di Gianluca Virgilio
A venticinque anni dalla prima edizione (1992), la casa editrice Raffaello Cortina di Milano ripubblica una nuova edizione ampliata di Nostalgia. Storia di un sentimento, a cura di Antonio Prete, che costituisce per noi un’occasione non tanto per fare il punto sugli studi dello scrittore salentino, il che eccederebbe la misura di un articolo di giornale, ma almeno per comprendere il ruolo che ha questo libro nel suo percorso saggistico.
Diciamo subito, allora, in che cosa consistano gli ampliamenti: innanzitutto, la Premessa alla nuova edizione (pp. VII-VIII); poi, nella sezione Descrizione della malattia, alcune pagine del medico svizzero Samuel August Tissot (pp. 71-78) e di Johann Georg Zimmermann (pp. 79-81); infine, la giunta più significativa, ovvero il nuovo saggio del curatore dal titolo Nostalgia e poesia (pp. 165-195), posto a chiusura del libro, pendant ideale del saggio del ’92, L’assedio della lontananza (ristampato in apertura). Segue, aggiornata, la bibliografia e le notizie essenziali sugli autori dell’antologia (pp. 197-203).
Nostalgia e poesia è un ottimo excursus sul tema, indagato per brevi saggi nella poesia di autori da Dante a Luzi, passando per Leopardi, Palazzeschi, Ungaretti, Montale e Caproni (innumerevoli sono i richiami ai poeti della letteratura europea, in primis Baudelaire), ma è anche per noi il saggio rivelatore, in cui Prete fissa il senso preciso che occorre attribuire alla nostalgia come tema privilegiato della riflessione poetica: “Il tempo, in effetti, il tempo con le sue rovine, con il suo precipitare nel mai più, nel gelo del non ritorno, è non solo un campo di descrizione della poesia, ma è la terra dove prende respiro l’esperienza di una trasformazione messa in opera dal linguaggio: quel che è finito torna ad avere una nuova presenza, quel che è vinto dalla sparizione torna a mostrarsi come vivente, quel che è perduto ritrova una sua figurazione.”(p. 165) La poesia è, dunque, la miglior cura della nostalgia, essa lenisce il dolore e ne fa materia di canto; attraverso il linguaggio poetico, infatti, il mai più è vinto come vinta è l’irreversibilità del tempo che rende la nostalgia così dolorosa.
Nostalgia-poesia: appare chiaro a questo punto il posto che nel lavoro saggistico (e non solo) di Prete occupa Nostalgia, che a me pare assolutamente centrale, poiché è da questo centro che si irradiano nelle più impensate direzioni i raggi della sua opera. Sorvolo sulle ricerche e traduzioni che riguardano numerosissimi autori della letteratura europea, per focalizzare l’attenzione sugli ultimi saggi, dal Trattato della lontananza (2008) a All’ombra dell’altra lingua. Per una poetica della traduzione (2011) a Compassione. Storia di un sentimento (2013) fino a Il cielo nascosto. Grammatica dell’interiorità (2016), saggi che a me paiono scaturire tutti da una medesima sorgente (il sentimento della nostalgia) e avere, pertanto, nel loro insieme, una complessità e compattezza di significato che la riproposizione di Nostalgia pienamente rivela. Non c’è lontananza, infatti, senza nostalgia, e non c’è traduzione senza una volontà decisa di vincere la nostalgia riportando nella lingua materna (figura del ritorno a casa) quanto si è appreso nell’ “altra lingua”, all’ombra della quale, fortuna o necessità ci ha posti; e così ancora dalla nostalgia si dipana il tema del dolore che da dolore per il mancato ritorno (nostos) si fa dolore universale, alla maniera leopardiana, cui solo la compassione può porre rimedio; a questo punto, ecco aprirsi il campo senza limite dell’interiorità, il cielo nascosto, di cui Prete studia la grammatica; ma tutto, ancora una volta, ha inizio dalla nostalgia, questo sentimento che sembra la porta d’accesso all’interiorità, ossia all’autentico, al naturale, precedente rispetto ad ogni manipolazione con cui l’esteriorità ha rivestito l’uomo fino a renderlo irriconoscibile, inumano. Si comprende meglio ora come dal sentimento della nostalgia sia scaturito anche il libro Prosodia della natura. Frammenti di una fisica poetica (1993), il libro del ritorno alla natura; un ritorno apparentemente impossibile, ma non per la poesia, dal momento che, come già allora Prete scriveva: “La natura è la poesia”.
Vorrei salutare, dunque, la ristampa ampliata di Nostalgia come la riproposizione di quel nucleo di pensiero da cui è germinata l’intera opera saggistica di Prete; ed anche –aggiungo- il suo lavoro di traduttore, narratore e poeta, accanto al quale l’opera saggistica altro non è che l’esposizione della sua poetica (da intendere alla maniera di Luciano Anceschi, come la riflessione del poeta sulla propria poesia). La nostalgia è al principio di tutto, ed è bene che ora ad essa si ritorni, non certo per chiudere il cerchio di un diuturno lavoro, ma per segnalare quanto proficuo esso sia stato e ancora promette di essere: “Il nostos – conclude Prete – è solo l’orizzonte che invita a una conoscenza di sé, del proprio essere in cammino, del proprio cercare” (p. 195). Come ogni orizzonte, anche il nostos si allontana man mano che si avanza verso di esso, risultando irraggiungibile, ma aprendo al tempo stesso nuovi paesaggi e nuove visioni. Pertanto, con il ritorno di Nostalgia nessun cerchio si chiude, ma certo da qui si riparte per l’inesauribile cammino nelle terre feconde dell’interiorità.