di Gigi Montonato
Nello Sisinni continua alla non più verde età ad essere un irrequieto, uno che è sempre alla ricerca di se stesso. Continua a lavorar di colori e di creta, di linee rette e curve, in uno stile volutamente sinuoso, aggrovigliato, in cui la figura lascia al fruitore la libertà e la soddisfazione di essenzializzarla nella scoperta.
Da dove vengo io? Una domanda che ci poniamo tutti, specialmente quando le esperienze vissute ci obbligano ad interrogarci: perché siamo così? Che cosa ha contribuito a fare di noi quello che siamo o quello che siamo diventati? Che è poi lo stesso. Abbiamo forse trascurato qualcosa? Torniamo indietro, allora, a verificarlo.
E’ quello che ha fatto Sisinni, l’artista di Bagnolo trapiantato a Cursi, figlio d’arte e padre d’arte. E’ andato a ritroso nel tempo e ha riscoperto alcuni momenti nodali della sua esistenza, di formazione artistica, di professione, di passione politica, di tenuta etica, di affetti. E ha trovato il filo di Arianna della sua esistenza.
Undici paragrafi di una sorta di kurze Bildungsroman (breve romanzo di formazione) che ha intitolato “Frammenti riscoperti” (Galatina, Panico, 2018, pp. 69), un elegante libricino, illustrato in copertina dal nipote Federico.
Parte dai luoghi della sua infanzia a Bagnolo, la casa, il giardino, la piazza, la chiesa, i palazzi, le persone e gli amici, il cortile della nonna, l’edificio della scuola elementare, e poi i genitori. I luoghi della sua giovinezza e della sua formazione. Gallipoli, dove ha “scherzato col fuoco capriccioso e pericoloso di una gioventù istintiva e volubile”. Napoli, il Liceo Artistico di via Costantinopoli, dove cercava “di vivere per quanto possibile appartato”, dove “disegnava dal vero le colleghe” e dove per esigenze economiche incominciò a fare soldi con lavori di riproduzione, retribuiti a millecinquecento lire l’uno. Parigi, dove Sisinni vive anni felici per la carriera: è in corrispondenza con Giulio Carlo Argan, riscopre gli impressionisti, conosce Sartre, e fa incontri e conoscenze importanti per la sua perfezione artistica e legge; legge molto. Al rientro nel Salento stringe rapporti d’amicizia con le personalità più in vista della cultura salentina: De Donno, Marti, Vallone, Macrì, Corti, Valli; ma anche con Vittore Fiore, Giovanni Raboni, Mario Luzi e molti altri.
In “tracce di vita” vi è il racconto di una promessa non mantenuta, innamoramento, amore e abbandono di un rapporto che avrebbe potuto essere per lui una svolta; una storia come ce n’erano tante una volta, complicata dai genitori, più spesso di lei, specialmente quando lui era un carattere tosto.
E’ un periodo in cui Sisinni si affaccia al pubblico, fa le prime mostre, s’impegna in politica e diventa sindaco del paese. La laurea in architettura completa un percorso di vita, che è anche comprensibile consapevolezza di aver raggiunto un traguardo importante. Una volta era come lo sbarco sulla Luna.
Inevitabile la rassegna dei momenti cruciali dell’arte: le modelle, le veneri, le bagnanti, Torrepaduli con le sue danzatrici, Torre Vado col suo mare, i suoi tramonti e le sue tempeste.
Alcuni episodi della vita professionale danno di Sisinni un profilo di uomo che non scende a compromessi, specialmente quando annusa che dall’altra parte c’è il malaffare.
C’è in questo libretto tutto il Sisinni, uomo e artista, che conosciamo; uno mai pago di una meta, un chiedersi continuo sull’arte. Che per lui è talento e insieme capacità di leggere la natura e coglierla tempestivamente. “Per produrre arte – dice – si deve scrutare ogni elemento della natura, dialogando con esso in maniera rapida ed essenziale per poi coglierlo con immediatezza”. Un pensiero che fa pensare ad un cacciatore che tra il vedere la preda, puntarla e colpirla non c’è che l’immediatezza del gesto. Questo è un Sisinni al quadrato.
[“Presenza taurisanese” anno XXXVI n. 7-8 – Luglio-Agosto 2018, p. 11.]