di Paolo Vincenti
Ogni artista che operi nell’ambito dell’arte informale è quasi un chimico trovandosi nella necessità di utilizzare e combinare insieme materiali diversi, seguendo i procedimenti dettati dal proprio estro. Certamente Fernando Spano lo è, perché nella sua ricerca pittorica, l’utilizzo dei materiali si coniuga con la dimensione esistenziale dell’arte come intesa da questo poliedrico e affermato artista salentino. Per esempio, utilizza una composizione fra ossidi di ferro e bitume per il ritratto di Lucio Fontana, uno dei tanti che compongono la sua galleria di icone dell’arte. Ma andiamo con ordine. Doveroso fornire alcuni dati biografici sul pittore. Fernando Spano nasce il 13 Marzo del 1965 a Veglie, vive e lavora a Lecce. Nel 1987 inizia la sua attività, interessandosi prima alla forma tradizionale della pittura, soprattutto alla tecnica dell’affresco, e poi via via spostandosi verso la pittura informale e le tecniche miste, essendo sempre più attratto dalle sperimentazioni chimiche. Questo lo porta verso la prima delle tematiche della sua carriera, ossia la ritrattistica. Il primo grande artista di cui sviluppa il ritratto è Pablo Picasso, verso il quale nutre una vera ossessione, cosa che riporta al concetto di riproducibilità tecnica dell’opera d’arte secondo il noto saggio di Walter Benjiamin. Infatti, Spano realizza una serie infinita di ritratti, oltre che di Picasso, di Lucio Fontana, di Joseph Beuys, di Jackson Pollock, vere icone per lui nell’ambito artistico. «Forse la storia si ripete, di sicuro le emozioni si rinnovano ad ogni ritorno, ma si caricano delle sensibilità, dei trascorsi personali, delle conoscenze acquisite, degli imprevisti legami e delle analogie che una rilettura sapiente ci rivela”, scrive Eduardo Pascali (in “Fernando Spano”, catalogo Mostra Bari, 2001), “A questa consapevolezza del dipanarsi della storia, uguale a se stessa e nello stesso sempre diversa, si richiama il lavoro e l’impegno di Fernando Spano. L’invito dell’artista è chiaro e semplice: recuperare, da una parte, con gli occhi nuovi e moderni, i maestri, cogliere, d’altra parte, la loro presenza, anche in una prospettiva critica, nella realtà attuale. Realtà che hanno contribuito a modificare con le proposte artistiche, talvolta dirompenti, provocatorie e in anticipo sui tempi dell’uomo comune». Attraverso la riproposizione di questi grandi maestri dell’arte universale, Spano vuole in realtà riaffermare la propria individualità artistica, emblematico in questo senso il titolo della mostra tenuta a Lecce, presso l’ex Conservatorio di Sant’Anna, a cura di Dino Del Vecchio: “Io ci sono”. Il suo, cioè, è un citazionismo la cui matrice è la pop art, quindi non sterile o fine a sé stesso. Dietro al ritratto, v’è la concezione artistica del pittore e proprio la sua anima. “Queste opere non sono un omaggio agli autori, ma rappresentano un momento di ricerca e riflessione sulle potenzialità espresse dal loro contributo all’arte e alla società”, scrive Andrea Fiore in “Fernando Spano. Identità e distruzione”, catalogo della mostra tenuta a Maglie e Brindisi nel 2017 (Galatina, Editrice Salentina, 2017). A riprova di quanto detto, nel segno della più ardita sperimentazione artistica, poi Spano realizza una serie di lavori in cui prende delle famose opere d’arte e le trasforma attraverso il bitume, seguendo l’esempio di Beuys, quasi mentore per Spano. Un’altra interessante serie di opere è quella intitolata “Velivoli”, in cui vecchi aeroplani di guerra solcano un cielo nuvoloso o nevoso, trasmettendo inquietudine, timore, ansia allo spettatore. “Questo corpus di opere”, scrive ancora Andrea Fiore (in op. cit.), “costituisce la serie di lavori indicata come ‘Velivoli’, attraverso la quale Spano si confronta e riflette sulla capacità di distruzione dell’uomo. Come il giovane Beuys – pilota di aeroplani come quelli rappresentati – trova la salvezza nella sua trasformazione in artista-sciamano, così le opere di Spano trovano nel momento della distruzione prima la morte e poi la conseguente rinascita”. A partire dal 1991, Spano partecipa a moltissime mostre personali e collettive. Fra le ultime, citiamo la mostra collettiva presso la Galleria Scaramuzza di Arte contemporanea di Lecce nel 2011, la Mostra personale presso la Galleria Scaramuzza di Lecce del 2013, la Mostra personale presso lo spazio espositivo del “Caffè Cittadino” , a Lecce, 2015, ancora presso la Galleria Scaramuzza Arte Contemporanea, Lecce, 2016, la Mostra personale presso la Fondazione Capece, Maglie, nel 2017, la Mostra personale presso la Galleria San Luca, Brindisi nel 2017, la Mostra personale presso la Fondazione per l’Arte e le Neuroscienze “Francesco Sticchi”, Maglie, nel 2018. Molto interessante il suo ciclo “Monumenta”, in cui vengono presi dei monumenti del passato e reinterpretati attraverso la tecnica mista. Grandi esempi dell’arte classica, greca e romana, oggi non più esistenti, che rivivono nella contemporaneità di un’arte fortemente sperimentale, che riannoda in questo modo i fili fra passato e presente, coniugando in alchemica sintesi tradizione e innovazione. Ancor più interessanti, i cicli “Memorabilia” e “Volti della memoria”: vasi attici, crateri dell’arte appulo-lucana, elementi dell’arte fittile, statue dell’arte greca, che rivivono sulla tela attraverso un’elaborazione visiva che sembra un invito a recuperare la bellezza perduta, oggi che quei fili di cui si diceva prima sembrano essersi del tutto disgregati.
E ricollocare i materiali rispetto alla loro destinazione naturale, è quello che fa Gix, nome d’arte di Giovanni Strafella, il quale lavora sui materiali con una ricerca molto avanzata, verso l’informale più arduo. Moltissime le mostre cui ha partecipato, come “Arkè Arco dei Pappi”, Copertino e “Kontemporanea”, Lecce, nel 2004, “Caroli Hotels”, Gallipoli e “Castello – Corigliano D’Otranto” nel 2005, al Palazzo Baronale Romano, Pisignano, e alla Cappella Santa Anastasia, Copertino, nel 2006, “Arte Spazio”, Treviso, 2006, “B&B Chiesa Greca”, Lecce, nel 2008, “Cantine Aperte “Taurino”, Guagnano, 2009, “La Locanda”, Copertino, “Palazzo Ducale”, Presicce, “Arte alla Torre”, Leverano, 2012, “Shoah”, Stazione FSE , Copertino, 2015, ecc. Un’esplosione di colori, la sua arte, che si esplica nella più totale libertà di intrugliare elementi diversi presi anche dalla nostra tradizione contadina del passato. A metà fra pittura e scultura, le sue opere, come “Luce nel vuoto”, “Ecocentro”, “Sviluppo lineare”, “Movimento del passato”. Gix è un artista sempre in movimento. “Nell’agire di Gix niente di riflessivo che miri ad un risultato, niente di appagante o di appagato, ma pulsioni al primo stadio, incuranti del seguito di critiche e giudizi che potranno suscitare. Eppure in tanti, ormai, ci fermiamo davanti ad una sua opera alla ricerca di una risposta. Gix pone domande con la fermezza di chi proclama assiomi”, scrive U.V.A, nel catalogo “Gix: ammiratore dell’energia” (Sannicola, s.d.). Giovanni Strafella vive ed opera Copertino, ha anche un sito: www.gixart.it. V’è, nelle sue opere polimateriche, come “Anarchia cosmica”, “Forma plastica”, “Croce rossa”, “Evoluzione”, una vitalità che si trasmette all’esterno e sembra voglia conquistare l’universo. “In tale processo di trasformazione, le forme e le soluzioni formali sono tutte chiamate in causa e non ci stupisce per questo andare di continuo tra una possibile scultura o un installazione ad una giacenza orizzontale”, scrive Angela Serafino, nel sito. “Tutto si muove perché il Caos non conosce direzioni uniformi. Coinvolge tutto attorno, lo invade, poi si addolcisce e si commuove per tutta la estensione di cui è capace, dopo aver raccolto di qua e di là le possibilità di esplorazione. Queste estensioni, cariche di passaggi, sono le opere di Strafella. E Paola Nestola: “Gix, disintegrando e reintegrando la realtà, si libera di una tensione tradotta, più che in espressionismo figurato, in espressionismo astratto”.
Fra i più interessanti artisti dell’ultima generazione è sicuramente Rocco Cardinale, originario di Taranto, che vive ed opera nell’isola di Las Palmas de Gran Canaria. Nato nel 1981, spirito inquieto, ha fatto varie esperienze e sperimentato varie forme di comunicazione. Amante dei fumetti e della musica punk, con una formazione classica alle spalle, ha capitalizzato le sue passioni nella forma artistica a lui più congeniale. La sua creatività si esprime fra pittura e disegno, la sua cifra stilistica è un concentrato di suggestioni diverse. Suggestiva è del vero la mostra “La folla e gli sguardi”, tenutasi presso l’ex Convento dei Teatini, Lecce, nel giugno 2013. Nelle figure rappresentate, tributarie della fumettistica, quello che colpisce sono i tratti somatici, in particolare gli occhi e la bocca, volutamente dilatati, esagerati, distorti. Una folla di sguardi senza nome che ci osservano con fare circospetto, oppure sornione, sottilmente diabolico, sempre inquietante. C’è un po’ sotto traccia l’inquietudine del perturbante, di freudiana memoria. Cardinale è sicuramente molto vicino alla street art e al writing, anche per motivi anagrafici. L’artista infatti vive il proprio tempo, è immerso nel mondo contemporaneo con la sua multimedialità, gli innumerevoli stimoli, e questo si riflette nell’eterogeneità delle fonti della sua arte visiva. Egli non è legato ad una scuola particolare né ad una temperie storico artistica definita, semmai la sua arte si caratterizza per un nomadismo culturale, come lo ha definito Toti Carpentieri nel catalogo di presentazione della mostra “La folla e gli sguardi” (a cura di Toti Carpentieri, con traduzione in inglese e spagnolo, Galatina, Editrice Salentina, 2013). Precisamente, la sua arte si può definire skate/surf art, una forma di espressione certamente influenzata dall’arte dei murales e dalla musica punk. Figure di uomini e di donne si ammassano nei suoi quadri, realizzati con la tecnica del collage, a riempire tutto lo spazio, con colori particolari dati dalla mina e dall’acrilico utilizzati. A volte, le figure umane si trasformano, divengono figure indefinite, vagamente grottesche. Volti su volti, che rivendicano il loro diritto di esistere e cercano di comunicarci dalle tele un messaggio indecifrabile, forse l’incomunicabilità stessa. Cardinale ha esposto in mostre collettive e personali, fra le quali al “Surf cafè” di Taranto nel luglio 2010 e luglio 2011, e presso la Chiesa di Santa Maria della Pace a Lecce, nel dicembre 2011, in occasione della presentazione del libro “Formazione, trasformazione, riformazione. Dialogo emotivo per immagini”, di V.Colapietro e M.E. De Carlo (Franco Angeli Editore, 2011), che riporta in copertina una sua opera. Nel 2015, Cardinale ha esposto all’Agora Gallery di New York, nell’ambito della mostra collettiva “The Manifestation of Milieu”. Insomma, un artista di talento da tenere presente.