Fiocchi di lana e scaldarancio: sette saggi di Luigi Marrella

di Fabio D’Astore

Il mio caro amico Gigi Marrella, storico di indiscusso e riconosciuto valore, fondatore e direttore della Collana Quaderni di Kefàlas e Acindino, ha voluto farmi dono – graditissimo dono – del suo ultimo (per ora) bel volume Fiocchi di lana e scaldarancio. Microstorie per una lettura del ventennio fascista, uscito per i tipi di Barbieri Selvaggi Editori (Manduria, 2018).

Con un’utilissima e intelligente operazione editoriale, Marrella recupera e pubblica in volume sei saggi apparsi in varie sedi, di non sempre facile e immediata reperibilità, e composti per diverse occasioni, rendendoli fruibili agli studiosi e in più arricchisce la pubblicazione con un inedito, il settimo e ultimo saggio del libro. Il tutto preceduto da una indispensabile e chiarificatrice Premessa e seguito da un funzionale Indice dei nomi.

Occorre sottolineare subito il fatto che l’inusuale formato del libro (cm. 26×21) ben s’attaglia al felice intendimento di abbinare immagini e testi, giacché le prime non vanno considerate mai quali semplici e meri supporti estetico-visivi, quanto, invece, funzionali e indispensabili strumenti di conoscenza, ai fini di una più completa ricostruzione degli argomenti di volta in volta affrontati. E ciò a partire dalla significativa copertina, che riproduce in prima una tavola di A. Rigorini e in quarta una fotografia che ritrae alcuni allievi della Scuola elementare “M. Coppino” di Alba, quasi ad avviluppare armonicamente l’intero contenuto del libro.

I saggi potrebbero sembrare isolati e a sè stanti, apparentemente slegati o poco coesi; invece, a una più approfondita lettura, subito essi risultano tenuti saldamente insieme da rigore di metodo e compattezza d’argomentazione. Infatti, riflettono in maniera inequivoca gli esiti degli interessi predominanti dello studioso, il quale, nell’ambito degli studi sul fascismo, ha decisamente orientato il suo impegno verso la ricerca, il recupero, la sistemazione e la valorizzazione delle cosiddette ‘fonti minori’, esplorando sentieri poco battuti e aprendo nuove e stimolanti piste d’indagine. Proposta coraggiosa quanto irta di difficoltà, quella di Marrella, e dagli esiti tutt’altro che scontati: ma egli non rinuncia e, anzi, in linea con la metodologia delle Annales e di Braudel, privilegia l’esame approfondito delle peculiarità di particolari contesti civili, sociali, economici e politici rispetto alle sintesi di ampio respiro, che, pur nella loro validità, spesso risultano generiche e non consentono di cogliere le diverse articolazioni di un fenomeno, le quali, tutte con pari dignità, costituiscono tasselli fondamentali del variegato mosaico della società italiana durante il ventennio fascista.

Ecco, allora, che nel saggio d’apertura, intitolato Burro o cannoni? Per una vita «in tono minore» delle italiane in tempo di guerra (!941-42), lo studioso, analizzando una ‘fonte minore’ costituita da due agende-ricettario, curate da Lidia e Adelino Morelli, ricostruisce in maniera assai convincente le accorte dinamiche utilizzate dal regime ai fini di una edificazione dal basso di modelli comportamentali utili alla causa. Nello specifico, il destinatario finale è la figura femminile nel periodo bellico (1941-42) e gli argomenti affrontati risultano «legati da un filo conduttore: il risparmio» (p. 9).

Nel secondo e nel terzo saggio del volume, Marrella propone un’indagine approfondita e assai persuasiva al riguardo dei quaderni di scuola, tema sul quale si era in più occasioni cimentato e che sembra stargli particolarmente a cuore, come testimoniano altri precedenti affondo dell’autore e come egli stesso, con una punta di più che giustificato orgoglio, chiarisce nella Premessa: «Di queste fonti affascinanti, nel corso del tempo, mi sono occupato più volte nei miei lavori, svelando la forza mediatica delle loro copertine illustrate nei vari momenti della storia d’Italia a partire dal suo costituirsi in Stato nazionale (1861), ma con particolare riguardo al periodo fascista.» (p. 6). Infatti, i due saggi, intitolati rispettivamente La “Passione di Gesù” e la “Sacra Famiglia” sui quaderni di “Tato futurista” e Antonio Rigorini e la modernità del segno pittorico sui quaderni di scuola di epoca fascista, mi sembrano tra i più persuasivi dell’intero volume. Dovizia di documentazione e rigore metodologico campeggiano e costituiscono l’abbrivo per un’interpretazione acuta e lucida di tali fonti, portando il lettore a riflettere non solo su talune efficaci strategie politico-culturali, ma anche offrendogli ‘illustrazioni’ altrimenti sconosciute. E – si badi bene – si tratta di due dei maggiori maestri dell’illustrazione italiana degli anni Trenta del Novecento, Guglielmo Sansoni (Bologna, 1896-Roma, 1974), detto Tato futurista per evidente e dichiarata adesione ai principi del movimento primonovecentesco, e Antonio Rigorini (Torino, 1909-1997), artista poco conosciuto ma autore, tra l’altro, di opere pittoriche di indubbio valore. In questo studio, Marrella privilegia, però, il Rigorini “illustratore di quaderni”, sul quale era calato «il sipario dell’ignoranza, delle tenebre conoscitive» (p. 49) e che, invece, agli occhi dello studioso, offre il segno più cospicuo di una modernità affascinante, che gli permise, attraverso una serie di bozzetti eseguiti su cartoncino Bristol, di dar vita a preziose copertine di quaderni (una delle quali campeggia nella elegante copertina di questo volume) per bambini e ragazzi, in linea – scrive Marrella – con la «nobile e consolidata tradizione del realismo pittorico italiano» (pp. 52-53).

Nel quarto saggio del volume, intitolato Dante tra i banchi di scuola. In margine a Il Dante “fascista” di L Scorrano, Marrella si propone di «raccogliere alcune sollecitazioni, sviluppando aspetti particolari o integrandone altri» dello studio di Luigi Scorrano (Tuglie di Lecce, 1938), profondo conoscitore dell’opera del Sommo Poeta, e rileva che, nello studio di Scorrano, si può cogliere un approccio nuovo e originale al tema della “fortuna” di Dante; un approccio che abitualmente aveva privilegiato quasi esclusivamente l’aspetto letterario e che qui, invece, si carica anche di una «significativa attenzione alla storia politica e del costume della prima metà del Novecento» (p. 64). E, per approfondire il discorso, escogita una originalissima e, a mio avviso, riuscitissima strategia: una sorta di intervista, articolata in cinque domande, le cui risposte, da parte di Scorrano, appaiono perentorie nella direzione di una “obbligata” attenzione del fascismo nei riguardi di Dante, via via strumentalmente usato. A conferma di ciò, Marrella compie un documentato (doviziosamente documentato) excursus tra i media (cinema, cartoline, pubblicità nelle sue varie forme, copertine di quaderni e materiale scolastico vario, ecc.), dal quale, non di rado, si rileva, ad esempio, come – scrive lo studioso – «alcune volte l’autore della Commedia esca addirittura battuto nella partita con altre figure di rilievo del panorama storico-letterario italiano» (p. 90). Sicché, afferma lucidamente lo studioso, «si potrebbe forse dire che, attraverso l’analisi dei quaderni di scuola, emerge un Dante da rispettare ed onorare alla stregua di uno dei grandi della patria, […] ma nei confronti del quale non c’è tensione emotiva, né di natura letteraria, né soprattutto politica» (p. 83).

Davvero singolare appare il quinto saggio, intitolato Come si “annulla” la Storia. Un particolare medium della propaganda politica in epoca fascista. Sollecitato dall’arguta penna di Gigi Montonato, Direttore di «Presenza Taurisanese», il quale poneva impietosamente in evidenza lo scadente servizio offerto dalle Poste nell’epoca attuale rispetto all’etica efficienza dell’organizzazione postale del secondo Novecento, ma anche e soprattutto dall’entusiastica adesione dei suoi studenti ad un progetto di metodologia storica (ricerca, classificazione e interpretazione delle fonti), Marrella offre una lucida lettura relativa all’uso della propaganda postale ai fini dell’edificazione del totalitarismo di regime.

Nel sesto saggio, Il «Corriere dei Piccoli»: una storia nella Storia, lo storico indaga la fortuna riscossa dal più diffuso e amato giornalino per bambini, la cui pubblicazione attraverserà quasi l’intero secolo XIX, dal dicembre 1907 al dicembre 1994, superando indenne persino le due catastrofi belliche mondiali. Tra le numerose sollecitazioni che il «Corrierino» stimola, Marrella predilige – com’è ovvio, considerati gli specifici interessi – la modalità ‘storica’, pure in considerazione del fatto che il giornale segue ogni evento storico secondo un’ottica adatta ai bambini; come dire – scrive Marrella – che «tutta la piccola ma lunga storia di questo fortunato giornalino per bambini può essere riletta alla luce della grande storia, quasi una storia parallela» (p. 111). Particolare attenzione lo studioso riserva alla funzione che la pubblicazione svolse durante l’epoca fascista attraverso le affascinanti illustrazioni abbinate alle didascalie in versi, prevalentemente ottonari rimati.

Ed eccoci giunti al settimo e ultimo saggio del volume, inedito, intitolato Un pasto caldo, una maglia di lana. La guerra dei bambini, nel quale Marrella prende le mosse da una fonte davvero singolare: un album-documento, prezioso, che documenta dettagliatamente le attività della scuola “Michele Coppino” di Alba nell’”Ora presente”, durante gli anni cioè 1940-43. Un documento particolare e affascinante che offre uno spaccato poco noto, se non proprio sconosciuto, dell’”Azione” di una scuola di provincia durante gli sconvolgenti avvenimenti del secondo conflitto mondiale. Proprio da alcune delle quotidiane opere di studenti e insegnanti della Scuola di Alba trae titolo questo bel volume di Luigi Marrella, quanto mai stimolante ai fini di una più attenta e ravvicinata (ri)lettura dei tasselli della microstoria, senza la quale faremo fatica a leggere e interpretare compiutamente gli eventi della cosiddetta macrostoria. Che poi è il vero e potente collante dei sette studi: la costante e irrinunciabile attenzione rivolta alle ‘fonti’, in particolare a quelle rimaste un po’ ai margini dell’indagine storiografica; percorso assai faticoso e non privo di insidie ma ricco di implicazioni e stimoli nuovi.

[“Presenza taurisanese” anno XXXVI – n. 307 del Dicembre 2018, p. 11]

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