di Gianluca Virgilio
“Nessuno spreca neppure una parola per mostrare come si fa a esistere”.
S. Kierkegaard, Postilla conclusiva non scientifica alle briciole di filosofia.
All’inizio di giugno a scuola c’è aria di smobilitazione. Soltanto pochi studenti si attardano a fare le interrogazioni supplementari con la speranza di salvare il salvabile; ma in generale tutti sanno che l’ora di andare in vacanza è vicina e che gli ultimi giorni in classe servono solo a stare ancora un po’ insieme prima che l’estate ci disperda tutti, alunni e professori. Gli ultimi a lasciare la scuola saranno gli studenti del quinto anno, che vi rimarranno fin quasi alla metà di luglio; ma a quel punto per loro la fine della scuola sarà definitiva e si aprirà un nuovo capitolo della vita con tante incognite e nuove prospettive.
Solo i professori ritornano ogni anno, sempre più vecchi davanti a giovani che appaiono loro sempre più giovani; sicché, col passare del tempo, il vecchio e il giovane sono sempre più distanti e quasi non si riconoscono più.
Alla fine di maggio un attardato genitore chiede ancora di parlare con qualche docente, per spezzare una lancia in favore del figlio, contravvenendo alla regola secondo la quale a fine anno si devono lasciare gli insegnanti liberi da pressioni o interferenze, liberi di valutare secondo coscienza, come si dice.
La fine imminente delle attività didattiche consente ai professori di tirare un sospiro di sollievo, sebbene subito altri impegni incombano: relazioni finali, programmi, riunioni varie, e poi ancora esami nella propria sede di servizio o da qualche altra parte, ecc. Sullo sfondo, però, anche per loro, ci sono le ferie d’estate, il tempo dell’oblio e delle vacanze, del disimpegno, della disintossicazione, della rigenerazione, atteso quasi come se fosse per sempre, come se il tempo della fatica scolastica non dovesse più ritornare, mentre c’è chi pensa che il tempo della scuola non debba mai finire, neppure ad agosto…
Un anno di scuola è passato e con esso un anno di vita. Che cosa si sia fatto in questo anno, a prescindere da ciò che è scritto nelle relazioni finali o nei programmi effettivamente svolti, ciascuno di noi lo sa. La scuola è un luogo angusto, dove si sta molto stretti, ci possono anche essere mille persone concentrate in un solo edificio, ma è anche un luogo vario quanto il mondo, dove tutto succede e può succedere. C’è il professore che trascina nelle aule due borse piene di carte e un portatile sotto il braccio, ce n’è un altro che passa leggero nel corridoio e scompare nella classe tra i ragazzi; c’è lo studente che briga per un buon voto e c’è chi lo prende perché se l’è meritato.
All’inizio di giugno, tutto sta per finire. Ci si guarda indietro e si cerca di fare un consuntivo. Si ripensa ai momenti belli e brutti, a quel che è stato e a quel che avrebbe potuto essere; c’è chi rimpiange, chi si ricrede, chi si rassegna e tace; infine c’è qualcuno che raccoglie le firme perché in futuro le cose vadano meglio, perché forse la scuola non è tanto buona come dicono…
Ognuno fa e pensa e sente quel che può. Rimane certo che il tempo è passato e nulla è più come prima.
(2016)