di Rosario Coluccia
Con la parola bufala in italiano si indica la ‘femmina del bufalo’ (ruminante con pelo ispido di colore marrone scuro) e, in senso figurato, una ‘produzione artistica noiosa e scadente’. Esiste una terza accezione, anch’essa figurata e in origine scherzosa, quella di ‘notizia totalmente infondata’. Nata presumibilmente a Roma negli anni sessanta del secolo scorso (lo spiega il servizio di consulenza linguistica dell’Accademia della Crusca, www.accademiadellacrusca.it), quest’accezione è molto diffusa anche perché attraverso la rete vengono spesso propagate notizie e informazioni che si rivelano false. Oltre a bufala, per esprimere il medesimo concetto esistono in italiano le parole fandonia e frottola. Si usa anche un’espressione di origine inglese, fake news. Il forestierismo (relativamente recente) è invariabile nella forma, si scrive sempre con s finale, sia al singolare sia al plurale. Le voci bufala, fandonia, frottola e fake news sono equivalenti. Negli ultimi tempi sembra prevalere il termine straniero ma ciò avviene per snobismo e per moda (come in molti altri casi), non per effettiva necessità. L’italiano possiede già le parole adeguate. E invece usiamo espressioni inglesi e ci sentiamo attrattivi, sperando di raggiungere un elevato coefficiente di figosità…
Una precisazione è necessaria. È sbagliato attribuire alla rete la responsabilità di inventare e diffondere bufale, spesso con la protezione supplementare dell’anonimato. Ma è pur vero che la pervasività del web consente ai falsi messaggi di raggiungere un numero enorme di destinatari, con conseguenze difficilmente prevedibili. Valgono le considerazioni che abbiamo fatto altre volte. La rete è un mezzo potentissimo, attraversiamo oggi una di quelle fasi rivoluzionarie che hanno segnato i destini dell’umanità, paragonabile all’invenzione della scrittura (cinquemila anni fa) o della stampa (più di cinquecento anni fa). Dobbiamo avvalerci di questa potenzialità straordinaria, volgerla a nostro beneficio. Senza trionfalismi digitalisti, nessuno può credere che l’avvento di internet segna l’alba radiosa nella vita di tutti. Le tecnologie sofisticate possono migliorare o distruggere l’esistenza di miliardi di persone, dipende dall’uso che se ne fa. Accade sempre così.
False notizie hanno avuto circolazione amplissima molto prima di internet, la gente le trasmetteva (e le trasmette ancor oggi) nei modi più vari. Alcuni credono che lo sbarco sulla luna non è mai avvenuto, che ci sono i coccodrilli nelle fogne di Roma, che John Lennon è vivo e vegeto in qualche angolo della terra, che una dipendente della Crusca si fa pagare per inserire nei vocabolari neologismi inaccettabili, ecc. Tutto sommato poco male se ci si limitasse a questo, il mondo è pieno di creduloni, ognuno può credere quel che vuole, purché si resti nel perimetro dell’ individualità.
Le bufale sono sempre esistite. Ed è sempre esistita la volontà dell’uomo di trarre profitto dalla dabbenaggine o dai pregiudizi altrui. I guai si affacciano quando qualcuno diffonde ad arte notizie false per trarne vantaggi personali, commerciali o politici. Anche in quest’ultimo campo, la pratica ha radici antiche, non nasce oggi. Ottaviano Augusto, fondatore dell’impero di Roma, fece circolare la finta notizia secondo la quale Antonio, rivale e nemico, intendeva nominare eredi i tre figli avuti da Cleopatra, regina d’Egitto. Augusto portò così dalla sua parte popolo e senato che non tolleravano l’idea di una progenie straniera ai vertici della società romana. Per giustificare l’antisemitismo, ai primi del Novecento furono costruiti ad arte «I Protocolli dei Savi Anziani di Sion», che descrivevano il grandioso piano per la conquista del potere mondiale (attraverso il controllo di finanza, stampa, economia, esercito e cultura) che gli ebrei avrebbero messo a punto in riunioni segretissime. Dai pogrom russi al Mein Kampf ai lager nazisti, fino a manifestazioni più recenti che si registrano qua e là, i Protocolli sono utilizzati per fomentare disprezzo e odio nei confronti del popolo ebraico. Durante l’ultima campagna elettorale americana Trump ha fatto circolare la notizia secondo la quale milioni di persone avrebbero votato nelle elezioni del 2016 senza averne diritto. E ne ha tratto benefici elettorali.
È sempre esistito un pubblico impreparato a gestire le informazioni circolanti. Torna in campo una questione eterna. Molti hanno difficoltà di distinguere il vero dal falso. L’ostacolo può essere superato riflettendo sui contenuti e sui meccanismi alla base delle informazioni e sugli scopi di chi le propaga. Nella vita di tutti i giorni alcuni prestano attenzione alla qualità di quello che scelgono: comprano alimenti locali e di stagione, senza olio di palma, bevono acqua minerale con poco sodio, badano alla quantità di grassi presenti nei cibi, si informano sulle componenti di cosmetici, creme, shampoo (niente siliconi, niente parabeni), si accertano che non ci sia sfruttamento di lavoratori (specie minori), ecc. Altri sono indifferenti a tutto ciò, preferiscono cibo spazzatura e alimenti fuori stagione (artefatti e più cari), sono disinteressati alle componenti e alla provenienza dei prodotti. Non si chiedono se suggerimenti e dichiarazioni nascondono interessi particolari.
Non giudico, descrivo quello che è sotto gli occhi di tutti. Incontrollata, cresce l’irrazionalità. Nell’occidente che ha prodotto l’illuminismo. Di fronte all’obbligo di vaccinare i propri figli per mettere al riparo la popolazione infantile dal rischio che si ripresentino malattie che avevamo debellato molti genitori reagiscono con il rifiuto, incuranti degli ammonimenti che lancia la comunità scientifica. Ma la salute collettiva non può essere posposta a scelte di singoli che inseguono sirene insensate. Incredulo, lessi un paio d’anni fa la dichiarazione di un importante politico regionale che riteneva la xylella un complotto (ma di chi, a che scopo?). Oggi quel politico pare aver cambiato idea, finalmente ha capito, è necessario agire. Lui ha capito, ma non tutti. Con colpevole ritardo, dopo che l’infezione sta mutando il paesaggio storico del Salento e provocando enormi danni economici, solo grazie all’intervento dell’Europa si tentano soluzioni operative. E trovo singolare che, di fronte a proposte (caute, problematiche) che vengono dalla ricerca scientifica, vari sindaci del territorio (non quello di Lecce, per fortuna) oppongano proprie ordinanze di sapore politico. Senza entrare nel merito. Demagogia e improvvisazione contro la scienza (prudente), così vanno le cose.
Esiste una strada che ci orienti nella complicata situazione che viviamo? Esiste, è la filologia. Non stupitevi, sì, la filologia, la scienza che offre gli strumenti intellettuali per analizzare testi e affermazioni, del passato e del presente, allo scopo di discriminare il vero dal falso, accostandoci il più che sia possibile alla verità. La cosiddetta Donazione di Costantino è un documento apocrifo, un falso editto dell’imperatore Costantino I contenente concessioni al potere della Chiesa di Roma. Quel falso fu utilizzato per secoli allo scopo di giustificare la nascita del potere temporale dei papi. Nel 1517 il filologo umanista Lorenzo Valla pubblicò la De falso credita et ementita Constantini donatione declamatio (Discorso sulla donazione di Costantino, contraffatta e falsamente ritenuta vera). Esaminando punto per punto il documento, con analisi linguistica e con argomentazioni di tipo storico, Valla dimostrò che l’atto era un falso della cancelleria pontificia, mettendo così in crisi un privilegio storico della Chiesa. Con la filologia smascherò menzogna e truffa che resistevano da secoli.
Di fronte alle mille possibili bufale che ci propongono ogni giorno, seguiamo quell’esempio. Usiamo la filologia. Usiamo il cervello.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, domenica 3 giugno 2018]