, i suoi pugni di tempo che si ritrae; la sua notte di lino, i suoi cinque pugni; la sua notte di ciascuno, di tutti e di nessun luogo; i suoi pugni, quadrante trasparente dalle lancette luminose; la sua notte, saliva di cemento dell’oracolo; i suoi pugni di fili di pioggia, di matasse intrecciate di musica; la sua notte Tabù; i suoi pugni d’arco di sogno, i suoi pugni di spugna di diamante; la sua notte complice. Ed ecco che, riconosciuta, tu confessi : “ Chi sono io ? Mai la stessa. Hai bussato alle porte sorde degli occhi, hai creduto di aver attraversato il mio volto perché indietreggiavo. Ma tu per me sei sempre assente”- i suoi pugni ombra di pugni, fine d’un capitolo di storia d’amore di pugni; la sua notte setacciata di cicogne. Ed ecco che infine, nel letto del torrente, posso sentir battere il tuo cuore, bambina, il tuo cuore fragile sopra il bosco addormentato del mondo, il tuo spaventoso cuore di creta, il tuo cuore anello, il tuo cuore vascello, il cuore che tu aspetti, la notte.
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La poesia ha soltanto un amore: la poesia.
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Braccia dolcemente incrociate come un’amaca.
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Far riemergere il fondo dell’acqua, pietra dopo pietra.
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Andare a cuore aperto fino all’uomo.
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La veste della fonte, leggera, l’ha sollevata il vento che passava.
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Acqua chiara che si dona rinunciando a sé: bisogna che per arrivare alla poesia io attraversi tutte le sue fasi, ne rispetti le metamorfosi, a cominciare dalla più misteriosa, quella che consiste, per l’acqua, nel non essere più acqua. Andrò a salutarla in cielo, là dove prende indifferentemente il nome di nuvola o di pioggia, a seconda che essa dorma o ami. La invocherò nel desiderio, nelle lacrime delle piante, e nella terra, a ogni passo. La strapperò alla gioia, all’uomo nella sua pienezza, alla coppia per la quale l’acqua vuole essere un fiume, alla solitudine per cui vuole essere un lago, al dolore per il quale ha voluto essere il mare: il mare delle tempeste, il mare dei quattro alberi spezzati, il mare degli annegati e dell’aurora. E poi la lascerò scorrere tra i morti. In una parte del loro deserto, l’acqua creerà un’oasi dove fioriranno i nostri ricordi e le nostre preghiere. Le chiederò anche di estinguere la sete della Disperazione, scheletrica Principessa che fa sanguinare i tetti e le strade. Le chiederò di esaudire il sudore.
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Giallo come l’alito delle mummie.
Bianco come la gola del giorno.
Blu come la cenere del mare.
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Per vedere, per toccare, la poesia si serve degli occhi e delle mani dell’uomo (laddove l’amante fa propri gli occhi e le mani dell’amata).
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Quando è nubile, l’immagine pensa soltanto alle sue nozze.
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Docile alla volontà dello scrittore, l’immagine talvolta si piega a un matrimonio di calcolo. Per tutta la sua vita essa aspetterà di ottenere, dal lettore, il divorzio.
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Alla fiera delle formiche, gli occhi sono le cicale.
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Fredda carnalità dei legami.
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Alla ricerca dell’immagine. Quel che io temo è di non toccare più terra. Allora riprendo il mio nome , convinto di essere sfuggito per un pelo alla follia e alla morte.
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Ho sempre preso l’estremità delle mie dita per l’origine della sua capigliatura.
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Ogni donna nasconde nel suo corpetto un uccello che lei libera, una volta svestita.
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Lo humour è poesia. Il comico è prosa.
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Non si ha mai due volte la meglio con una donna sullo stesso terreno.
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Lo humour è quell’uomo invisibile che lascia cadere la cassa d’esplosivo che porta sotto il braccio. Tutto salta al suo passaggio.
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“ Siete senz’anima ” – disse, prima del concerto, una vedova al suo amante.” E’ a causa del vostro abito da lutto, che mi ricorda il vostro defunto marito.” “ Nuda, io sarò presto così docile alle vostre labbra” – mormorò lei, spogliandosi, che sentirete soltanto la musica.”
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Incredibile donna. Così giovane, e che talento! Fa apparire e sparire i pesci. Graziosa maga dell’acqua.” Presto saremo annegati ”, mi confida con inquietudine il mio vicino. Ma i pesci sono addestrati. Un’ora più tardi, in fondo all’acquario, restava solo un programma in fiamme.
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Si può uccidere il comico. Nessuno pensa a sopprimere lo humour.
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Il farfallino che fa da cravatta alla colonna forse è quella nota fuori posto che tutti i musicisti temono a causa della sua leggerezza.
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Lo humour non ha alcun legame con la vita. Appartiene alla morte, di cui mostra nel mondo figure maledette. Creature che vivono al margine dei loro simili, come i preti e gli infermi.
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Lo humour, sciacallo, si nutre di cadaveri.
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Come il cieco ha bisogno del bastone, lo humour ha bisogno del dubbio per circolare.
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C’è una logica dello humour così come c’è una logica del crimine.
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Con qualche pera sul piatto, non si rischia di morire di fame. Ti resta un coltello, ma non hai forchetta. Siamo in casa del marchese della Tour-Satie, una finestra si affaccia sul fiume Musica. La cantina è piena di topi, ma il vino è rinomato. Ci sono dodici vergini nude, pronte a offrire il proprio sangue al primo segnale. Il marchese detta le sue Memorie a quella più appassionata, mentre un mendicante, in prossimità del castello, invano chiede per sé un nome.
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Il verme della disperazione è al soldo dello humour.
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Al di là del gioco di parole, là dove l’immagine prende coscienza di se stessa.
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Una bambina vestita di stracci cerca sua madre nei buchi anonimi della sua miseria.
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Il tuo braccio è per il mio come il nodo scorsoio per gli impiccati d’amore.
Ignoriamo la terra.
Donna, complice della mia spalla.
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Quale coperta copre ancora l’uomo e la donna, le loro braccia nude ?
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La poesia è la spada la cui guaina è la musica.
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Con tre cani, con dei canarini si possono costruire prigioni per tutta la vita.
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Chi sei tu se non, anzitutto, colei che è l’altra ?
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E’ grazie alle grandi strade che abbiamo reso facile al dolore il giro del mondo.
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La povera notte degli abiti nuovi. Sulle strade inondate di sale, tante navi hanno fatto naufragio. Il sole corrode le eliche. I marinai hanno grida rituali, antichi dolori, sull’aria dei quali si danza nei cabaret dell’anima, inutile boa; tenere grida di un amore incompreso, di cui oggi nessuno sa più che farsene. La povera notte delle bettole vuote. Tre ubriachi sbraitano una canzone d’epoca. Ma chi nega ancora l’amore? La freschezza delle guance è la nostra storia. La donna viola è per sempre.
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Coloro che credono agli occhi delle fanciulle addormentate possono scommettere su questo istante. Gli innumerevoli monumenti ai morti non sono soli a testimoniare l’assenza, e nemmeno il cuore delle vedove esemplari e le rughe dei volti tormentati. C’è una cavità spalancata che tu riempi di fiori. Gli avvoltoi l’hanno individuata. C’è una mano sul chi vive sul petto delle puttane; poiché nessuna ricchezza è al sicuro. Maria, Leonide, Camilla, il cielo a ogni piè sospinto si abbassa verso di loro. Si tratta di riscoprire il congegno a tempo che ha fatto del serpente un angelo.
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L’uomo è sempre salvato da un miracolo.
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Sulla sommità delle colonne, la terra rompe i suoi legami. Volta le spalle a quelli che attendono con pazienza sulla soglia di una porta chiusa, cani fedeli, cani inquadrati, eterni cani.
La poesia s’innamora di se stessa : Narciso.
[Poesie per i giorni di pioggia e di sole, Manni, San Cesario di Lecce 2002. Traduzione di Chiara Agostini]