La Grande Guerra sul grande schermo. Mostra e catalogo del Museo Storico del Trentino

di Gigi Montonato

Una delle iniziative più importanti per il Centenario della Grande Guerra, sia per la qualità e la completezza di contenuti, sia per l’originalità del settore esplorato, il cinema e le sue tecniche di rappresentazione, è la Mostra della Fondazione del Museo Storico di Trento, aperta ai visitatori dal 28 luglio 2014 al 6 settembre 2015, La Grande Guerra sul grande schermo (Der Erste Weltkrieg auf der Leinwand / The Great War on the big screen). Curatori: Luca Giuliani, Luca Caracristi, Patrizia Marchesoni e Roberta Tait. Ricerche e consulenze: Paolo Caneppele, Eugenio De Bernardis e Giovanni Lasi. Ricerca film: Elena Beltrami della Cineteca del Friuli. Il volume-catalogo, che ne riprende il titolo, a cura di Patrizia Marchesoni e Luca Caracristi, Lavis Tn, 2015, pp. 232, consente di visitarla a distanza di spazio e di tempo. È trilingue, italiano tedesco inglese, e a più mani. La Mostra è stata realizzata con la collaborazione della Cineteca del Friuli (Gemona), del Museo Nazionale del Cinema Fondazione Maria Adriana Prolo (Torino), della Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia-Cineteca Nazionale (Roma), dell’Istituto Luce-Cinecittà (Roma) e di Rai Storia. Un grande lavoro.

L’intento – lo dice in premessa Giuseppe Ferrandi, Direttore generale della Fondazione – è di proporre “una mostra sulla storia del cinema e su come il conflitto 1914-1918 è stato raccontato, documentato e rappresentato”. Ne dettagliano tematicamente alcuni specialisti.

Il saggio di Giaime Alonge, Il cinema italiano e la Grande Guerra, mette in rilievo le iniziali difficoltà del cinema a rappresentare la guerra in chiave moderna per una ragione molto semplice: è la guerra tecnologica di massa, con lo svuotamento del campo di battaglia, che non si lascia rappresentare come le battaglie dell’Ottocento, dove si potevano vedere reparti di truppe in movimento, cariche delle cavallerie e soldati scontrarsi e ammazzarsi sul campo. Con metodi vecchi non si potevano rappresentare situazioni nuove. Nel film muto Hearts of the World (Cuori dal mondo) del 1918 il regista americano David Wark Griffith “mette in scena le battaglie della Grande Guerra come fossero quelle della Guerra civile americana”. Ecco un altro punto di vista sull’imprevedibilità di una guerra che nessuno aveva immaginato come in realtà sarebbe stata e tutti pensavano che si sarebbe esaurita in quattro mazzate. Bisogna aspettare gli anni Trenta per giungere ad una rappresentazione novecentesca della guerra. Il che accade con All Quiet on the Western Front (1930 – All’Ovest niente di nuovo) del regista americano Lewis Milestone e con Westfront 1918 (1930) dell’austriaco Georg Wilhelm Pabst.

E in Italia? Neppure durante il fascismo e nel secondo dopoguerra dice l’Autore – stranamente durante il fascismo! – si diede alla Grande Guerra una significativa importanza cinematografica, pur così celebrata con monumenti e parchi in tutto il Paese. Il primo film italiano realizzato in chiave novecentesca arriva quarant’anni dopo, Uomini contro (1970) di Francesco Rosi, considerato che il film di Mario Monicelli La Grande Guerra del 1959 con Vittorio Gassman e Alberto Sordi seguiva il modello della commedia all’italiana. Perché tanto ritardo? Secondo lo studioso, non solo per “motivi interni alle logiche e allo sviluppo della nostra industria cinematografica, ma probabilmente anche [per la] difficoltà della cultura italiana, durante e dopo il fascismo, a fare i conti con quel conflitto”.

In Uomini e topi di Leonardo Gandini l’autore coglie un altro aspetto delle difficoltà di chi narra la guerra, perché essa è “un evento che innesca e incrocia migliaia di storie drammatiche, un repertorio di vicende talmente sterminato da sottrarsi a ogni possibilità di essere compreso (in entrambi i sensi della parola) appieno”, si ha sempre l’impressione che “la verità è altrove”. E allora occorre raccontarla “in modo allusivo, per metafora e sineddoche, nella speranza che la verità possa essere, se non rivelata, almeno illuminata di riflesso”. L’esame che fa di quattro celebri film valgono come sostegno alla sua tesi: Orizzonti di gloria (1957), La Grande Guerra (1959), Per il Re e per la Patria (1964) e Uomini contro (1970).

Luca Giuliani, in La guerra vista dagli americani. Le immagini inedite dei Signal Corps, evidenzia il decisivo contributo dato dagli Americani al filmato di guerra quando giunsero in Europa nel giugno 1917 coi loro reparti dei Signal Corps, che avevano il compito di documentare con le loro macchine da presa la spedizione e montare i cinegiornali. Una vera rivoluzione copernicana, osserva l’Autore, perché prima il cinema aveva avuto grossissime difficoltà a riprendere gli eventi, proprio perché era ancora “inatteso e sconosciuto”. Quello americano è un “dispositivo che trasferisce alla società (seppure circoscritta a quella militare in guerra) i metodi dell’organizzazione industriale di stampo fordista”.

Luca Caracristi illustra Il percorso espositivo della Mostra e guida sia il visitatore fisico che il fruitore del catalogo nelle varie tappe tematiche. E’ un percorso tra i più ricchi e articolati, in cui il visitatore-lettore ha modo di conoscere tutti gli aspetti relativi alla guerra o ad essa connessi, un’autentica enciclopedia visiva della Grande Guerra, con schede didascalizzanti.

Paolo Caneppele, con Buio in sala: il cinema in Tirolo durante la Guerra, si sofferma sui cinema esistenti nella regione, sui loro nomi, sui film che si potevano proiettare; uno spaccato sulla realtà trentina anteguerra.

Sara Zanatta è autrice del saggio Musicare la Grande Guerra in conversazione con Neil Brand. Il drammaturgo, compositore e autore britannico, specializzato a musicare i film muti, spiega all’intervistatrice ispirazioni e motivazioni oltre che il metodo creativo delle sue musiche.

[“Presenza taurisanese” anno XXXVI n. 11 – Novembre 2018, p. 12]

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