di Ferdinando Boero
E’ uscito in questi giorni, su una rivista del gruppo Nature, la più prestigiosa e affidabile tribuna scientifica del pianeta, un articolo che dimostra come la tecnica di rilevamento con air gun danneggi in modo grave il plancton animale. È la tecnica con cui si faranno rilevamenti per cercare combustibili fossili nei nostri fondali marini. L’air gun emette impulsi sonori fortissimi, che devono penetrare nel fondo marino e vedere cosa “c’è sotto”. Il normale sonar identifica il fondo, e ce lo rimanda sullo strumento. Non penetra nel fondo. Con l’air gun si penetra nel fondo. E quanto più giù si vuole vedere, tanto più forti devono essere gli impulsi. Questi rumori danneggiano gli apparati uditivi dei cetacei: balene, capodogli, delfini. I nostri mari sono molto popolati di cetacei. Il delfino è il simbolo di Taranto e nel golfo di Taranto ci sono attività che vertono sull’accompagnare gli appassionati a vedere le balene e i delfini. Se ci sono, significa che la probabilità di incontrare cetacei è alta. Stanno bene nei mari che circondano la Puglia. Chi propone l’uso di air gun deve seguire particolari prescrizioni. Il rumore deve aumentare gradualmente, in modo da far allontanare i cetacei prima che l’intensità delle emissioni li possa danneggiare fisicamente. In questo modo i danni ai cetacei possono essere evitati (a parte quello di spingerli via da dove trovano condizioni ideali).
Il lavoro appena pubblicato mostra che queste emissioni sono dannose per il plancton. Mi direte: e allora? Se dite “e allora?” siete dilettanti di biologia ed ecologia marina. Considerate delfini e balene più importanti del plancton. Il plancton è alla base del funzionamento degli ecosistemi marini. Sono organismi di tutte le dimensioni, dai virus alle meduse gigantesche. Hanno una cosa in comune: non nuotano in modo tanto potente da contrastare le correnti. Non vanno dove vogliono, vanno dove li portano le correnti. Possono nuotare (le meduse nuotano) ma non controcorrente. Il che significa che non possono scappare dagli impulsi dell’air gun. Tutti i pesci, prima di diventare pesci, sono uova, e poi larve, e poi stadi giovanili. In questa fase sono parte del plancton. E fanno parte del plancton i piccoli crostacei di cui le larve e i giovani dei pesci si nutrono. Poi alcuni pesci crescono molto e mangiano altri pesci ma, all’inizio, tutti mangiano plancton e sono parte del plancton. Non so se è chiaro: questi impulsi distruggono la base delle reti alimentari. Il cibo delle balene è plancton, delfini e capodogli mangiano cose che, all’inizio della loro vita erano plancton e mangiavano plancton. E tutti gli altri viventi in mare, non solo i cetacei, vivono grazie alla produzione del plancton. Il plancton è più importante di balene, delfini, tartarughe e tutte le altre specie “carine” e protette. Distruggere il plancton significa minare alla base il funzionamento degli ecosistemi.
Ora, leggo sui giornali che è stata nominata una commissione per vagliare ulteriormente gli effetti di air gun nei nostri mari. Una commissione composta esclusivamente da geologi. Non va bene. I geologi usano l’air gun per fare i loro studi. I loro studi riguardano la componente geologica degli ecosistemi. Non quella bio-ecologica. Non hanno preparazione specifica su questi temi. Sono indispensabili in una commissione del genere, ma non sono sufficienti a esprimere pienamente un giudizio sull’opportunità di tali operazioni. La biologia e l’ecologia non fanno parte dei loro corsi di studio. Conoscono qualcosa della vita, se hanno sostenuto esami di paleontologia, ma è la vita del passato, studiata attraverso i fossili. Non c’era l’air gun al tempo dei dinosauri! Chiedere ai geologi se l’air gun danneggia l’ambiente è come chiedere al pescivendolo se il suo pesce è fresco e se è stato pescato in modo da non danneggiare l’ambiente. Se è fresco lo sa, ma quando si vuol sapere di più sulle tecniche di pesca e sul loro impatto non si può chiedere solo a chi vende il pesce.
Le conoscenze progrediscono, e ora, con questo studio, sappiamo di più. Ma la questione è ancora più ampia. Allarghiamola. TAP ha un impatto. Ogni azione che facciamo ha un impatto. Non ho fatto battaglie contro TAP perché ho avuto modo di verificare che l’impatto è limitato nel tempo e nello spazio e che il rischio di effetti negativi è basso. Mi sono detto: il gas è un combustibile pulito, utile nella fase di transizione verso le rinnovabili. I benefici dall’averlo sono maggiori dei costi, anche in senso ambientale. Dico sì. Non si può dire sempre no a tutto. Mi sono attirato le ire di ambientalisti improvvisati, mi hanno anche minacciato con scritte sui muri, insultato. Il mio sì a TAP rende ora più forte il mio no a air gun. Non ci serve andare a cercare altri combustibili fossili. Usiamo il gas. E l’impatto degli air gun (e di quello che verrà dopo, se si troveranno i combustibili e si passerà alla fase estrattiva) è incommensurabilmente superiore rispetto a quello di un tubo di novanta centimetri di diametro. Tutti abbiamo un tubo che ci porta gas in casa. E’ un compromesso accettabile. Non mi si può dire che dico no a tutto. Ho detto sì molto scomodi, incurante delle urla di chi non conosce a fondo i problemi. Nel caso di air gun, questo nuovo lavoro su Nature, e le caratteristiche dei nostri mari, rinforza la mia convinzione che non sia proprio il caso di farlo operare nei nostri mari. Ma non dovevamo abbandonarli, i combustibili fossili? Non abbiamo firmato trattati in quel senso? Ma come si conciliano queste prese di posizione con queste scelte politiche? Ma la sinistra non dovrebbe essere rispettosa dall’ambiente (e della scienza)? Queste cose, ancora, non si devono decidere con cavilli legali, su giudizio di qualche TAR. I politici devono prendersi le loro responsabilità, fino in fondo. Perché si può anche far finta di fare ricorso, perderlo, e poi dire che sono i giudici cattivi ad averlo respinto. I giudici non giudicano nel merito scientifico, ma nel merito procedurale. Gli elettori si informino per bene, e giudichino i politici per le scelte che fanno e per l’esito delle loro decisioni. Queste scelte politiche sono sbagliate, non rispettano l’ambiente e non rispettano gli accordi sulla transizione alle rinnovabili. Vanno nella direzione di continuare a bruciare combustibili fossili, estraendoli dai nostri fondali, con tecniche distruttive. Che ognuno si prenda le proprie responsabilità.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, sabato 14 ottobre 2017]