di Paolo Vincenti
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L’osceno del villaggio in 13.756 battute, spazi inclusi . “Glob, l’osceno del villaggio” è stata una trasmissione televisiva satirica trasmessa per diversi anni da Raitre la domenica in seconda serata e condotta da Enrico Bertolino. Il titolo parafrasava quello di un’altra trasmissione televisiva di grande successo, cioè “Blob” (tuttora in onda su Raitre) e inoltre il modo di dire “lo scemo del villaggio”, molto diffuso, soprattutto in passato, per indicare un personaggio un po’ eccentrico, un minorato mentale, presente nei piccoli paesini e oggetto di derisione da parte degli abitanti. Lo scemo diventa “l’osceno” per Glob, e il piccolo paese di provincia diventa il villaggio globale della moderna comunicazione di massa.
Ma che cos’è oggi osceno in Italia? Sono partito da questa domanda, quando ho deciso di attribuire il summenzionato titolo alla mia rubrica. Il dizionario Zingarelli fornisce dell’aggettivo “osceno” la seguente definizione: “che offende la moralità e il pudore; si dice specialmente di cose che si leggono o si guardano… molto brutto, indecente, licenzioso, scandaloso, sconcio, scurrile, vergognoso”. Insomma, la definizione è ampia, ma anche il concetto di moralità estensivamente interpretato mi porterebbe lontano dallo scopo di questo articolo. Diciamo che qui viene presa in considerazione l’idea di ciò che è bene e che è male più diffusa e comunemente percepita. Non parliamo del moralismo, che della morale, nella sua accezione negativa di falso moralismo, costituisce una degenerazione, perché questo ci porterebbe ancor più lontano. Dunque, per molti oggi, osceni potrebbero essere i raggiri, la frode, l’imbroglio,il plagio, gli intrallazzi e gli affari illeciti in genere. Per molti, l’osceno del villaggio è il manager pubblico con super stipendio, con il quale arrivo a 1813 battute. Per altri, oscene sono la vacuità degli scrittori e le presentazioni letterarie definite sempre “eventi” ma che spesso sono piccole e tristi autopromozioni. Per me, osceno potrebbe essere il pubblico sempre disposto a farsi turlupinare dai mercanti dell’industria culturale italiana e da quei geni, i fenomeni da baraccone, che con i loro salti doppi, le piroette e gli inchini, esaltano la folla nel gran circo mediatico della nostra penisola . L’Italia è piena di Turlupin, come si faceva chiamare il comico del Seicento Henry Legrand, ossia di furbastri bravissimi a gabbare gli ingenui. Ah, i libri degli scrittori di successo…! Grazie ad un enorme battage pubblicitario messo in piedi dalle case editrici ad ogni nuova pubblicazione, anche chi non ha mai letto un rigo di un determinato libro penserà di conoscerlo e anzi ne serberà un’ottima impressione; alla fine, l’ autore, per il pubblico medio dei lettori, conseguirà un’aura di bravura che lo accompagnerà per tutta la carriera, facendogli vendere “paccate” di libri. Come dice Villers de L’isle Adam : “ogni successo ha la sua ombra, la sua parte di frode, di meccanismo, di nulla, che si potrebbe chiamare la tattica, l’intrigo, il saper vivere, la Pubblicità. Insomma, la claque!” . Ho usato prima un termine molto colorito, “paccate”, che potrebbe far storcere il naso ai puristi della lingua, come io storco il naso quando sento chi dice “ti amo di bene”, insulsa espressione molto usata fra i giovani. Per qualcun altro, osceno potrebbe essere il pirla milanese che sta coi Blackblock, e che insieme ai suoi decerebrati compagni, spranga e sfascia, spacca le vetrine e dà fuoco alle macchine ma non sa nemmeno perché sta protestando. L’osceno del villaggio, per molti, quasi per tutti, è il mariuolo, l’imbroglione patentato. In effetti, osceno è il costo della corruzione in Italia, secondo alcune stime pari a 60 miliardi di euro. Secondo i bilanci della Guardia di Finanza, cinque appalti pubblici su dieci sarebbero irregolari. Osceno è l’ammontare dell’evasione fiscale, fra i 120 e i 150 miliardi di euro che, sommati a quelli della corruzione, danno una cifra da capogiro. La più modesta somma delle mie battute invece è pari a 4038.
Venendo alla televisione, “cattiva maestra”, secondo la famosa definizione di Karl Popper, per me osceno potrebbe essere l’ospite fisso delle trasmissioni televisive, che dice la propria su ogni argomento dello scibile umano, e per il quale è stato coniato il termine “opinionista”, che rappresenta la trans avanguardia della categoria dell’imbecille televisivo. “Potrebbe essere”, ho pocanzi asserito, ma senz’altro “è” oscena la televisione del dolore, che fa sciacallaggio dei morti ammazzati e ci costruisce puntate su puntate, perché lo share si alza e l’audience premia. Certo, da “Telefono giallo” a “Quarto Grado” e a “Pomeriggio Cinque”, la deriva è stata inarrestabile e il cinismo degli autori televisivi non ha conosciuto confini. Come la gente che trascorre ore ed ore in diretta nel salotto pomeridiano di Maria De Filippi, si innamora per finta, si fidanza e scopa per finta, si sfidanza e si insulta sempre per finta. E a proposito: qualcuno si meraviglia del fatto che i due mediocri e banali inviati di “Striscia la notizia”, Fabio e Mingo, siano stati allontanati dalla trasmissione? Fingevano anche loro, è chiaro! Costruivano interviste e filmati posticci, come quello fatto dalla giornalista di “Mattino Cinque” alla ragazza Rom che afferma di guadagnare rubando 1000 euro al giorno e che questa sia l’occupazione più bella del mondo, specie se a danno di una vecchia che tanto deve schiattare comunque. Ma d’altra parte, Fabio e Mingo, così come gli altri inviati di Striscia, come potrebbero non mandare servizi finti in una trasmissione che è essa stessa del tutto finta? E siamo così a 5662 battute. Olè! L’etimologia del termine osceno viene dal latino obscenus o obscaenus, ossia “di cattivo augurio”, poi successivamente “turpe, laido, indecente”. Osceni sono i talk show politici, come “Ballarò” o “Di Martedi”, “Piazza Pulita” o “Quinta colonna”, che si trasformano in una passerella di narcisi, come giustamente accusa Aldo Grasso, vengono riempiti di contenuti fino all’inverosimile ma al pubblico non rimane niente se non un’indigestione di parole, concetti e numeri. Osceni per me sono i social network dove circola la spazzatura del mondo, che galleggia, come su un mare nero, la mucillagine. Osceno, non il mezzo in sé, ma l’uso che se ne fa. Soprattutto Facebook diventa ricettacolo delle più retrive abitudini, delle mode più cretine, delle più squallide barbarie verbali che menti di folli, psicopatici, repressi, mitomani, possano concepire. Ognuno si sfoga sul social, vomitandovi tutto il marciume della propria anima ributtante. Oscene, le guardie penitenziarie che, al suicidio di un detenuto nel carcere di Milano, commentano: “meglio così, uno in meno”. Osceni, i rimborsi pazzi dei consiglieri regionali, le feste dei consiglieri laziali vestiti da antichi centurioni romani, le mutande verdi, la nutella, le gomme da masticare messe a rimborso da quelli lombardi, o ancora le cene da migliaia di euro, e poi i cocktail a base di mojito, campari e negroni, del “Trota” Renzo Bossi, o le creme anti age e il libro “Mignottocrazia” di Paolo Guzzanti, della consigliera Nicole Minetti.
Per tanti italioti oscena è la classe politica tutta, senza distinzione. Naturalmente, più ci si sposta sulle estreme della rappresentanza politica, destra e sinistra, più è facile che gli umori si scaldino e che il dissenso cresca nei confronti dei partiti di governo. Questi ultimi invece, nel catalizzare il consenso, producono anche una sonnolenta acquiescenza nell’elettorato, una condiscendenza tipica del servo sciocco o del cortigiano che per natura tende ad adulare il potente. Osceni sono il populismo e la becera demagogia di alcuni politicanti di casa nostra. Gli attacchi all’Europa diventano il cavallo di Troia di una classe politica che cerca di legittimare sé stessa screditando l’avversario. Agitare poi lo spettro di un nemico esterno, che siano i burocrati dell’Eurozona o gli zingari dell’est oppure ancora i nordafricani che arrivano sulle carrette del mare, strumentalizzare certe paure ad uso interno, aggrava soltanto la situazione e allarga il divario fra la buona politica e l’improvvisazione degli “Stenterelli “. Peraltro, puntare sulla paura per aumentare il consenso è quello che fanno i tiranni. È osceno mandare al Parlamento Europeo dei rappresentanti politici che nell’Europa non credono, Stenterelli appunto, come la maschera tradizionale, cioè poltroni e faceti che in parlamento nemmeno si presentano e pensano di risolvere con l’arguzia le notevoli defaillances dovute alla loro impreparazione. Che senso ha mandare sui banchi di Stasburgo e Bruxelles degli impresentabili, ignoranti, disinteressati e razzisti? Almeno questi ultimi, in quanto agitati permanenti, spesso inscenano delle manifestazioni rozze e volgari che (de)legittimano la loro folkloristica e pulcinellesca presenza. Ma quelli dei partiti di maggioranza che non hanno alcun interesse al futuro della Ue ma solo al presente del loro collegio elettorale? E allora, come diceva il buon Antonio Lubrano, la domanda sorge spontanea: sono più osceni questi politici oppure gli elettori che li votano? Le 9213 battute impiegate fin qui non ce lo dicono.
Quando in alcuni frames di Blob tratti dalle varie trasmissioni televisive, la telecamera va a posizionarsi su certi particolari anatomici dei soggetti che parlano, per esempio sulla bocca o sul naso, sui capelli, ecc., Ghezzi e Giusti fanno un’opera di decostruzione che è sospesa a metà fra l’iperrealismo e l’astrazione. Così quando negli ultimi tempi oscurano i volti dei politici con della nebbia, nelle loro intenzioni essi, ammantando nella nebulosità lo sconcio dei parlanti, vorrebbero antifrasticamente porre ancora più in risalto lo sconcio stesso, l’ oscenità delle loro facce equiparate al culo o al pene. In realtà, secondo me, la loro operazione di velare i volti dei rappresentanti politici è più oscena dei volti stessi. Così come quando un bollino nero copre le pudenda degli attori porno, come avviene per esempio nelle trasmissione “Le Iene” che sempre più spesso si occupa del mondo dell’hard, il bollino nero è più osceno delle “scene” di sesso. Nel senso che toglie rappresentazione d una sequenza pornografica che è già di per sé assenza di rappresentazione, se vogliamo stare alla definizione etimologica che Carmelo Bene ha dato del termine osceno (anche se questa non risulta da nessuna fonte ufficiale): dal greco “o-skenè”, cioè che è fuor di scena, dove “o” sta per alfa privativo e “schenè” per scena. “L’osceno è sacro” per Dario Fo, che ha così intitolato un suo libro, ma in questo caso il concetto viene dilatato e adattato alla riflessione, a metà fra il comico e il sociologico, dell’attore teatrale.
Sul concetto di osceno nell’arte, ovvero su ciò che è arte e ciò che è solo volgarità, si scrivono trattati di estetica. La storia più recente è piena di opere che hanno diviso pubblico e critica, destando pareri discordi. Prendiamo la mostra del fotografo David Lachapelle, grandissimo artista del surrealismo pop, che si tiene in questi giorni a Roma (“Dopo il diluvio” al Palazzo delle Esposizioni). L’artista è osannato al pari di un genio, ma io mi chiedo come la gente possa andare a vedere queste cose e stupirsi. C’è davvero qualcuno che si scandalizza perché viene rappresentato un Gesù gay in delirio sadomaso? Dopo “Jesus Christ superstar “, è ancora possibile attualizzare la figura di Cristo in maniera credibile, innovativa e, diciamo, artistica? E poi, c’è un’icona gay più gay del San Sebastiano trafitto dalle frecce? Già i pittori rinascimentali se ne erano accorti e D’Annunzio, nel Martyre de Saint Sébastien, con le musiche di Claude Debussy, fece interpretare il martire cristiano da Ida Rubinstein, ballerina bisessuale russa, scatenando una violenta reazione da parte della censura. E si era solo nel 1911. Come si può essere originali oggi, negli anni Duemila? Si può operare una rivisitazione (dichiarata negli intenti) dei classici, dei grandi del passato. Ma a mio avviso, queste cose, come la Madonna che piange sperma, esposta a Bologna qualche anno fa, Cristo sulla sedia elettrica di Paul Fryer, il Gesù immerso nella pipì di Andres Serrano, o il Cristo rana crocefisso di Martin Kippenberger, non sono oscene, ma solo ridicole. Almeno a me fanno molto ridere. E intanto, conto 12.424 battute. Rientra perfettamente nella definizione di osceno la pornografia. L’industria (non a caso definita tale) del porno offre una visione del consumo sessuale fine a sé stessa, senza alcuna mediazione artistica, come invece nel cinema erotico. Cioè, l’atto sessuale viene prodotto meccanicamente dagli attori e meccanicamente filmato, senza essere filtrato dalla sensibilità di un soggettista, dalla visione del mondo di un regista. In questo senso, al porno si può applicare la definizione data da Carmelo Bene di “o-schenè”, assenza di scena. Nel porno, oggetto e soggetto si fondono insieme giungendo a quella che Bene definisce “oggettità carnale”. Ma Flavio De Marco, studioso di Carmelo Bene, va ancora oltre e afferma che questo osceno non è trasgressivo ma solo sconcio e ridicolo. Nell’atto sessuale infatti vi è una transazione, come nel rapporto con le prostitute, e dunque una rappresentazione ben codificata e in ultima analisi borghese. Insomma è innegabile che se appena si esce fuori dal tracciato, ci si allontana dalla comune morale, l’osceno può anche attrarre e anzi mostrare un potere di seduzione davvero diabolico. E se si vuol fare un pieno di volgarità e sconcezze, basta andare nella sezione “Cafonal” del sito di Dagospia. Ma io sono giunto alle prefissate 13.756 battute, spazi inclusi.
MAGGIO 2015