Continua sul Quotidiano la discussione sulla situazione delle Università nel nostro paese. Quel che accade è chiarissimo: sono poche le Università del sud ad avere Dipartimenti di eccellenza, e ad avere finanziamenti “di qualità”, come i Progetti di Rilevante Interesse Nazionale o, ancora meglio, i progetti europei dei programmi quadro. È anche vero che le Università del sud sono lontane dai centri produttivi del paese e questo le svantaggia notevolmente. Ogni volta che sento queste considerazioni non posso che ricordare, visto che vengono regolarmente dimenticati, i fondi ingentissimi dell’Obiettivo 1 dell’Unione Europea. Fondi che vengono sì dall’Europa ma che sono gestiti (traduco: distribuiti) a livello regionale. Sono fondi dedicati esclusivamente al sud. Non posso non ricordare i finanziamenti spropositati in campo edilizio. E non posso non ricordare un lungo elenco di fallimenti nell’utilizzo di questi fondi. Gli edifici restano vuoti e i cervelli se ne vanno, mentre restano gli amici degli amici. La gestione del sud la fa il sud. Ogni volta che sento le lamentele non posso che ripetere che esiste un bubbone che va dalla corruzione alla malavita organizzata e che sta consumando il paese e i tessuti principali del nostro vivere comune. Dove finiscono tutti quei soldi, visto che le lamentele continuano e che quindi nulla cambia? Formigoni, il celeste, è stato condannato per le irregolarità compiute mentre era alla testa della Regione Lombardia. Il San Raffaele ha avuto una gestione opaca, con tanto di suicidi di persone che occupavano posizioni apicali. Però, nonostante questo, quel sistema sanitario funziona, come ben sanno le moltitudini di malati che, dal sud, sono costrette ad emigrare al nord per avere cure adeguate. Poi guardiamo le spese e vediamo che gli importi dedicati alla sanità non sono tanto differenti. Anzi, le singole unità di acquisto, vedi le siringhe, costano molto di più nelle regioni del sud rispetto a quelle del nord. Sarà colpa del nord? La corruzione che pervade il nostro paese arriva a tali livelli da non permettere lo svolgimento delle funzioni vitali.
Tutto questo va considerato, se si vogliono trovare terapie, dopo aver individuato i mali.
Con l’era della globalizzazione e della comunicazione non è così importante dove ci si forma. I nostri laureati che emigrano non si sono formati nelle aree dove poi hanno trovato lavoro. Quel che conta è la qualità dell’istruzione. Il sud ha un vantaggio innegabile rispetto al nord. La vita costa meno, la qualità della vita (a meno che si abbia bisogno di cure di alto livello) è alta, il clima è migliore, il cibo è buono, l’atmosfera è accogliente, le città sono belle e anche il paesaggio circostante. Venire a studiare al sud è allettante e le Università del sud potrebbero attirare moltissimi docenti e studenti. A condizione che la qualità dell’offerta formativa sia di alto livello. L’Università del Salento, a questo scopo, ha istituito l’ISUFI. Il Ministero ha istituito i Dipartimenti di Eccellenza per invogliare le Università a puntare su didattica di eccellenza. Lo scopo strategico di ogni Università, soprattutto quelle del sud, deve essere di offrire corsi di alta qualità, certificata dalle valutazioni della ricerca, dai coordinamenti di progetti internazionali, dalla reputazione del corpo docente. Le infrastrutture costruite con i fondi dell’edilizia sono allettanti se si vuole offrire spazio qualificato per la ricerca a chi è in grado di svolgerla. Lo stipendio di professore universitario è identico a Milano e a Lecce e, con quello stipendio, a Lecce si può vivere sensibilmente meglio rispetto a Milano. Uno studente milanese che studia a Lecce spende meno dello studente leccese che studia a Milano, e la qualità della sua vita è sensibilmente superiore anche in termini di potere d’acquisto. Ci sono tutti i presupposti per attirare docenti e studenti da tutto il paese e non solo, a patto che l’offerta sia di qualità. Se, invece, si offrono corsi perché “il territorio li vuole” e non perché esiste una massa critica di docenti di alto livello, allora si rincorre il modello universitario di ammortizzatore sociale. Non è un buon servizio al “territorio” e non fa che rimandare l’immissione dei laureati nei circuiti della disoccupazione. I territori si saturano rapidamente e se la formazione non è di alta qualità non ci sono neppure le possibilità di emigrare altrove. Queste scelte non sono calate dal nord, anzi, il Ministero sta spingendo perché le Università puntino sull’eccellenza. Non ci sono alternative. Se la strategia perseguita sarà la mortificazione della qualità della ricerca a favore della quantità di studenti, il destino delle università del sud sarà segnato dalle loro scelte: si avviano a diventare esamifici dedicati ai “locali” che non si possono permettere di mandare i loro figli a studiare dove la qualità dei docenti è alta. Sono cosciente di aver già scritto queste cose molte volte ma, visto che sono totalmente ignorate e le lamentele continuano, non posso che ribadirle. L’elenco dei docenti dell’Università del Salento che se ne va presso Università del nord continua ad allungarsi. Sono chiamati perché si reputa che siano di buona qualità. La loro dipartita non viene vista come un impoverimento del capitale umano della nostra Università. Anzi, chi rimane è contentissimo che quei boriosi rompiscatole si tolgano finalmente dai piedi. I boriosi rompiscatole andranno a rinforzare le Università del nord, e poi le Università del sud si lamenteranno perché le valutazioni della loro ricerca sono pessime e le imputeranno alla prepotenza nordica. Anche negli ospedali del nord ci sono molti medici che vengono dal sud. Chissà come mai se ne sono andati?
[“Nuovo Quotidiano di Puglia” di Domenica 30 settembre 2018]