di Ferdinando Boero
L’ignoranza in campo marino domina anche questa estate. Posidonia oceanica, una pianta con fiori e frutti, elemento essenziale degli ambienti sottomarini mediterranei, invariabilmente diventa un’alga (come dire che le rondini sono insetti, visto che volano) e si chiede a gran voce che le “alghe” siano rimosse. Le meduse, quest’anno abbastanza frequenti, indicano acqua pulita (non è affatto vero). Ma il massimo si raggiunge con la gestione dell’erosione. Di solito affrontata con approccio ingegneristico: colate di cemento e barriere in mare. Leggiamo comunicati trionfali di sindaci che, finalmente, risolvono il problema col cemento. Le nostre coste rocciose sono magnifiche grazie all’erosione. È l’erosione che ha creato le grotte, i faraglioni, ha creato le spiagge. Il mare erode le rocce, le fa crollare e, così, scolpisce il paesaggio. Lo fa da milioni di anni, e non ci dovrebbe essere nulla di strano: basterebbe una minima infarinatura di geologia. Non dovrebbe essere necessaria una laurea in geologia: queste conoscenze di base dovrebbero essere patrimonio culturale comune. Cosa significa, allora, mettere in sicurezza una costa soggetta ad erosione? Significa fare una bella colata di cemento e bloccare così i processi naturali? Magari costruire una bella diga che impedisca al mare di continuare la sua azione erosiva? Queste iniziative sono utilissime per bandire appalti e dare lavoro alle ditte. Ma non sono la soluzione del problema.
La messa in sicurezza richiede, semplicemente, di identificare le rocce pericolanti e di farle cadere in modo “controllato”, in modo che non franino in testa a chi si trovasse a passar sotto nel momento sbagliato. Le falesie devono essere monitorate e deve essere prevista una costante manutenzione del materiale pericolante. Pensate alle Dolomiti e a tutte le catene montuose che rendono unico il nostro paesaggio. Anche le montagne sono il risultato di processi erosivi. I ghiaioni alla base delle montagne sono i residui dei massi crollati, sono l’equivalente delle spiagge marine. Se qualcuno dicesse che le Dolomiti vanno messe in sicurezza e proponesse le soluzioni proposte per le rocce costiere verrebbe portato via con la camicia di forza. Le valanghe uccidono molti sciatori ogni anno. Che facciamo? Rimuoviamo la neve, così non precipita a valle? Come mai l’assurdità di misure del genere è lampante, se sono proposte a terra, e non viene invece percepita se sono proposte a mare? Rimuovere i cumuli di foglie di posidonia (non di alghe) fa aumentare l’erosione, quelle foglie hanno importanti ruoli ecologici! Come mai ogni anno bisogna spiegare che non sono alghe e non sono “sporcizia? Come mai ogni anno bisogna spiegare che l’erosione non si risolve col cemento? Guardo nel mio archivio e mi accorgo che ogni anno scrivo lo stesso articolo: è una follia costruire sulla linea di costa e pensare che nulla cambierà. Ci sono siti più stabili: basta pensare a Roca Vecchia, con una città millenaria costruita direttamente sul mare. Ai tempi di Roca a nessuno sarebbe venuto in mente di costruire dove ora c’è la grotta della Poesia: è talmente chiaro che se il tetto della grotta è sottile, prima o poi crolla! È talmente chiaro che non si sbancano le dune e si costruisce sulla spiaggia, perché prima o poi il mare si porta via tutto. Lo dice il Vangelo: lo stolto costruisce sulla sabbia, il saggio costruisce sulla roccia. Ma, purtroppo, occorre spiegare anche che c’è roccia e roccia. Che bisogna conoscerle, le rocce.
Qualcuno mi ha detto, ma non ho controllato, che gran parte dei sindaci salentini appartiene a due categorie: ingegneri e avvocati. Non credo che ci sia un solo geologo. Ed ecco spiegata la smania per gli appalti (e anche per i ricorsi). Costa molto meno far crollare le rocce pericolanti che costruire faraonici interventi cementizi. Tanto si spende denaro pubblico, e l’economia “gira”. Restauriamo il palazzo baronale, tanto ci sono i soldi. Che ne faremo? La domanda non viene mai posta e finisce che il palazzo, una volta ristrutturato, rimane in stato di abbandono e, dopo qualche decennio di incuria, necessita nuovamente di interventi. Così si può fare un altro bell’appalto! Tanto vale che il palazzo sia dato a privati che ne facciano un albergo, ma con fondi privati! Invece spesso i fondi sono pubblici, mentre i guadagni sono privati.
Se fosse solo questione di soldi direi che, dopotutto, servono a far “girare” l’economia. Ma allora diamoglieli a una condizione: che non deturpino il territorio con colate di cemento. E che si trovino i quattro soldi necessari per fare le cose bene. Che i porti si facciano con fondi privati, non con fondi pubblici! Scommettiamo che non si farebbero? Penso al restauro di alcune torri costiere, rese orrende, e all’abbandono di Roca Vecchia, alle falesie che crollano, ai muri a secco deturpati da folli interventi, e mi chiedo come sia possibile che un posto reso così bello dagli abitanti del passato sia ora così deturpato dai neovandali. Da quali lande desolate sono venuti questi barbari che, oggi, fanno scempio del prodotto di secoli e secoli di cura sapiente del territorio? Perché non se ne tornano a casa loro?
[“Nuovo Quotidiano di Puglia” di mercoledì 11 luglio 2018]