di Ferdinando Boero
Macron e Merkel partecipano in prima persona a COP 23 a testimoniare l’impegno politico del loro paese nei confronti dei problemi ambientali che affliggono il pianeta. Sui giornali di tutto il mondo ha fatto notizia per un giorno l’appello di 15.000 scienziati per chiedere maggiore attenzione allo stato del pianeta. Non è una novità. Il Pontefice ha scritto un’Enciclica sull’argomento, chiedendo la conversione ecologica.
In Italia la questione non rientra nell’agenda di alcun partito o movimento. Trump, poi, nega i problemi climatici e autorizza i trofei da animali come l’elefante.
Anche nei paesi sensibili, dopo pochi giorni la questione passa in secondo piano, poi si dimentica. Arrivano altre notizie e la cronaca prevale sulla storia. Mica si può continuare ogni giorno a parlare del pianeta! Qualcuno ci sta già suggerendo di colonizzare altri pianeti, una volta rovinato questo!
Nel nostro paese la cosiddetta “gente”, il “popolo”, come si pone di fronte alla questione? Qualcuno è molto preoccupato, ma i più sono indifferenti. Non è ignorando il problema che si trova la soluzione. La democrazia rappresentativa prevede che il “popolo” invii al parlamento, e poi al governo, i propri rappresentanti e che li scelga in base alle competenze. Non possiamo mettere incompetenti ad amministrare la sanità, l’ambiente, l’economia, l’istruzione. Non esiste medicina “democratica”: ci affidiamo a chi ne sa di più della maggioranza della popolazione: i medici. Non c’è democrazia nel pilotare un aereo. Bisogna aver acquisito determinate competenze, altrimenti l’aereo precipita. Ma le competenze non bastano: abbiamo visto che i “tecnici” non sono molto portati a governare. I tecnici devono fornire la conoscenza. I politici devono usare la conoscenza dei tecnici con qualcosa di differente: la saggezza. Ma non possono essere saggi se rifiutano la conoscenza.
L’ambiente è in pericolo. Bene, lo sappiamo. E ora? I tecnici, quelli che forniscono la conoscenza, hanno spiegato come stanno le cose. Ora tocca ai politici impiegare la loro saggezza. Cosa propongono per far fronte a questa situazione? Alcuni si muovono a parole, ma quali piani, quali fatti sono previsti per rispondere a chi mette a disposizione queste conoscenze?
I partiti di ispirazione cristiana non hanno messo al primo posto, nelle proprie agende, il messaggio papale che chiede la conversione ecologica. Figuriamoci se i laici ascolteranno gli scienziati! Il “popolo” non pare molto sensibile alla questione. I media la ignorano.
Sono uno dei quindicimila che hanno firmato l’appello alla salvaguardia della casa comune, prima che sia troppo tardi. Non so bene cosa poter fare, ora. Forse dovrei passare alla politica, ma è un mondo alieno, popolato da esseri con cui fatico a discutere. Temo che perderei il mio tempo e non troverei molti altri disposti ad impegnarsi su questo.
La soluzione non è nei politici, ma nelle persone che scelgono i politici. Gli adulti sono perduti, oramai. Non acquisteranno una cultura e una sensibilità che non hanno. Sono stati educati ad altri valori: nella scuola la natura non trova posto. Bisogna puntare sulle nuove generazioni, ridisegnando i percorsi scolastici, dando importanza alle cose che meritano importanza. Ma chi decide cosa insegnare a scuola è anziano, e non capisce, non ha gli strumenti per capire, visto che deriva da una formazione in cui la natura non trova posto. Forse davvero non c’è niente da fare. Siamo destinati a distruggere le premesse per la nostra sopravvivenza, incuranti della consapevolezza che lo stiamo facendo.
Noi “scienziati”, comunque, non ci arrendiamo e continuiamo a mettere in guardia. Se non altro per non sentirci dire, quando sarà troppo tardi: come mai non ci avete avvertito?
La NASA, intanto, esplora lo spazio per trovare pianeti dove poterci trasferire. Così andremo a distruggere anche quelli.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia” di sabato 18 novembre 2017]
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Quindicimila scienziati avvertono che lo stato del pianeta è critico e che le condizioni per la nostra sopravvivenza stanno venendo meno.
La scienza ha il compito di produrre conoscenza. La politica ha il compito di usarla con saggezza. Pare che la Natura non sia nell’agenda politica di alcun partito o movimento. Sono uno di quei quindicimila firmatari. Non sono un politico ma se lo fossi risponderei agli scienziati con proposte concrete. Eccole:
1 – Mettere la natura nei programmi scolastici. Non quell’1-2% attuale. Non si possono creare cittadini (e politici) consapevoli se mancano le conoscenze.
2 – Riconvertire l’economia internalizzando nelle analisi costi-benefici la distruzione del capitale naturale. Ora la natura viene considerata un’esternalità: è fuori dalle analisi costi-benefici. Il capitale naturale è più importante del capitale economico e finanziario. L’ultima parola sulla sostenibilità spetta a chi produce conoscenza sull’ambiente.
3 – Sviluppare la ricerca tecnologica per abbandonare i combustibili fossili e per produrre energia solo da fonti rinnovabili.
4 – Aumentare l’efficienza dei processi produttivi, in modo da diminuire gli sprechi: efficienza energetica, efficienza alimentare, efficienza abitativa.
5 – Fermare la bomba demografica. La popolazione europea, con il benessere, ha responsabilmente smesso di crescere. Le popolazioni dei paesi svantaggiati crescono esponenzialmente. Se raggiungeranno benessere e istruzione (soprattutto alle donne) smetteranno di crescere. La popolazione umana non può crescere all’infinito. Siamo diventati ricchi usando le risorse dei poveri. Parte della nostra ricchezza deve tornare a loro.
6 – Migliorare le tecnologie per produrre cibo in modo sostenibile. Abbiamo convertito all’agricoltura gran parte dei sistemi terrestri, con un’enorme erosione della biodiversità. Se utilizzata in modo razionale, la biodiversità marina, che si rinnova più rapidamente di quella terrestre, può sostenere buona parte del nostro peso ecologico. A patto che smettiamo di crescere numericamente. Se cinesi e indiani dovessero alzare il loro livello alimentare, passando da erbivori (riso) a carnivori (carne) il pianeta collasserebbe in poco tempo. Loro devono restare lì, ma noi non possiamo continuare a mangiare carne. Possiamo mangiare pesci pescati in modo responsabile ma, soprattutto, dobbiamo mangiare piante.
La lista non finisce qui, ma già questo potrebbe iniziare un’inversione di tendenza.
Non ho considerato la medicina. Inutile avere umani sani se l’ambiente è malato. La gente deve vivere bene perché vive in un ambiente sano. Vivere a forza di medicine in un ambiente malato non è una soluzione, si curano i sintomi e non si rimuovono le cause.
Ultima raccomandazione: l’Italia deve creare un Istituto Nazionale di Ricerca sugli Ecosistemi e la Biodiversità, con una sezione marina di grande rilievo (abbiamo 8.500 km di coste). Va benissimo lo Human Technopole, e le varie Agenzie e Istituti dedicati allo spazio e alla fisica delle particelle. Si deve spendere altrettanto sull’ambiente. È il problema numero uno, e invece non è in alcuna agenda.
Quanti voterebbero un partito con questo programma? Ve lo dico io: pochi. Il motivo è nella proposta numero 1: se non c’è la Natura nella nostra Cultura, non capiremo mai quali sono le priorità. La scienza continua ad avvertire, e continua a restare inascoltata
[“Il Secolo XIX” di sabato 18 novembre 2917]