Per chi intende fare letteratura

di Paolo Maria Mariano

1) Perché scrivere? Scrivere è esprimere un segno che sia veicolo di un’idea. Si scrive anche appuntando su un foglietto la lista della spesa prima di andare al mercato. Qui però intendo lo scrivere in maniera da fare letteratura, scrivere per fare lo scrittore, qualunque sia il cimento: poesia, narrativa, saggistica, tenendo conto della frastagliatura e dell’evanescenza dei confini tra questi ambiti.

  • Si può scrivere per autogratificazione, per cercare la fama duratura nel tempo o la notorietà fugace di una stagione. La letteratura diventa un mezzo per urlare al mondo la propria esistenza, un mezzo come un altro, niente di più, una questione di psicologia.
  • Si può scrivere solo per guadagnare: è innegabile che il denaro aiuti concretamente il tenore di vita materiale, quello psicologico solo per il fatto di poter allontanare le ugge concrete. Allora l’obiettivo è il mercato. In questo caso bisogna catturare la più ampia fetta possibile di lettori e per questo la ricetta consigliata è figlia della notorietà: un messaggio semplice, meglio se superficiale, che catturi gli istinti e non induca alla riflessione – si ha generalmente paura di riflettere – e soprattutto non richieda preparazione culturale approfondita.
  • Si può scrivere nel tentativo di creare letteratura e intendo il fare arte. Allora la strada è complicata. Richiede talento. E il talento è di difficile rappresentazione: include la fantasia, la capacità di enucleare dall’osservazione elementi che siano universali nell’interazione degli esseri umani con il mondo, il senso del ritmo della frase, la percezione del suono delle parole e l’istinto all’eufonia, non alla cacofonia, la visione complessiva dell’architettura della narrazione. Richiede cultura. Il talento diventa solido quando si accompagna al lavoro e alla conoscenza, altrimenti può dissolversi nell’incoscienza.

In realtà in ognuno forse ci sono un po’ tutte queste motivazioni in varia misura. La questione essenziale è probabilmente solo la loro proporzione. Quanto più è prevalente quell’aspetto che ho elencato per terzo, tanto più vi è speranza che il risultato sia una letteratura di valore, quella da leggere. Poi, per chi scrive c’è il problema della pubblicazione, l’inizio di un nuovo cammino. Non discuto qui di chi scrive lasciando le proprie scritture nel cassetto: la questione meriterebbe molto più di poche frasi.

2) L’editore: tassonomia. L’editore è un impresario che ha costi e desidera guadagni. Se trovate un editore pigmalione e/o mecenate, non esitate a farmelo conoscere. I costi riguardano la stampa, la distribuzione, la promozione, il compenso all’autore. I guadagni riguardano il mercato. Un editore si misura dal modo in cui si pone riguardo questi aspetti.

  • Una scelta che l’editore può fare è quella di sfruttare la vanità e/o la necessità di chi gli propone uno scritto. Decide allora di disinteressarsi completamente della distribuzione, della promozione e del compenso dell’autore: suggerisce la confezione del libro; fa stampare da qualche stamperia; presenta il conto all’autore; consegna all’autore le copie con il florilegio di una piccola distribuzione fittizia; saluta; ricomincia il processo con qualcun altro. Chi voglia seguire questa strada fa prima ad andare da solo da uno stampatore. Sicuramente risparmia. E se non sa come si compone un libro, probabilmente non ne ha avuti in mano abbastanza e allora si informi. Il problema è poi cosa fare delle copie che si mettono in un ripostiglio. Si stampa per la distribuzione, non quella agli amici e ai familiari.
  • Un’altra scelta possibile per l’editore è quella d’interessarsi di tutti gli aspetti che gli competerebbero ma solo a fronte di una qualche sovvenzione che non deriva dall’autore e assicura almeno un guadagno minimo. Alcuni stati nazionali prevedono fondi per finanziare la traduzione in altre lingue della propria letteratura. Si tratta però di libri già pubblicati in patria. Se si ha la possibilità di accedere a forme di finanziamento è bene farlo a condizione che l’editore non deroghi alla distribuzione capillare.
  • Infine l’editore potrebbe fare il suo mestiere investendo del suo, confrontandosi con il mercato, compensando infine l’autore. Vari i modi di agire. Prima possibilità: sceglie un autore che abbia un bacino ampio di potenziali lettori. Si può trattare di uno scrittore celebrato a vario titolo (sempre che l’editore riesca ad assicurarsene i servigi) o di una persona che abbia notorietà vasta da utilizzare come traino commerciale del libro che in questo caso spesso non è scritto dal personaggio in questione. Seconda possibilità: l’editore pubblica un autore senza curarsi troppo delle vendite, sicuro che avrà un ritorno di potere di tipo politico o altro. Terza possibilità: l’editore fa il suo mestiere con tutta la dignità che il termine rappresenta. In questo caso sceglie un autore per la sua capacità di fare letteratura (ciò presume che l’editore abbia la capacità di vedere il valore), segue la costruzione del libro, anche criticando con veemenza le fasi della realizzazione, presenta il risultato sul mercato, guadagnando per la sua abilità e non per altro. Per fare questo ci vuole talento e tempo. Al talento si può sopperire cercando consulenti adeguati e tenendo presente l’utilizzo che questi ultimi possono fare del potere decisionale che è loro attribuito, favorendo i sodali. Il tempo è un problema perché bisogna guadagnare per mantenere in piedi un’azienda e l’insieme di aspiranti scrittori è veramente vasto. Per questo gli editori ricorrono sempre di più agli agenti letterari.

3) L’agente letterario. Le agenzie letterarie, che emergono da una tradizione anglosassone, dovrebbero svolgere un compito d’individuazione e di coltivazione del talento. D’altra parte, anche per fare l’agente ci vuole talento e non tutti ce l’hanno. È difficile allora prendere contatto con un agente influente esattamente com’è difficile prenderlo con un editore serio. Per sicurezza le agenzie letterarie tendono ad assegnarsi solo un compito terziario: fare da tramite per la compravendita di diritti di libri che hanno già avuto successo commerciale in altri mercati, poco altro.

Insomma, scrivere qualcosa di valore letterario richiede talento e tanta fatica. Pubblicare nella maniera adeguata implica il realizzarsi di circostanze concomitanti difficilmente prevedibili. Come fare per affrontare il cammino? Non sono uno scrittore, né un editore, né tantomeno un agente letterario. Non vi posso aiutare. O forse l’ho appena fatto.

 

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