L’ambientalismo è razionalità

di Ferdinando Boero

Le giravolte sul gasdotto transadriatico (TAP) continuano, con repentini cambi di posizione, sempre più a favore dell’opera. Sconfitta dell’ambientalismo? O trionfo della razionalità? Una dicotomia che mi piace poco. L’ambientalismo è razionalità. Abbiamo distrutto l’ambiente in nome del “progresso” e chi ha chiesto di considerare anche i costi ambientali di ogni tipo di “crescita” è stato accusato di oscurantismo. Sin dai tempi della Scuola di Roma e del famosissimo (ma troppo poco ascoltato e letto) libro sui Limiti dello Sviluppo, gli ambientalisti sono stati chiamati Cassandre da chi predicava la crescita infinita tralasciando il piccolo dettaglio che il nostro pianeta è “finito”. In nome di una crescita “oggi” abbiamo bruciato le risorse di “domani”, quelle dei nostri figli e nipoti. Domani è oggi: i nostri figli non trovano lavoro. E non generano i nostri nipoti. Dobbiamo rivedere le priorità.

Che c’entra questo con il gas? C’entra. Il metano ti dà una mano… diceva uno slogan quando fu lanciata la metanizzazione dei sistemi di riscaldamento e di cottura. Noi ci riscaldiamo e cuociamo i nostri cibi con il gas. I francesi no, loro lo fanno con il nucleare, attraverso l’elettricità. Non hanno una centrale in casa, ma i loro fornelli elettrici sono alimentati da centrali nucleari.

Chi è stato più lungimirante? Ora le centrali nucleari francesi sono arrivate alla fine del loro ciclo di vita e non è ben chiaro quali saranno i costi e i modi della loro dismissione. Un dettaglio a cui non avevano pensato quarant’anni fa, quando decisero di costruire tutte quelle centrali. 

Il gas è la fonte non rinnovabile più pulita che ci sia. Abbiamo fatto bene noi. E la FIAT, o come si chiama ora, non punta sull’elettrico ma sul metano (il gas) per il semplice ragionamento che un’auto elettrica che prende elettricità da una centrale a carbone è un’auto a carbone, e se la prende da un impianto nucleare è un’auto nucleare. Meglio il gas. E se l’elettricità si produce con il gas, un’auto a gas è come un’auto elettrica!

Nel breve e medio termine la scelta è obbligata. Ma bisogna anche pensare al lungo termine. Il gas è comunque un combustibile fossile, non è una fonte rinnovabile. Inquina meno, ma inquina. E prima o poi finirà. Mentre attuiamo la transizione al gas, dobbiamo pensare a cosa lo sostituirà e la risposta è solo una: le rinnovabili. Vento, sole, correnti, maree, vulcani, e diverse altre fonti ci possono dare l’energia che ci serve. E dobbiamo usare materiali naturali eco-compatibili. Abbiamo già avuto l’esperienza della plastica, e quella dell’amianto. L’ambiente e la salute vanno messi davanti a tutto. Tra un po’ magari scopriremo le controindicazioni del grafene!

Il gas della TAP ci dovrà servire a eliminare il carbone per la produzione di energia e a sostenere la mobilità con le auto. Se fatti bene, i gasdotti non hanno grandi impatti ambientali. I benefici sono senz’altro superiori ai costi. Bisogna vigilare che siano fatti bene.

E bisogna investire moltissimo in ricerca tecnologica per le rinnovabili. Mettendole a fianco ricerca ambientale di “controllo” della sostenibilità ambientale di quel che si realizza. Gli errori del passato non devono ripetersi.

E quindi: va benissimo la TAP (lo dico da sempre, da quando nessuno lo diceva). Si usino i soldi delle cosiddette compensazioni per rinaturalizzare quel tratto di costa, per ripristinare le dune distrutte dai parcheggi, per demolire le installazioni abusive, per dare dignità al sito archeologico di Roca Vecchia, per pulire le spiagge e l’interno dalla spazzatura che viene dal mare e da quella che viene da terra, per promuovere la cultura e l’istruzione.

L’ambientalismo ha ben altri obiettivi, in Salento, che dire no a un tubo. Trivellare i fondali marini per estrarre altri combustibili fossili, per esempio, è una follia. Ed è stato pianificato. Iniziano i rilievi con sistemi ad altissimo impatto sonoro e, se si troveranno i depositi, si inizierà a trivellare. Questo è un campo di battaglia su cui l’ambientalismo si deve impegnare in tutti i modi. Usiamo il gas che viene estratto attualmente da depositi “storici” ma dobbiamo sapere che non ne dobbiamo cercare altri. Quel modo di produrre energia continuerà per trenta-cinquant’anni ma dovrà essere abbandonato. Trivellare significa pianificare di continuare così. Non è un controsenso dire sì a TAP e no alle trivellazioni (e ai rilievi preliminari). Si dice sì per poter dire no con voce ancora più alta.

La soluzione è nelle rinnovabili, ma intanto? E quindi: ora gas. Ma bisogna lavorare fin da subito per superare l’era dei combustibili fossili, incluso il gas.

I telefoni sono cambiati in modo incredibile in una decina d’anni. Nessuno (a parte Steve Jobs che lo ha realizzato) aveva previsto che tutto sarebbe passato da lì. Abbiamo rivoluzionato il mondo delle comunicazioni, della musica, del cinema, della fotografia, dell’informazione, della lettura, della scrittura, dello svago, degli acquisti. Con opportuni investimenti e con opportuni cervelli si possono realizzare rivoluzioni epocali in poco tempo. Lo possiamo fare anche con l’energia. E dobbiamo farlo persino meglio di come è stato fatto con la telefonia, pensando già ora a dove trovare i materiali, e a come riutilizzarli quando le macchine con cui si realizzano saranno obsolete.

C’è spazio per innovazione e questa non può essere lasciata nelle sole mani degli ingegneri che, per la natura della loro formazione, non ricevono una cultura ambientale. Ci vogliono ingegneri e ambientalisti, devono lavorare assieme. Gli uni per proporre tecnologie, gli altri per verificarne la sostenibilità ambientale e per direzionare gli sforzi.

Gli individui urlanti che si oppongono allo spostamento di un olivo per la posa di un tubo non sono ambientalisti e squalificano la categoria.

L’opposizione forte e dura ci deve essere per le trivellazioni in mare, per l’abusivismo, per l’uso dissennato del territorio. E lì non vedo grande fervore. Per le trivellazioni vedo solo qualche ricorso mal fatto, con argomenti da azzeccagarbugli, subito respinte, e tutto si ferma agli aspetti formali. Si sono fatte manifestazioni con urla e cariche della polizia per lo spostamento di qualche olivo, non si fanno per le trivellazioni in mare, non parliamo di abusivismo e scempi. In tutto questo, la classe politica locale si sta dimostrando coerente in una sola cosa: l’incoerenza e, lasciatemelo dire, la scarsa conoscenza (in buona o in malafede) della rilevanza del nostro operare nei confronti dell’integrità ambientale. Che poi si ergano a paladini dell’ambiente i sindaci che hanno permesso (per non dire favorito) lo scempio delle nostre coste è la ciliegina sulla torta dell’incoerenza.

[“Il Secolo XIX” di mercoledì 15 novembre 2017]

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