di Ferdinando Boero
Consoliamoci, non siamo l’unico paese al mondo dove, nelle intenzioni di chi gestisce il “pubblico”, gli interessi privati prevalgono su quelli pubblici. In USA le aziende che estraggono petrolio dai fondali marini del Texas, vicino al sito in Florida dove è già avvenuta una catastrofe ambientale, chiedono che con fondi pubblici si difendano le loro installazioni, minacciate dal cambiamento globale. Le tempeste sono sempre più frequenti e gli impianti sono messi a dura prova. La comunità scientifica, unanimemente, vede come responsabile del cambiamento globale il consumo di combustibili (fossili e non). Siamo una specie che brucia, i combustibili sono a base di carbonio e la loro ossidazione (bruciare significa ossidare) produce anidride carbonica. L’anidride carbonica in eccesso causa l’effetto serra, con conseguente riscaldamento globale. Bene, ora i responsabili di tutto questo, percettori di immani guadagni dalle proprie attività, chiedono che, con denaro pubblico, si costruiscano strutture che li proteggano dagli effetti delle loro azioni. Dicono che i benefici non saranno solo per gli impianti di estrazione di petrolio: si proteggeranno anche le coste, gli insediamenti urbani, preziosi ecosistemi. L’incidente in Florida ci ha già fatto vedere quale sia l’impatto diretto delle loro attività, ma l’impatto indiretto (mediato dal riscaldamento globale) è ancora più subdolo e pervasivo.
I più strenui sostenitori di queste richieste sono i repubblicani, cioè i conservatori. Negano che ci sia cambiamento climatico, vogliono che si effettuino trivellazioni in posti incontaminati come l’Alaska, ma poi chiedono strutture che difendano gli impianti di estrazione dal cambiamento climatico. Da una parte negano che ci sia riscaldamento globale, dall’altra chiedono protezione dal riscaldamento globale.
Da noi, in un’intervista a un noto quotidiano, Sabino Cassese, uno dei fautori delle privatizzazioni, difende le sue scelte. E a fine intervista dice persino che la corruzione, in Italia, è solo una percezione. Mi chiedo: ma dove vive questa persona? Non lo sa che esistono mafia, camorra, e ‘ndrangheta? Non è al corrente del ruolo di queste organizzazioni negli appalti pubblici, nelle elezioni? Dallo scandalo dei petroli degli anni Settanta, a Mani Pulite, fino ad oggi, la nostra storia è costellata di furbacchioni che succhiano soldi pubblici agli apparati statali, con la complicità di chi dovrebbe fare gli interessi dello stato. Certo, ci sono differenze. In alcune regioni, soprattutto al sud, i soldi pubblici sono dilapidati e restano cattedrali nel deserto. In altre regioni, tipo la Lombardia, almeno una parte viene usata per offrire i servizi. Ovviamente a costi immensamente superiori rispetto al loro stesso valore.
Se poi le cose vanno male si chiama il pubblico a rimediare. Magari con il ricatto occupazionale: volete mettere sul lastrico questi onesti lavoratori?
È palese che una minoranza di furbi stia turlupinando una maggioranza di fessi (i furbi ci sono solo se ci sono i fessi) e, in effetti, la maggioranza del paese si sta impoverendo, con una minoranza che non è mai stata così ricca. In democrazia la maggioranza dovrebbe vincere, perseguendo i propri interessi. Ma i fessi, per definizione, non capiscono. I truffati, poi, sono i più strenui difensori dei truffatori e negano di esser stati turlupinati, per non fare la figura dei fessi. Dimostrando ulteriormente di essere fessi.
Temo che si persevererà nell’errore: gli USA spenderanno denaro pubblico per proteggere i petrolieri dagli effetti dei loro guadagni privati, e in Italia continueremo con la strategia dei guadagni privati e delle spese pubbliche. Fino a quando i sistemi economici e quelli ecologici non ce la faranno più.
[“Il Secolo XIX” di mercoledì 29 agosto 2018]