di Luigi Scorrano
Alunni di tempi remoti imparavano a memoria questo testo poetico, ben degno di essere memorizzato. Non vi scoprivano l’amara dolcezza che sosteneva la musica di quelle parole così sapientemente inanellate nella collana che ne faceva un prezioso monile. Gli studenti invitati a imparare a memoria quel testo non vi scorgevano certo la saldezza compositiva, la delicata malinconia che vi presiedeva, il gioco ineffabile di ineffabili parole: per loro era una seccatura in più sgradita all’inizio dell’anno scolastico. Meglio, forse, la passeggiata di don Abbondio negli odiati Promessi sposi? Un utile esercizio (scolastico) poteva essere il confronto tra due autunni: quello di d’Annunzio così carico di nostalgia e quello del Manzoni così riposato nelle tranquille consuetudini del sereno don Abbondio. Un esercizio tanto per sgranchire le (forse) intorpidite macchine mentali!!!
C’era la poesia e la maledetta poesia era a memoria! Che cosa imparo prima? una unità minima: Settembre, andiamo! Fin qui va bene. il resto il problema. Settembre, andiamo! Sì, ma dove andiamo? Possiamo forse tornare indietro, correre verso il mare appena abbandonato, corteggiare le belle ragazze la cui immagine non ha potuto già sostituire quelle che immagini non sono ma presenze in carne e ossa. E va bene! E poi quell’altro: don Abbondio. Non ce ne potevano rifilare uno più dinamico tipo don Matteo della televisione che corre in bicicletta e non ti risulta che scosti le pietre perché lo disturbano nel cammino. Ma sì! Settembre, andiamo. Cioè; riandiamo. Ritorniamo ai consueti doveri: la solita predica! Ma noi i doveri non è che non li conosciamo: li troviamo noiosi, ecco tutto!, Ehi! fatecelo dire!: ci sono momenti in cui i doveri non ce li facciamo insegnare da nessuno. E sono momenti belli. E quando ci capita di rimboccarci le maniche, abbiamo forza e coraggio. Anche quello che ci invita a imparare a memoria Settembre andiamo.
Ma sì! andiamo pure. Dove? Anche là dove siamo stati con qualche bella cara ragazza, sperando di non inciampare in qualche don Abbondio che potrebbe scambiarci per un fastidioso sasso da rimuovere. Andiamo pure sulle dorate spiagge in cui vivemmo la dolce libertà di un’amabile compagnia. Niente commemorazioni di amori perduti, però: un bella gita che non abbia dello scolastico ma sia frutto di una simpatica rimpatriata, in attesa di ripetere finché a scuola ci regaleranno Settembre andiamo e don Abbondio con gli occhi nel breviario. La scuola, si dice, ci forma. Ma perché non proviamo noi a formare la scuola? Sarebbe forse più originale. Per ora bisogna accontentarsi di una riflessione come questa, strampalata e sorridente. Augurate agli studenti di cavarsela. Ve ne saranno grati.