di Ferdinando Boero
Cinquant’anni fa, nel 1968, avevo 17 anni e, al liceo, mi battevo contro la meritocrazia, i voti. Li ritenevo di destra, classisti. Forse perché i miei voti erano bassi e sono stato bocciato due volte. In effetti non mi piaceva imparare (spesso a memoria) una marea di nozioni per me insulse, e vedere il mio “merito” valutato su quanto fossi in grado di diventare un docile robot in grado di memorizzarle.
Continuo a pensare nello stesso modo (memorizzare insulse nozioni ed esser valutato per l’abilità nel farlo non è una buona misura di merito) ma ho cambiato idea sulla meritocrazia. L’articolo di ieri di Tomaso Patarnello riporta una reazione di Marco Rizzo, del Partito Comunista, a un suo appello a favore della meritocrazia. La risposta è simile alle mie posizioni di 50 anni fa. La meritocrazia è ancora vista come un ostacolo per chi “non se lo può permettere”, un’ingiustizia.
Poi mi viene in mente l’articolo 34 della Costituzione:
La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.
Capaci e meritevoli. E alle borse di studio si accede per concorso. Un concorso, evidentemente, teso a valutare capacità e merito, in modo che siano i capaci e i meritevoli a raggiungere i più alti gradi degli studi.
Quando arrivai all’università qualcuno invocò il 18 politico. Dove si era mai visto che il professore giudicasse lo studente? Era un modello oppressivo. Tutti gli studenti hanno il diritto di passare gli esami! L’esame teso a valutare le loro capacità e il loro merito è una forma di oppressione capitalista! Anzi, fascista. Il bello è che questi principi sono stati pienamente recepiti. Se gli studenti non superano tutti l’esame (e quindi almeno con 18) significa che il docente non è bravo. E la sua università viene penalizzata se boccia i cosiddetti ciucci! Il che significa 18 politico. Chi non si adegua, e boccia i ciucci, viene richiamato perché danneggia l’università. Col numero chiuso, però, si devono superare prove d’accesso basate sul più bieco nozionismo.
Ovviamente i ricchi mandano i figli in ottime università, anche all’estero. Mentre chi non se lo può permettere li manda a seguire corsi sempre più scadenti, quelli col 18 politico.
Cosa è rivoluzionario? Io credo che sia rivoluzionario fornire a tutti gli studenti la possibilità di accedere all’università, e che sia altrettanto rivoluzionario promuovere solo chi lo merita. Differenziando i voti di esame e di laurea. Prima si laureava solo il 10, 20% degli iscritti al primo anno, a seconda dei corsi di laurea, mentre ora, con le triennali, si laureano tutti. Non c’erano prove di ammissione, la selezione (altra brutta parola) avveniva durante il percorso degli studi. La meritocrazia si misura solo nelle prove di ammissione. Ma ora sono giudicati gli atenei, per la ricerca scientifica, e ci si lamenta se non tutti sono valutati bene. Uno scandalo: si vogliono distinguere le università di serie A da quelle di serie B! Uno scandalo! E già: le università sono tutte uguali, vero?
Solo la meritocrazia rappresenta una garanzia per i più deboli. L’ho capito una volta finita l’università.
Quando mi laureai (con lode), nel 1976, capii immediatamente di non avere molte possibilità di intraprendere la carriera universitaria. Figlio di portuale, non avevo alcuna entratura “giusta”. Mi piaceva molto la biologia marina, volevo continuare. A quell’epoca cominciai a avvicinarmi alla musica e al pensiero di Frank Zappa e mi colpì questa frase: Non fermarti mai fino a quando il tuo buono diventa meglio, e il tuo meglio diventa il meglio.
Ecco cosa devo fare, mi dissi. Se esistono possibilità che qualche concorso possa essere “giusto”, bene, io devo essere pronto a meritare di vincere, perché devo essere il più capace e il più meritevole tra i concorrenti. Senza rendermene conto avevo cambiato idea. Vinsi il concorso a professore associato. Tutti quelli con santi in paradiso restarono nelle loro università e io fui mandato dove non voleva andare nessuno: Lecce. In commissione c’era anche Danilo Mainardi, il famoso zoologo della televisione. Dopo tanti anni gli chiesi come mai mi avevano promosso, visto che non avevo alcuna raccomandazione. Beh, caro Nando, mi disse, dopo aver promosso tutti quelli con un padrino, alla fine è rimasto un posto e abbiamo deciso di darlo al candidato migliore…
Ora, la meritocrazia è di destra o è di sinistra? Mah. Per me sarebbe come chiedere se la salute è di destra o di sinistra. Che domande sono? Se dovete farvi operare vi informate, no? Volete sapere chi è il chirurgo migliore, chiedete referenze, valutate. Ne volete uno che sia stato giudicato in modo ferreo, durante il suo percorso universitario, e volete sapere come se la cava, quante operazioni ha fatto, quale è la percentuale di successo. Tutti fanno questo, sia quelli di destra sia quelli di sinistra. Valutano il merito, e vogliono il meglio. Credo che lo faccia anche Marco Rizzo, che parla dell’ingiustizia nel classificare le università in serie A o in serie B. Tutte uguali! Ma lo vorrei vedere, se dovesse essere operato, se considererebbe tutti uguali gli ospedali. Premiare capacità e merito fa parte dei dettami costituzionali. Una Costituzione scritta anche da molti comunisti dei quali Marco Rizzo è un epigono; ma non mi sentirei di dire che la meritocrazia sia di sinistra, per questo. Ci potrebbero essere modalità di destra o di sinistra nel metterla in pratica, a seconda di come viene valutato il merito. Ma il principio rimane ed è, per me, assoluto. Chi pensa che gli incapaci e i non meritevoli siano da premiare quanto i capaci e i meritevoli è probabilmente un incapace e un non meritevole che, comunque, pretenderà di essere assistito da personale capace e meritevole, quando avrà bisogno di cure.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, mercoledì 6 marzo 2018]