di Ferdinando Boero
Esiste un limite alla crescita della popolazione umana? Da sette miliardi ci avviamo verso gli otto, e si stima che nel 2050 saremo dieci miliardi. Ogni umano consuma risorse e lascia un’impronta ecologica. Chi vive come noi (i paesi “sviluppati”) ha un’alimentazione proteica e gode di moltissimi beni di consumo. Quanto più consumiamo tanto più aumenta la nostra impronta ecologica. Gli ecosistemi ci forniscono beni (cibo, fibre, e tutto quello che usiamo) e servizi (puliscono l’acqua, producono ossigeno, stabilizzano il clima), ma tutto ha un limite. La vita si rigenera, ma se il tasso del nostro consumo supera il tasso di rinnovamento delle risorse, allora contraiamo debiti col pianeta. Facciamo debiti per vivere come viviamo oggi, e chi verrà dopo di noi li dovrà pagare in termini di minore disponibilità di beni e di servizi. Possiamo spremere la natura selezionando organismi più produttivi, irrorando i campi con pesticidi per eliminare erbacce e parassiti, fertilizzando il suolo con nutrienti, ma le superfici coltivabili non sono infinite e per conquistarne di nuove distruggiamo la biodiversità e gli ecosistemi. Possiamo fare la stessa cosa in mare, ma anche i mari hanno limiti di produzione. Potremo sviluppare tecnologie che ci permettano di migliorare l’estrazione ma, se continueremo a crescere, le risorse limitate non saranno sufficienti per tutti: scoppieranno guerre, parti del pianeta saranno interessate da carestie e siccità, ci saranno migrazioni dai paesi più poveri ai paesi più ricchi. Il clima si modificherà e non sarà per il meglio. Facile prevederlo, visto che sta già accadendo. Se non ci fermeremo ci fermerà la natura. Se fossimo saggi ci fermeremmo prima che le conseguenze della nostra crescita diventino estreme. Ed ecco la notizia che gli italiani, senza alcuna pianificazione, hanno smesso di crescere, invertendo la folle corsa alla bomba demografica. Il benessere e l’educazione sono la strategia vincente. I popoli che crescono stanno male, le donne iniziano a far figli a 13 anni e continuano per tutta la vita. Da noi studiano, si laureano, lavorano. Non sono più macchine riproduttive, fattrici. Stiamo puntando sulla qualità dei nuovi individui e non sulla quantità, ma siamo ancora troppi. I giovani non trovano lavoro e, non avendo lavoro, non avranno una pensione. A centinaia di migliaia emigrano. Dovremmo esportare il nostro modello in tutto il mondo, e promuovere equità nella distribuzione del benessere, altrimenti gli “altri” faranno impazzire il sistema con la loro crescita prorompente. E invece, alla notizia che finalmente abbiamo smesso di riprodurci come conigli, tutti si allarmano: chi pagherà le pensioni se non ci sono giovani? Ehi! I giovani non hanno garanzia di avere la loro pensione, altro che pagare quella di altri. Se fossero il doppio i disoccupati sarebbero il doppio. La bomba demografica deve essere disinnescata, ma ci dicono che è male se smettiamo di crescere. Il mondo non può sostenere un numero infinito di umani, ci dobbiamo fermare. Gli italiani lo stanno facendo: è una buona notizia! Intanto, qualcuno pensa di risolvere il problema colonizzando altri pianeti: faremo a loro quello che stiamo facendo a questo? Chi fa queste proposte si aspetta che esistano altri pianeti con ecosistemi identici ai nostri, o che sia possibile trasferire gli ecosistemi terrestri su altri pianeti. Ecco il risultato dell’assenza di corsi di ecologia ed evoluzione nei percorsi di formazione: non abbiamo le basi culturali per capire.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia” di Sabato 1° Dicembre 2018]