di Paolo Vincenti
“La grandezza di questo paese
non è più nelle piazze, non è nelle chiese
Non è Roma di marmi, fontane e potere
Né Milano tradita da chi se la beve.
Non è Genova o Taranto, signore del mare.
Non è Napoli e questo è persino più grave.
Non è più divertente tirare a campare
soprattutto non è originale”.
(“Questo paese” – Daniele Silvestri)
“Fratelli d’Italia”, fratelli gemelli, / in alto i calici e brindiamo / a questi centocinquant’anni così belli !/ Centocinquanta, ne porta sul groppone, / “centocinquanta la gallina canta”, / la nostra vecchia nazione, / “gallina vecchia che fa buon brodo”, / come dire: “se li porta bene!” . / “Sorelle d’Italia”, sorelle gemelle , / festeggiamo tutti insieme stasera,/ fra managers, tronisti e modelle, / “l’Italia s’è desta” e pippa forte ,/ per non essere da meno, pippa anche tu ,/ pippa e gratta, contro la malasorte/… In questo party esclusivo, “solo vip”, / ce la godiamo e tiriamo davvero / su con il naso e giù con la zip/ …e stretti stretti, balliamo tutti insieme, / in questo gran reality show , / il nostro famoso ballo nazionale: / “ no Martini? No party!” / Ma se “no bunga bunga”, allora, / “ahi, ahi, ahi!”, il tuo regalone non scarti. /
“Fratelli coltelli” e “sorelle bandiera”del Belpaese / “stringiamci a coorte” perché / c’è da pagare il mutuo a fine mese. / In questo bel palazzo rinascimentale, / in cui si mangia e si beve, stasera, / si decidono i destini della Nazione / Il menestrello intona le arie napoletane , / “ohi core ‘e chistu core”, c’ha da pagare pure lui la pigione/ la sosia di Marylin improvvisa pop art , / e fra nani bagonghi e stilisti concupiscenti, / le ballerine di burlesque, in versione smart , / fasciate di morbido chiffon , / quando “si shampagna” in allegria , / lanciano mortaretti e cotillons / e mentre una finta musica ripete il suo loop , / fra nani pestiferi e giornalisti adoranti , / si sfregano le mani gli inventori di scoop. / Quando da dietro un separé, il calciatore, / ebbro di tanto piacere , / esce insieme alla sua Biancaneve, / e l’assessore, preso dal groove, fa stomp!, stumb!, / fra nani ruffiani e chirurghi striscianti , / si sbrodola il costruttore di “sgub”, / ovvero “l’osceno del villaggio” che si crede Dio / e sotto gli effetti devastanti del proof, / grida: “vi distruggo, come vi ho creati, io!” / Fratelli d’Italia, siam 150 o 151? / Che importa, tanto in questa festa, / noi tutti ci sentiamo “qualcuno”. / In questo bel palazzo rinascimentale, / in cui sfilano virtù locali e vizi capitali, / si incrociano i destini della Nazione. / In questa all night long , “non spinga!”, “prego dottò”,/ fra nani intriganti e sindacalisti riverenti , / ci mancava solo il fox trot ./ Ed ora ciascuno dà il meglio di se, / “fratelli bandiera” e “sorelle materassi”, / orsù “libiamo libiamo” perché, / è tempo di festeggiare,/ fra letterine e letteronze, / la nottata dovrà passare/ E anch’io voglio cantare ,/ ormai fatti l’Italia e gli Italiani,/ e unirmi al coro della nazione/ E “dalle Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno” / ognuno intonerà la canzone, / per gridare “evviva il popolo italiano!”/ E “dagli Appennini alle Ande”, il fulmine terrà dietro al baleno,/ quando tutti in coro grideremo / “evviva il popolo italiano!”/”.
Fra citazioni dell’Inno d’Italia di Mameli, delle Sorelle Bandiera (“Fatti più in là”), della “Traviata” di Giuseppe Verdi , di Aldo Palazzeschi (“Sorelle Materassi”), Alessandro Manzoni e Edmondo De Amicis, questo brano bislacco, scritto e pubblicato qualche anno fa, prendeva a pretesto la ricorrenza dei Centocinquant’anni dell’Unità d’Italia, festeggiata con grande pompa, cerimoniere l’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Nella dilagante e spesso vuota retorica sull’importante ricorrenza storica, il brano, per contrasto, era dettato dal demonietto che sempre si agita fra le pieghe, da uno spirito goliardico, irriverente, che anima molta parte dei miei scritti. Nel pezzo, prendevo di mira quel fenomeno di massa che era il “Berlusconismo” imperante, che oggi, secondo molti analisti politici, sociologi e massmediologi, è stato soppiantato dal nascente “Renzismo”. Sempre fermo che questo Paese abbia bisogno di un “ismo” cui affidare la deriva culturale in atto, di favorire e incoraggiare il culto della personalità a qualsiasi livello e in ogni ambiente, politico, sociale e lavorativo. “Itali(e)ni “ avevo titolato il brano, perché agli occhi del mondo davvero “alieni” a volte possiamo sembrare, talmente accentuati sono i nostri vizi, le nostre idiosincrasie, manie. Itali(e)ni sono infatti, per chi ci guarda da fuori, i truffatori, i professionisti del raggiro, dell’imbroglio, i fuoriclasse della menzogna, della simulazione e dissimulazione (soprattutto in politica, Machiavelli docet), i campioni del fotti fotti, finti medici e avvocati, stregoni, ciarlatani, ciurmatori. Gli ipocriti, i sepolcri imbiancati, i vecchi tromboni: Itali(e)ni !
Così in un altro brano, “Festa italiana”, tratto dallo stesso libro di qualche anno fa: “Ma ora è tempo di abbracciarci, / dalle Alpi alla Sicilia, / perché trattenerci? / In questa festa eccezionale, / tra una starlette e un portavoce, / si canta e si balla tutti insieme; / fra re e regine di cuori, / in questa sera magica, / tintinnano i bicchieri. / Volano i coriandoli e scoppia un petardo / che tira su il morale / al borbonico e al savoiardo, / e fra un giornalista che va e uno scrittore che viene,/ per questa ricorrenza / si da fondo al nostro buonumore. /… e mentre la notte ritorna su se stessa, / fra modelli pentiti e visagisti recidivi, / si riaccende ogni speranza repressa. / “Ce l’abbiamo fatta, evviva!”,/ con le sue labbra al silicone / grida la diva, / mentre il direttore per tenersi su, / di fronte alle meteorine, / fa scorpacciata di pasticchine blu. /… Della festa, protagonista assoluto, / col suo mantello nero, / il Cavaliere mascarato fa un saluto, /… e fra un’entrata e un’uscita, / il macho gay con la sua voce roca/ grida: “evviva la vita!”; / e fra un promoter che va e un regista che viene, / in questa festa italiana, /ci si augura ogni bene.. / noi qui si fa la storia, / quando il popolo in coro/ griderà: “W l’Italia!” /” .
L’opinionista e il commendatore, il sindaco e il carabiniere, il tronista e il finanziere: dico, scherziamo? Itali(e)ni ! Come itali(e)na è la tipica espressione “lei non sa chi sono io!”, pronunciata da chi vanta un credito sproporzionato, oppure amicizie o relazioni altolocate. Itali(e)na è la nostra classe dirigente. Abili mentitori, puttanieri, ignoranti, colorati e folkloristici: così, mediamente, i rappresentanti politici di casa nostra. Itali(e)na è la battaglia sull’uscita dall’euro e dall’Europa che alcune forze politiche conducono. È assurdo scaricare ogni responsabilità sulla Germania ed unire l’immagine della Merkel con quella di Hitler evocando pericolosi accostamenti storici ( in questo caso, a dire il vero, anche la Germania si rivela un po’ itali(e)na poiché l’ accostamento è stato fatto, qualche settimana fa, sulla copertina del settimanale “Der Spiegel” ). Se l’Europa è “germanocentrica”, come accusano i piccoli politici “no euro” italiani, ciò non sarà certo ascrivibile a demerito della Germania. Se la Germania detiene la prima economia europea, è chiaro che gli altri paesi devono andare a rimorchio. Insomma, non sarà mica colpa sua se la Cancelliera Merkel è una statista di proporzioni gigantesche ed i nostri politici non sanno nemmeno farsi “nani sulle spalle dei giganti,” come diceva Bernardo di Chartres (il quale si riferiva al debito della cultura del suo tempo nei confronti della cultura classica). La Cancelliera tedesca svolge bene il proprio compito, cioè tutelare gli interessi della Germania. Se l’azione riformatrice del Governo Renzi, oltre ai conservatori scontenta gli stessi riformisti, ci sarà una ragione, che va cercata nel merito delle riforme proposte e non nella meschinità di cui il Premier accusa i suoi rivali. Cioè, la meschinità degli avversari politici di Renzi-Pinocchio (specie quelli del suo stesso partito) è del tutto evidente, però un presidente riformista come lui non può farsene scudo per una sterile difesa d’ufficio, ma dovrà ben passare al contrattacco. E passare al contrattacco, significa proporre riforme vere e non annacquate, come fatto fino ad ora.
Facile ottenere il consenso puntando sui bassi istinti, sulla “pancia” della gente, come fanno gli esponenti della Lega Nord. Chiaro che la paura del diverso, un serpeggiante sentimento di xenofobia che fa presto a trasformarsi in odio cieco e violento nei confronti di tutti gli stranieri, l’ignoranza diffusa, la superficialità di questi tempi in cui siamo bombardati dalla comunicazione di massa, siamo informati su tutto ma non conosciamo niente, una certa bassezza tutta italiana e la propensione a seguire chi si ritiene più forte, siano le armi vincenti che utilizzano i catturatori del consenso, i manipolatori delle masse. Molti di questi “trappolatori” sciorinano numeri e percentuali, sondaggi manipolati e truccati, messaggi subliminali, per convincere e persuadere, varano manovre economiche propagandistiche allo scopo di legittimare il proprio potere e conservarlo più a lungo. Populismo e becera demagogia sono la loro caratteristica. Certo, Itali(e)ni sono anche gli elettori che votano questi bagatellieri. Qualche anno fa il comico Corrado Guzzanti celiava: “se i partiti non rappresentano più gli elettori, cambiamoli questi elettori”. Oggi tutti i partiti sono cambiati, ma purtroppo non sono ancora cambiati gli elettori, e questo è un guaio molto itali(e)no. Supertestimoni pentiti di mestiere e giudici d’assalto, modelle anoressiche e vacui presentatori, calciatori superpagati e arbitri corrotti, politici corruttori e imprenditori concussi. Itali(e)ni? Certo, Itali(e)ni doc! E anche dop, igp e stg, come la mozzarella e l’aceto balsamico di Modena, il Chianti e il Grana Padano, il pane di Matera e la Fontina, e come il pecorino sardo (ehia!). A volte, un po’ per macabra curiosità (come quella dei turisti alle villette dei delitti), un po’ per quel gusto dell’orrido quotidiano che contagia il mio divertimento intellettuale, vado su Youtube e scrivo: “liti furibonde in tv”, per recuperare quanto della televisione spazzatura mi sono perso negli ultimi giorni. Trovo scene tratte dalle trasmissioni politiche italiane, i cosiddetti talk show. Inutile dire che il re incontrastato delle liti e delle volgarità, l’imperatore della parolaccia e dell’insulto, vero “osceno del villaggio”, è Vittorio Sgarbi. Di lui non ci si stupisce più. È risaputo che quando va in trasmissione, nel giro di pochi secondi, si scatena un putiferio a beneficio di auditel. Viene invitato apposta dagli autori. Ma è comunque uno spasso ascoltarlo, bava alla bocca e occhi fuori dalle orbite, gorgogliare invettive, imbottito di cocaina e perso nel suo delirio di onnipotenza; è quasi più divertente dei salti dei finti indemoniati liberati dalla possessione sotto gli occhi delle telecamere o del video della tossica che si contorce sotto gli effetti del Krokodil, la cosiddetta “droga del cannibale”. Insieme a Sgarbi, nella fauna che si annida nel tubo catodico, trovano spazio, come protagonisti di plateali litigi e risse, altri personaggi, quali l’insulsa Alessandra Mussolini , la “pitonessa” Santanchè, il saccente Brunetta, il ridicolo Gianpiero Mughini, l’irritante Gianni Barbacetto, ex direttore de “Il fatto quotidiano”, l’altrettanto antipatico direttore di “Libero” Maurizio Belpietro, ecc. ecc.
Itali(e)ne sono alcune forme di dipendenza come quella dalla droga, quella dal sesso e quella dal gioco. La pornografia, attraverso Internet, è diventata una vera e propria ossessione negli ultimi anni e ben simboleggia il clima di neo decadenza in cui si dissolve la perdita di ogni valore e punto di riferimento. Viene equiparata alla tossicodipendenza, indotta da sostanze chimiche endogene, rilasciate dall’ organismo di fronte alle immagini stimolanti del porno, nel recente libro di Mark B. Castleman e Tullio DeRuvo “L’ultima droga. La pornografia su Internet e il suo impatto sulla mente” (Il Grande Noce). Gli autori indicano i pericoli che possono derivare da questa psicopatologia, in primis per i bambini nelle forme della pedofilia, ma anche per le donne, che diventano vittime come donne oggetto, e per gli uomini, che diventano nevrotici compulsivi alienati. “La pornografia alimenta il crimine”, affermano, “ Il pomo è un killer silenzioso”. Del tutto itali(e)ne sono alcune forme regressive, perversioni sessuali, determinate dal consumismo e dalla mercificazione, le degenerazioni di questa sorta di pansessualismo, per dirla con Freud, o di “pansessualità”, secondo le teorie di Mario Mieli nei suoi “ Elementi di critica omosessuale.” Esse sono: l’esibizionismo, il voyeurismo, il feticismo, il sadomasochismo e appunto la pedofilia. Del pari, insidiosa è la ludopatia, la dipendenza dal gioco, di cui secondo alcuni dati soffre il 3 % della popolazione nazionale. Itali(e)na è la sterile moda del selfie, che ha contagiato tutti. Una scarica di selfie al giorno toglie lo psichiatra di torno. Un selfie al secondo fa più bello il mondo. E allora più selfie per tutti! Nella post ideologia dell’epoca renziana, una risata, col selfie, vi seppellirà.
MAGGIO 2015