di Luigi Scorrano
Dalle disordinate carte ammucchiate sul mio tavolo da lavoro ne emerge una che ha solo un titolo e non so a quando risalga, che cosa dovevo continuare a scriverci, spiegarmi l’incomprensibilità del titolo, posto che mi venga fatto di gettare l’amo nel mare delle cose scritte e vedere di pescare quel che riguarda quel misterioso titolo. Forte è la suggestione del titolo, ma vorrei poter spostare più oltre il confine di quel titolo, acchiappare, se possibile, almeno un riferimento che mi guidi. Mi stillo inutilmente il cervello. Il mercante è figura più ovvia: di mercanti ce ne sono dappertutto e ogni riferimento ai mercati, nell’estensione che ha la parola adesso, è ovvia. Ma la margherita? Sarà il fiore che adolescenti un poco per gioco liberavamo dai petali, uno ad uno, cantilenando m’ama non m’ama; e non sappiamo se l’oggetto della nostra inchiesta m’ama non m’ama si fosse mai accorto della nostra esistenza. Di margherite nei campi a primavera ce n’erano a bizzeffe, e nessuna penuria affliggeva i petali da prestare alla crudeltà sfogliatrice del m’ama non m’ama. Il gioco era per chi lo faceva.
Torno a guardare quel titolo, perché ha tutta l’aria di un titolo; se fosse un’opera lirica penserei, chi sa perché, a Rossini. Ma potrebbe non avere nessuna relazione con la lirica; scartata l’ipotesi fa capolino la congettura. Non cavo il classico ragno dal suo sicuro buco, la sua unità abitativa. Ai tempi in cui leggevamo Salgari (e si può dunque facilmente scoprire di chi siamo figli) il titolo lo avremmo trovato, per approssimazione o per qualche misteriosa affinità nelle suppellettili in uso del Corsaro Nero o di Sandokan. Cerca e troverai. Troverai un bel niente; ma la ricerca continua. E se … se quel titolo fosse misteriosamente a costituire un trabocchetto per la nostra attenzione? Forse è questo il motivo autentico, profondo dell’interrotta erranza di quelle parole riemerse da chi sa quale casualità per essere portate sotto i nostri occhi. Nulla accade per caso, si dice molte volte, soprattutto quando dobbiamo rinunciare a spiegare razionalmente un fatto, una circostanza, un qualunque avvenimento grande o piccolo alla luce del dubbio, della eventualità, dell’incertezza.
Il mercante e la margherita si presenta come un titolo netto. Il mercante è figura nota e di autorevole presenza nelle cose del mondo. La margherita sembra invece relegata in un insieme anonimo, sia pur gradevole: in un campo o sul margine selvatico della flora spontanea. Il mercante, la parola! ci dà l’impressione di un’attività seria, fortemente organizzata, strutturata e saldamente gestita. La margherita è altra cosa: margherita significa perla e un buon consiglio suggerisce di non metterla davanti al muso dei porci. Le cose preziose non si abbandonano all’incuria di chi non sa il valore; comunque, non è in grado di apprezzare un bene a volte incalcolabile. Ma la margherita, così mi veniva di pensare davanti alle due parole che avevo sotto l’occhio, la margherita indicava qualcosa di raffinato, prezioso, da conservarsi con cura, conservare con cura, da custodire gelosamente. Il mercante si faceva notare per la sua accorta attività, la margherita mostrava al cielo la sua bellezza spontanea e con la sua sola presenza teneva lontani coloro che non ne avrebbero apprezzato il valore. Che è il valore della bellezza.
Cercavo un possibile rapporto tra la figura del mercante e quella della perla, della margherita. Non ho trovato molto; forse uno stiracchiato potevo trovarlo. Il mercante è figura dell’economia, la perla della poesia. Sarà un po’ grossolano, ma se trovate casualmente sulla vostra scrivania un binomio come il mercante e la margherita, prima di fare una smorfia di sufficienza provate a decifrarne il segreto.