Di mestiere faccio il linguista 30. Maturità disastrosa: le reazioni dei lettori

di Rosario Coluccia

L’articolo di tre settimane fa sull’esame di maturità, sugli errori degli studenti, sulla spropositata percentuale di promossi e di voti altissimi, sulla scuola e sull’università in crisi profonda, ha attratto l’attenzione dei lettori. Molti mi hanno scritto, il tema interessa, chiedono di continuare a discutere. Colpiscono non solo le risposte clamorosamente errate date da alcuni maturandi (inaccettabili in studenti che hanno tredici anni di scolarità alle spalle) ma soprattutto l’incapacità di stabilire connessioni logiche tra domanda e risposta, come quando si dice che Dante è milanese (e tutti sanno che l’italiano di oggi si è formato sul fiorentino usato da Dante nella Divina Commedia) o che Gente di Dublino, il romanzo di Joyce, è ambientato a Londra (e nel titolo si parla di Dublino, capitale dell’Irlanda, e non di Londra, capitale dell’Inghilterra).

Franco Fanciullo è ordinario di Glottologia a Pisa. Nato in Salento, vive e lavora da decenni in Toscana, conosce benissimo quella realtà. Mi scrive. «Ormai gli studenti “100-e-lode perché non si deve bocciare mai” sono arrivati anche all’università: gente che non sa nulla, letteralmente, e si stupisce del fatto che tu pretenda che sappiano qualcosa. Ieri ho fatto esami e una ragazza che, fra l’altro, portava 3 canti dell’Inferno di Dante (a chi non ha studiato né latino né greco chiedo di studiare qualcosa di Dante) non sapeva che aere vuol dire, di per sé, ‘aria’, mi ha risposto che vuol dire ‘grotta’». Augusto di Luzio è presidente della «Fondazione Paparella» di Pescara; il «Museo Paparella Treccia-Devlet», che vanta una straordinaria collezione di dipinti e ceramiche, ospita attualmente una mostra che riguarda anche il grande impressionista pugliese Giuseppe De Nittis, «Impressione e verità nella pittura tra De Nittis, Patini e i Palizzi. Dalla Puglia a Parigi attraverso la Via degli Abruzzi» (fino al 2 settembre, www.museopaparelladevlet.com). Augusto di Luzio e sua moglie Gianna si rammaricano per le «condizioni in cui versano la scuola e l’università italiane, con conseguenze drammatiche sulla preparazione degli studenti». E concludono: «certo è che il ricordo dei nostri esami di stato viene mortificato dalle facilitazioni che da qualche decennio sono state inopportunamente introdotte e tuttora applicate, ad ogni livello». Paolo D’Achille, accademico della Crusca, ordinario a Roma Tre, commenta: «un articolo molto coraggioso […]. Purtroppo invertire la rotta è difficile». Nicola De Blasi, accademico della Crusca, ordinario a Napoli, osserva che gli errori sono sintomo «di un problema più ampio, che consiste nella totale indifferenza di molti scolari verso le cose che la scuola vorrebbe insegnare». Infine Nicoletta Maraschio, presidente onoraria dell’Accademia della Crusca si chiede: «non riesco a capire davvero come questo possa succedere. Un disamore totale per la scuola e per lo studio? Cosa pensano gli insegnanti?».

Ecco, siamo arrivati al cuore della questione, cosa succede oggi nella scuola? Nella realtà le cose non vanno come nel film L’attimo fuggente, il classico di Peter Weir del 1989, probabilmente tra le pellicole più famose della storia del cinema. Uno straordinario Robin Williams veste i panni del professor Keating, docente di letteratura trasferito in un rigido collegio maschile americano, dove la disciplina e il rigore sono il fondamento della didattica. L’insegnamento non convenzionale e anti tradizionale del professore risveglia sentimenti e passioni sopite nei ragazzi, che riescono a trovare nelle parole dei poeti la chiave per seguire le proprie inclinazioni ed esprimere sé stessi. La realtà si accosta di più a quella che descrive La scuola, film di Daniele Luchetti del 1995, con Silvio Orlando nei panni del prof. Vivaldi. In un istituto della periferia di Roma i professori si riuniscono nel Consiglio di classe per gli scrutini dei propri studenti. Fra insulti, finte telefonate che annunciano bombe e rientro inaspettato di docenti dati per dispersi emergono le macerie (anche in senso non figurato), le paure, i problemi e le piccole follie che segnano il quotidiano di professori e studenti.

Una crisi profonda attraversa la scuola, che peraltro è ricca di docenti bravi e motivati. Dal 2013-14 l’Accademia Nazionale dei Lincei, in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, ha dato vita a un progetto intitolato «I Lincei per una nuova didattica nella scuola: una rete nazionale». Il progetto, che si sussegue anno dopo anno (i corsi del 2018-19 partiranno a novembre), punta al miglioramento dei sistemi d’istruzione e di formazione nazionali, dando vita a una rete in grado di impostare, con pluralità di iniziative, una rinnovata metodologia di insegnamento di materie fondanti come matematica, scienze e italiano. L’educazione scientifica è elemento strategico per la crescita della nazione e l’educazione linguistica (la conoscenza adeguata della lingua italiana) è presupposto necessario per l’accostamento a qualsiasi forma di conoscenza e per lo sviluppo delle capacità concettuali. Matematica, scienze e possesso della lingua sono gli strumenti essenziali per una partecipazione piena dell’individuo alla società moderna. Se non capisci a fondo quello che leggi e quello che ascolti sei un cittadino incompiuto, questo è certo. Responsabile regionale del progetto è Ferdinando Palmieri (accademico dei Lincei e professore emerito dell’università di Bari), il segmento “Italiano” è diretto da Pasquale Guaragnella (già professore ordinario presso l’università di Bari, già Segretario Nazionale della Associazione degli Italianisti – ADI) e da me, si avvale di docenti come Immacolata Tempesta (ordinaria a Unisalento), Salvatore De Masi (associato a Unisalento), Maria Maggio (Dirigente scolastica).

Al progetto dei Lincei partecipano come corsisti ogni anno bravissimi docenti di tutta la Puglia. Non ricevono un euro, neppure il rimborso delle spese di viaggio. C’è chi parte al mattino presto da Monte Sant’Angelo o da Laterza, fa le sue ore a scuola, nel pomeriggio si sposta a Bari, lavora intensamente per altre tre ore, la sera a mezzanotte rientra a casa. E lo stesso capita a chi parte da Leuca o da Depressa, insegna nella sua scuola che magari è in un’altra città, nel pomeriggio si sposta a Lecce, frequenta attivamente il corso, la sera a mezzanotte rientra a casa. Eroismo o masochismo? No. Semplicemente voglia di migliorare, senso “etico” della propria attività. Alcuni ripetono l’esperienza per più anni.

La scuola non è tutta così, lo so bene. Esistono anche professori demotivati, scontenti del proprio lavoro, oppressi dalla scarsa considerazione sociale che il ruolo dell’insegnante riscuote nella società attuale. Sommersi dal carosello continuo di disposizioni e circolari ministeriali, spesso in reciproca contraddizione. Ogni ministro sogna la propria riforma, ma non sarà un caso se spesso dimentichiamo quelle dei ministri dell’Italia repubblicana e parliamo ancora della riforma Gentile del 1923. Attenzione! Non sono un nostalgico di quel ventennio, la dittatura mi fa orrore, mi limito a riconoscere la lucidità intellettuale del disegno riformatore elaborato da Gentile.

Un consiglio darei al neo-insediato ministro Bussetti: non si lasci tentare dal sogno di fare pure lui una riforma scolastica con il suo nome, non ne abbiamo bisogno. Si occupi di far funzionare bene la scuola pubblica, migliorando la qualità dell’insegnamento e colpendo gli interessi esterni che si sono stratificati negli anni. Quasi incredulo, leggo avvisi pubblicitari che garantiscono allo studente bocciato il recupero degli anni scolastici persi. Con facilità, senza sforzo. Naturalmente a pagamento. Ma recupero alla svelta, magari con commissari di manica larga, è cosa diversissima da una formazione rigorosa. Torna il discorso dell’altra volta. La strada da percorrere non è quella della facilitazione generosamente concessa a tutti, è quella (molto più faticosa) della serietà e dell’impegno. Il Sud non migliora se ci limitiamo a gloriarci del numero dei diplomati con il massimo dei voti (anche quest’anno la Puglia ha la percentuale più alta d’Italia). E nello stesso tempo accettiamo senza batter ciglio che la qualità media della formazione sia inferiore al Sud rispetto al Nord (lo indicano varie prove e indagini, anche internazionali). Con le dovute eccezioni, ci mancherebbe. Ma pur sempre eccezioni, non regola.

È tempo di dire basta alla faciloneria. È passata sotto silenzio l’affermazione impudica della signora Lucia Borgonzoni, neo-sottosegretaria alla Cultura: con orgoglio afferma di non aver letto nemmeno un libro negli ultimi tre anni. E di non andare mai a cinema o a teatro. Non ha smentito, che io sappia. Con questi presupposti, vedremo quale politica culturale elaborerà la signora Lucia Borgonzoni, neo-sottosegretaria alla Cultura.

[“Nuovo Quotidiano di Puglia” di Domenica 5 agosto 2018]

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