Gli animali provano qualcosa?

di Ferdinando Boero

Gli animali provano qualcosa? I media di tutto il mondo riportano una votazione del Parlamento britannico che, apparentemente, lo nega. La questione è più complicata di così e riguarda l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea e il non riconoscimento delle leggi comunitarie sul benessere animale. Gli avanzamenti in questo campo sono stati fatti principalmente a livello europeo e gli stati membri non han fatto altro che prenderne atto. Ora il Regno Unito pare non avere la volontà di riconoscere che gli animali provino qualcosa. Sembra che una parte dei cittadini britannici non gradisca il divieto di cavalcare in campagna indossando una giacca rossa mentre una muta di cani insegue una volpe che, alla fine, sarà sbranata sotto gli occhi compiaciuti dei cavalieri.

Ha paura la volpe? Sente male mentre i cani la sbranano?

Il voto del Parlamento britannico sembra negarlo. Ripeto, la faccenda è più complessa di questo ma anche il modo di percepire le cose è importante, e la percezione è questa. Di mestiere faccio lo zoologo, un pochino di queste cose ne so. Gli animali, con l’eccezione delle spugne, hanno una caratteristica basilare che li differenzia da tutti gli altri viventi: il sistema nervoso. Questo permette loro di percepire stimoli e di agire di conseguenza. Anche altri viventi sono in grado di farlo, ma gli animali lo fanno più rapidamente e in modo più efficace. Gli stimoli negativi, causati da agenti che possono danneggiarci, sono essenziali per la sopravvivenza individuale. Per stimolo negativo si intende, di solito, il dolore. Provare dolore è importantissimo. Se afferro un oggetto rovente sento dolore, e immediatamente mollo la presa. Se non sentissi dolore danneggerei i miei tessuti, ustionandomi. Il dolore serve. Tutti gli animali sono dotati di sensibilità al dolore e tendono ad allontanarsi da quel che li danneggia. Questo significa che provano paura?

Qui entriamo in un campo dove le cose si complicano. Animali è una parola troppo generica. Un moscerino, un lombrico, un verme solitario che vive nell’intestino di un ospite, uno squalo, un loricifero, un gabbiano, un cane, un bambino… sono tutti animali. Ma cosa è un loricifero?… si domanderanno i più. L’ignoranza zoologica è enorme. Se diciamo “animali” ci vengono di solito in mente i vertebrati e, quasi invariabilmente, i mammiferi: gli animali che ci sono familiari. In effetti le leggi sul benessere animale considerano molto di più che i soli mammiferi “carini” e se si vogliono fare esperimenti su animali bisogna rispettare norme severissime che arrivano a considerare anche i polpi, per esempio. O i ratti. Li eliminiamo con veleni potenti, ma ci preoccupiamo di loro nel caso siano usati per testare un farmaco. Giustamente. Un animale maltrattato potrebbe avere alterazioni del proprio stato di salute non a seguito dell’assunzione di un medicinale, ma per altri tipi di maltrattamento. Non possiamo sapere se una medicina “fa male” se ci sono altre cose che “fanno male” e che interagiscono con essa.

Ma torniamo alla democrazia e alla scienza. Poco importa che la stragrande maggioranza della gente pensi una cosa (tipo: la terra è piatta, gli animali non provano dolore e non soffrono). Se la scienza dimostra il contrario, ha ragione la scienza. Gli animali sono equipaggiati per percepire stimoli e per reagire ad essi. Ce lo dice la scienza, l’unica modalità di produzione della conoscenza che abbiamo evoluto. La politica dovrebbe usare con saggezza la conoscenza prodotta dalla scienza. Se non lo fa, la democrazia diventa un abuso. La maggioranza vince, ma non è detto che abbia ragione! Non mi importa quanti siano quelli che, senza basi scientifiche, sono convinti di qualcosa. Non bastano le loro mani alzate a farmi cambiare idea. Ci vuole ben altro. E non mi illudo che possano cambiare idea a seguito di ragionamenti. Chi la pensa in un certo modo, e disprezza la scienza, non cambia idea. Non ci sono alternative alla scienza, per capire il mondo. Se neghiamo il suo valore passiamo alla superstizione. Gli scienziati, ovviamente, possono avere torto e, di mestiere, si confrontano e cercano di eliminare l’ignoranza, compresa la propria. Chi mi convince del mio torto mi fa un favore. Mi permette di cambiare idea e di avere la ragione che pensavo di avere e che non avevo. Ci riesce solo se mi propone spiegazioni migliori delle mie.

I parlamentari britannici si sono espressi contro la scienza, negandone la validità in base ad una convinzione senza alcuna base scientifica. Quando succedono queste cose la democrazia diventa un problema. Pur priva di conoscenza, una maggioranza ignorante riuscirà a imporre la propria visione del mondo, democraticamente. Prima gli ignoranti si vergognavano, ora si vantano di non essere “scienziati” e si sostengono reciprocamente, forti della massa del branco.

Tira una brutta aria per le volpi, e anche per la scienza. Ci siamo già passati, e ci passeremo ancora. Rimane aperta la questione di come confrontarsi con chi rifiuta la conoscenza e il confronto delle idee. Mark Twain fece una proposta operativa: non discutere mai con un idiota, ti trascinerà al suo livello e poi ti batterà con l’esperienza.

Un gruppo di ignoranti organizzati, magari in un parlamento, può arrivare a impedire il confronto e a imporre una visione del mondo priva di basi scientifiche.

Mark Twain ha torto. La terapia a questo male non ha scorciatoie, si chiama cultura. E, in democrazia, la cultura non può essere in mano alle elites, visto che non sono le elites ad avere la maggioranza. La cultura deve diventare patrimonio comune. In Italia, la scienza non ha grande reputazione come forma di cultura, da sempre. Basta guardare i programmi della scuola. Di solito l’aveva nel Regno Unito, ma pare che la stia perdendo.

Resistere, resistere, resistere. Senza paura di procedere in direzione ostinata e contraria, ma correndo il rischio di discutere anche con gli idioti. Inutile avere ragione se non si riesce a farla valere.

[“Nuovo Quotidiano di Puglia” di martedì 28 novembre 2017]

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