di Gigi Montonato
Il rientro dalle vacanze estive era per Luciano Graziuso un capodanno. Lo è per tutti i professori, che l’anno lo iniziano il 1° di settembre con la scuola. Lo è un po’ anche per “Presenza”, che sospende per il mese d’agosto, concomitanti le ferie degli operatori dell’Editrice Salentina.
Quest’anno, però, non ci è giunta la lettera-viatico di Luciano. E’ scomparso nella primavera scorsa, proprio alla vigilia del libro che la Società di Storia Patria di Lecce gli aveva dedicato e che lui aveva fortemente voluto che si intitolassse Una d’arme, di lingua, d’altare, di memorie, di sangue, di cor. Niente da fare per le garbate insistenze di Mario Spedicato, presidente di Storia Patria e direttore della collana dei “Quaderni de L’Idomeneo”, di fargli cambiare idea. Un titolo lunghissimo ma identificativo del suo essere stato un italianista in lingua e in letteratura; ma anche convinto sostenitore delle memorie patrie, senza pose e senza proclami, sia dei momenti storici più lieti sia dei più tristi. Riteneva che un grande popolo è tale in condivisione delle comuni vittorie e delle comuni sconfitte.
Arrivava puntuale all’inizio di settembre la sua lettera da San Foca, spesso con una fotografia formato cartolina, da lui scattata, di quegli incantevoli luoghi: Roca vecchia e Torre dell’Orso. Luciano veniva da Vernole e quei luoghi gli erano familiari.
A volte mi allegava brevi scritti di libri che gli autori gli avevano fatto avere per recensione nei mesi precedenti. Li riservava per la sua quiete estiva. Poche righe ma esaustive nel riprendere, proprio come un fotografo, l’insieme e il punto di vista, la distanza fra il soggetto che inquadra e l’oggetto inquadrato, in cui è il quid critico di ogni opera, grande o piccola che sia.
Luciano era uno dei pochi collaboratori che, senza mai chiedere nulla, parlava di “Presenza” con l’aggettivo nostra, rivelando anche qui la sua filosofia della condivisione, anche se, come era giusto e direi normale, poteva non essere d’accordo sempre col giornale. Non già che me ne facesse ammenda, ma sarei ingenuo se non pensassi che anche i miei amici più stretti e leali, e lui lo era – e per lui aggiungo affettuosi – non avessero da muovere qualche rilievo in un foglio che, parafrasando l’abusato politico “di governo e di lotta”, è sempre stato di “incontro e di scontro”.
Aveva il culto della memoria e la deformazione del professore. I suoi nuovi alunni erano i posteri, a cui offrire lezioni ed esempi di vita. Una volta mi suggerì di fare una pubblicazione con le annate di “Presenza”. Il suo resta un raro caso di autore che pubblica in vita la sua bibliografia. Lo fece nel 2001. “E’ peccato che tanti importanti scritti non abbiano un repertorio per essere più visibili e più facilmente reperibili da chi verrà dopo di noi”, mi disse. Gli risposi che era una bella e utile idea, ma che non avevo né il tempo né i soldi né la voglia per realizzarla. Finì lì. Luciano non replicava mai. Capiva le ragioni degli altri e tanto gli bastava.
In questi ultimi anni, nonostante l’età, ormai ultranoventenne, si sentiva particolarmente impegnato. Non succede sempre di dover celebrare due grandi eventi patrii, uno a ridosso dell’altro, come l’Unità d’Italia e la Grande Guerra. Luciano è stato nella duplice circostanza in prima fila fra i più attivi ed entusiasti collaboratori di Storia Patria. La sua insistenza sul titolo “Una d’arme…” tradisce anche la sua ferma volontà di celebrare quell’evento in maniera globale, come in un identificarsi con esso. Importanti i suoi contributi per il Centenario della Grande Guerra. Parole e immagini si può dire costituiscano i termini del suo apporto commemorativo: “Le parole nuove della Grande Guerra” (saggio pubblicato dalla rivista on-line “Eunomia” e da “Studi linguistici salentini”) e con l’amico-collega Giuseppe Caramuscio l’album di fotografie scattate al fronte dal tenente Luciano Graziuso (suo padre) “Sguardi discreti sulla Grande Guerra”, pubblicato dalla Società di Storia Patria di Lecce nella collana “Cultura e Storia”. Sicuramente avrebbe prodotto altro perché in possesso di importanti materiali. Purtroppo i conti con la natura non li può fare nessuno e quando si viene a mancare, quale che sia l’età, si è sempre nel guado.
Non credo di potermi riconoscere ripiegamenti sentimentali. Perciò se dico che quest’anno “Presenza” riprende in maniera diversa non è tanto per fargli un omaggio, ma per dire che si può sempre essere presenti anche nel ricordo e soprattutto nell’esempio.
Perciò, caro Luciano, quest’anno la lettera della ripresa settembrina la mando io a te.
[“Presenza taurisanese” anno XXXVI n. 304 – Settembre 2018, p. 7]
Non sapevo della scomparsa del Prof. Graziuso e ne sono profondamente addolorata. Eravamo rimasti in contatto (era stato mio professore all’Istituto Magistrale ed aveva presentato anche uno dei mei libri di poesie), nonostante io da anni vivessi all’estero (ora risiedo in Svezia). Avevo sempre piacere di risentirlo e di scambiare anche una breve corrispondenza con lui. Gli devo molto, tantissimo. Quello che sono adesso lo devo anche a lui, e per questo non lo dimenticherò mai. Mi mancheranno le sue cartoline fotografiche e mi mancherà la sua mente sublime. Purtroppo vengo solo ora a conoscenza del fatto che non ci sia più. E’ stato un grande uomo e un meraviglioso insegnante e dunque non potrà che essere sempre presente nelle vite di coloro che ne hanno apprezzato l’intelligenza, la cultura, la saggezza. Ciao, professore!