Su Itali-e-ni di Paolo Vincenti

di Gianni Ferraris

“I fama, per non perdere i loro cari ricordi seguono il metodo dell’imbalsamazione: dopo aver fissato il ricordo con capelli e due parole, lo avvolgono in un lenzuolo nero e lo sistemano rigido contro la parete del salotto, con un cartellino che dice: ‘Gita a Quilmes’, oppure: ‘Frank Sinatra’.
“I cronopios invece, questi esseri disordinati e caldi, sparpagliano i ricordi per la casa, allegri e contenti, e ci vivono in mezzo e quando un ricordo passa di corsa gli fanno una carezza e gli dicono affettuosi: ‘Non farti male, sai’, e anche: ‘Stai attento, c’è uno scalino’.
“Questa è la ragione per la quale le case dei fama sono in ordine e in silenzio, mentre le case dei cronopios son sempre  sottosopra e han porte che sbatacchiano. I vicini si lamentano sempre dei cronopios e i fama scuotono la testa comprensivi, e vanno a vedere se i cartellini sono sempre al loro posto.” (J.Cortazar, Storie di Cronopios e Fama – Einaudi 1971)

Cortazar mi è venuto in mente leggendo le pagine di Vincenti, pensieri sparpagliati nelle pagine, come si conviene al corsivista che ogni giorno insegue le notizie e ricama pensieri su di esse, tenta di trovare una logica anche se, per dirla con Guy de Maupassant, “non sempre il vero è anche verosimile”.

Così ì pensieri si rincorrono nell’osceno del villaggio, dove osceno è un rosario di inverosmile vero che riempie le pagine dei giornali ogni mattina, oscena è certa politica, oscena certa TV, e ancora:  “Osceni sono la cialtroneria, l’ipocrisia di alcuni intellettuali, il narcisismo di certi scrittori. Il medesimo narcisismo che si ritrova nei loro scritti che non dicono nulla, nei quali vi è una tendenza baroccheggiante all’accumulo di parole per il semplice gusto di riempire la pagina. Esercizio di scrittura, ricerca dell’effetto. Osceni, anche certi ciarlatani, quelli che vendono prodotti miracolosi per ogni tipo di malattia, novelli Dottor Dulcamara (il famoso guaritore dell’ “Elisir d’amore” di Romani-Donizetti), dalla caduta dei capelli ai tumori più inguaribili. A differenza del loro predecessore letterario, questi santoni sono volgari, ancora più spietati, pataccari e criminali, perché si gabellano di poveri disgraziati che, disperati per la triste situazione, perdono la capacità di discernimento e si affidano a loro”… Così scrive Vincenti.

L’autore apre quasi ogni capitolo delle sue riflessioni con versi di cantautori, e a volte, in mezzo a tante pagine oscure, vien fuori un urlo, e sembra voler dire (citando Vasco Rossi):

Voglio trovare un senso a questa vita 
Anche se questa vita un senso non ce l’ha

Voglio trovare un senso a questa storia
Anche se questa storia un senso non ce l’ha

Voglio trovare un senso a questa voglia
Anche se questa voglia un senso non ce l’ha

Così ecco gli omaggi a Maria Luisa Mangini (Dorian Gray) e Silvana Pampanini. Ed ecco il ricordo, fra tante oscenità, di sere d’inverno davanti al camino, della Tv che mandava telefilm e della nonna che cucinava. Quasi a cercare il senso del tutto, quasi a voler tornare non già indietro nel tempo perché non è possibile, piuttosto indietro nelle emozioni, nei comportamenti, nella visione delle cose più umana, comprensibile.

Vincenti in queste pagine interpreta il presente con ironia, sarcasmo, e spesso con una rabbia non detta ma che arriva prepotente nell’incapacità di farsene una ragione.

Non solo politica ovviamente, si parla con ironia di “estremismi” e neologismi, si parla di veganesimo e di coppie di fatto, dei giorni dedicati a: mamme, papà, nonni, e via dicendo, fino all’epopea di ogni festa, il Natale, che incombe con i suoi riti e ritualità familiari dalle quali l’autore tenta di fuggire.

Mentre leggevo queste pagine, nel mondo succedevano cose che “noi umani non possiamo comprendere”, anche se sui social network c’è sempre qualcuno che sa ogni cosa ed ha pronti i rimedi per ogni avversità.

Io sono terra terra, spesso non capisco. Non capisco come mai gli immigrati debbano essere chiamati clandestini, per esempio. Non capisco perché un mussulmano è tout court un terrorista. E’ vero, c’è molta confusione sotto il cielo, forse è il caso di sperare in un “mondo salvato dai ragazzini” (Elsa Morante) e rileggere, dopo le pagine di Paolo Vincenti, anche le ultime righe degli I(nfelici) M(olti) e F(elici) P(ochi) :

… Noi qua viaggiamo sul cellulare dell’ignoranza.
Non sappiamo né l’inizio né la conclusione. Ogni istante ci affretta verso l’ignota destinazione.
Ci conviene approfittare d’ogni occasione correre a qualsiasi speranza non trascurare nessun indizio.
Chi sa quel che vi aspetta alla prossima stazione?
Date retta a questa mia povera canzone.
Non è detta
che prima ancora del giorno del Giudizio
quei pazzi F. P. non vi mettano in minoranza.
Forse vi converrebbe cominciare qualche esercizio
per trovarvi preparati alla possibile circostanza.
Sarebbe una magnifica stravaganza
di scavalcare tutti insieme i tempi brutti
in un allegro finale: FELICI TUTTI!
Forse, il primo segreto essenziale
della felicità si potrebbe ancora ritrovare.
L’importante sarebbe di rimettersi a cercare.

[Elsa Morante – Il mondo salvato dai ragazzini (1968)]

[in “S/Pagine”,  luglio 2017]

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