di Ferdinando Boero
Dopo l’Area Marina Protetta di Torre Guaceto (istituita nel 1991) e quella di Porto Cesareo (1997), l’istituzione di un’AMP nel tratto di costa tra Otranto e Santa Maria di Leuca riconosce quasi pienamente la valenza del mare del grande Salento, a livello nazionale. “Quasi” perché gran parte del mare salentino merita grande, grandissima attenzione. Pietro Parenzan (al quale è dedicato il Museo di Biologia Marina di Porto Cesareo) è stato il pioniere della valorizzazione del mare pugliese, fin dagli anni Cinquanta. Il Museo è stato il primo nucleo di quello che in seguito diventò il Dipartimento di Biologia dell’Università di Lecce, ora Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche e Ambientali dell’Università del Salento. Nel corso di innumerevoli progetti finanziati da Comuni costieri, Provincia di Lecce, Regione Puglia, Ministeri, Fondazioni varie, e Unione Europea, il gruppo di ricercatori marini dell’Università del Salento ha prodotto una rilevante conoscenza sul mare salentino, e i “decisori” hanno utilizzato questa conoscenza per attuare azioni per la salvaguardia di questo mare. La mappatura dei fondali marini ha permesso di ricostruire la mappatura degli habitat, con anche l’esplorazione delle grotte marine da parte del Prof. Genuario Belmonte, e la definizione di piani di gestione ottimale dello spazio marino da parte della Prof. Simonetta Fraschetti. La formazione presso l’Università del Salento ha indirizzato alle scienze marine chi ora lavora in quelle AMP. Il Comune di Tricase, assieme all’Istituto Agronomico del Mediterraneo e all’Associazione Magna Grecia Mare ha realizzato Avamposto Mare, un magnifico laboratorio marino, direttamente sulla costa, a metà strada tra Otranto e Leuca, dove il Laboratorio di Zoologia e Biologia Marina dell’Università del Salento svolge attività di ricerca e di didattica, nell’ambito del corso di laurea magistrale Coastal and Marine Biology and Ecology, il primo corso di biologia marina completamente in inglese dell’Italia intera.
Tutti i Comuni coinvolti sono già attivi nel parco terrestre ed esiste una “cultura condivisa” che ha compreso in pieno i vantaggi della valorizzazione ambientale. Quel tratto di costa è tra i più belli e significativi d’Italia, e ha tutti i requisiti per diventare un polo di attrazione turistica a livello mondiale. I centri abitati dell’interno, e la costa quasi completamente “naturale” offrono la possibilità di accogliere un turismo attento alla cultura e all’ambiente, desideroso di vivere il posto per quello che è, e non per gli alberghi e le “infrastrutture” che offre. Niente feste sulle spiagge, nel martellare degli altoparlanti. È possibile un altro tipo di turismo.
Il marchio di “parco nazionale” (le AMP sono parchi nazionali) garantisce una qualità che va difesa, gestita, valorizzata. La conoscenza deve coniugarsi con la valorizzazione, e non a caso l’Università del Salento ha lanciato un corso di laurea per formare gestori del turismo. Per non cadere nel pressapochismo, nell’improvvisazione, e nell’ansia di sviluppo che, alla fine, degrada il patrimonio naturale e culturale, devastandolo con “infrastrutture” che deturpano quel che si vorrebbe valorizzare. L’unica infrastruttura che mi piacerebbe veder realizzata in questo tratto di costa è un sentiero pedonale da Otranto a Leuca. Da percorrere e godere tutto l’anno, visto che il panorama cambia con le stagioni. Un’offerta incomparabile, se promossa e organizzata adeguatamente. Diversi tratti già esistono, si tratta di raccordarli tra loro e con l’interno.
Il ruolo dell’Università del Salento è stato determinante nel successo di queste iniziative. Chi accusa l’Università di essere autoreferenziale e chiusa ai rapporti “con il territorio” deve ricredersi, in questo caso.
Non ci possiamo fermare qui. Il prossimo obiettivo è il Santuario dei Cetacei del Mar Ionio, con Malta e Grecia. Il canyon di Taranto arriva dalla costa italiana fino alle massime profondità del Mediterraneo, di fronte alla Grecia. E genera un sistema ecologico paragonabile a quello del Santuario dei Cetacei del Mar Ligure con, in più, i coralli bianchi di Leuca, una barriera corallina a 500 m di profondità.
Un mare dove sono pianificate prima prospezioni e poi trivellazioni per estrarre combustibili fossili. Un oltraggio a uno dei posti più significativi dell’intero Mediterraneo, al quale bisogna dire un NO deciso.
Le battaglie in difesa dell’ambiente, frutto di decenni di lavoro scientifico, hanno avuto molti successi, dal bando della pesca dei datteri di mare all’istituzione delle Aree Marine Protette. Spesso a fianco di associazioni come WWF, Lega Ambiente, Marevivo, Italia Nostra, Lega Navale. Ma non basta ancora. La conversione ecologica invocata da Francesco nella sua Laudato Sì è attuata solo parzialmente e, a volte, si traduce in iniziative velleitarie e prive di sostanza, dove impera il NO a tutto, che gettano discredito su chi lavora, e sono tanti, per inserire la natura in una cultura snaturata.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, giovedì 7 dicembre 2017]