Italieni 2

di Paolo Vincenti

Giornalisti contro

Brutta razza, quella dei giornalisti, una delle peggiori; tuttavia essi sono capaci di regalarci sprazzi di inaspettata ilarità nello spento grigiore dei giorni.  Troppo divertente vederli azzuffarsi fra di loro come galline in un pollaio. L’ultima polemica mediatica in ordine temporale è quella fra Vittori Feltri e Maurizio Belpietro. Non è affatto vero quanto sostiene Feltri nel suo corsivo, su Libero dell’ 8 marzo 2017:  “quando due giornalisti si azzuffano, tutti si divertono tranne i lettori che, essendo disinteressati alla contesa, non ne approfondiscono i termini e , pertanto, non la capiscono”.  Invece ci divertiamo tantissimo a seguire le puntate di questa esilarante telenovela.  I fatti: dall’inchiesta Consip emerge che l’imprenditore Salvatore Romeo, uno dei più grandi corruttori d’Italia, ha versato 50.000 euro al giornale fondato da Belpietro, La Verità, attraverso la Fondazione Magna Carta, presieduta da Gaetano Quagliarello. Libero, domenica 5 marzo , rivela ciò e sputtana Belpietro. 1 a 0. Con quel versamento Romeo è divenuto il secondo socio del giornale, dopo Maurizio Belpietro, il quale non gradisce l’incursione di Libero nei suoi conti e nega tutto quanto. Cosa che porta Feltri a insinuare: “Magna Carta o magna magna alla Verità?”.  La verità, vi prego, sui finanziamenti editoriali, ci verrebbe da dire, parafrasando il poeta Auden.  Belpietro si innervosisce e  risponde a Libero, pubblicando sul suo giornale, il 7 marzo 2017, l’articolo “L’editore di Libero ha comprato la casa di Verdini in difficoltà”. Cerca così di buttare un po’ di polvere in faccia a Libero, puntando sulla avversione nazionale nei confronti del cinghialone Verdini, e sperando  di allontanare in questo modo il polverone alzato da Libero su di lui. 1 a 1.  L’editore di Libero è Angelucci, per il quale Belpietro ha lavorato dal 2009 al 2016, come direttore, prima di Feltri. Belpietro però ha fatto un clamoroso autogoal, perché a Feltri torna facile affermare che l’editore di Libero è la stessa persona da cui “tra il 2010 e il 2015 il famoso giornalista ottenne la bellezza di 2.800.000 euro a titolo di prestito onde pagarsi degli appartamenti. Non credo che Belpietro abbia dimenticato un particolare tanto significativo, perciò mi domando con quale faccia rimproveri Angelucci di aver rilevato un edificio di Verdini, assodato che lo stesso Belpi fu aiutato finanziariamente dalla persona sulla quale oggi dice peste e corna”. Colpito e affondato. 2 a 1 per Feltri. Per ora. To be continued

Il Fatto Quotidiano versus Eugenio Scalfari. Antonio Padellaro, fondatore del Fatto, accusa Scalfari di snobismo di sinistra (al solito) nei confronti dei partiti italiani. Uno snobismo, sostiene Padellaro, che ha sempre fatto perdere la sinistra e che ora, proprio a causa dell’arroganza di Renzi e della supponenza dei suoi, la farà perdere ancora. Ad affondare il colpo contro il barbuto intellettuale ci pensa Marco Travaglio che critica i volteggiamenti di Scalfari e le sue acrobazie politiche fra appoggiare Renzi, poi togliergli l’appoggio, poi appoggiarlo di nuovo, sempre però nei tempi sbagliati, ed ha buon gioco nel dileggiare le fumoserie del vecchio guru che passa da Platone e Aristotele al fascismo, nei suoi scritti. Il panzer Travaglio se la prende anche con Maurizio Mannoni conduttore della trasmissione Linea Notte in onda in seconda serata su Raitre. Oddio, Travaglio ce l’ha con tutta la Rai, accusata più o meno giustamente di renzismo cronico, ma con Mannoni è davvero esilarante. “L’altra sera Maurizo M’annoi”, così Travaglio chiama il collega, “era insolitamente pimpante. Per quanto può esserlo lui, si capisce. La digestione, solitamente difficoltosa col ruttino incipiente e la palpebra calante era andata meglio del solito e i boh, bah, burp, inzomma, chemmetoccafà che costellano il suo eloquio sonnacchioso erano più contenuti del solito”.  Il motivo di tale dileggio, dalle pagine del Fatto dell’8 marzo 2017,  è presto detto: il conduttore di Linea Notte avrebbe cercato di insabbiare il caso Consip liquidandolo come sciocchezzuola, come un bolla di sapone,  e ciò ha ovviamente scatenato il furore antirenziano del grillino Travaglio.  “  ‘nzomma’, ha detto M’annoi, è una storia complicata, confusa, versioni che cambiano ogni giorno… mah, boh, burp, sticazzi, s’è fatta ‘na certa!’ … In quel MasterRenz sterilizzato dai fatti, riescono a rivoltare tutte le frittate e a spacciare l’arrosto per fumo”.   Salace e irresistibile, quando Travaglio s’incazza dà il meglio di sé. Ora vedremo se il sonnolente Mannoni uscirà dal suo torpore  e risponderà per le rime all’esagitato Travaglio oppure glisserà, non aprirà la polemica, felpato come l’attuale inquilino di Palazzo Chigi , Paolo il gentile. To be continued.

MARZO 2017

 

Il meglio del peggio

Ma certe trovate come quelle delle redivive femministe alla manifestazione “Non una di meno”, ce le meritavamo proprio?  Pensavamo che le scene di donne che espongono le tette gridando “il corpo è mio e lo gestisco io” fossero relegate ad un passato di rivendicazioni femministe ormai consegnato alla storia. Invece, come i peperoni quando si mangiano di sera, si ripropongono. Alla manifestazione dell’8 marzo a Milano, alcune femministe davanti al Palazzo della Regione tirano su la gonna e fanno vedere la patonza. A Roma, Bologna, Torino, e in altre città italiane, ballano mascherate, intonano cori, si confondono con il popolo arcobaleno dei gay lesbo e trans, offrono pannolini e pannoloni ai passanti, agitando mestoli e scodelle, si spogliano e saltano. Tutto un imbroglio, questo sciopero delle donne, una grande trovata pubblicitaria e una reificazione che puzza un bel po’ di stantio, di anacronistico, di superato. Le donne in piazza a protestare e gli uomini che le aspettano al ritorno a casa cantando “Chi non lavora non fa l’amore”. Premio Capo Volto.

La Ministra Maria Elena Boschi è entrata in un pericoloso cono d’ombra dal quale non si sa se potrà uscire. L’altra sera, ospite di Porta a Porta di Bruno Vespa, non ha attizzato l’audience come accadeva in passato nel corso delle sue ospitate, anzi addirittura l’ascolto è andato giù, il che appare davvero strano dato il gran pezzo di gnocca che è la Boschi. Sconta forse l’insuccesso delle Riforme cui ha lavorato il suo Ministero, tutte bocciate, insieme col Governo che le aveva promosse? Oppure la giravolta di cui si è resa protagonista in occasione della caduta di Renzi? Aveva promesso che sarebbe rimasta accanto all’amato Matteo, con lui nella buona e nella cattiva sorte, e invece, come quelle false vedove inconsolabili che si disperano alle esequie del marito gridando che mai potranno vivere senza di lui e poi si scopre che già al funerale se la intendevano con un altro, la Maria Elena nazionale non ha tardato a riciclarsi nel Governo Gentiloni ed ha accettato la prestigiosa poltrona di Sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio.  Sconta forse l’impopolarità di alcune dichiarazioni non proprio felici rilasciate negli ultimi mesi? Fatto sta che quando compare lei “il morale s’affloscia e la pressione s’ammoscia”, come cantava Arbore. E s’ammoscia una sera, e s’ammoscia l’altra, e di questo passo “occhi dolci” Boschi sarà bandita dalla tv, con scorno dei suoi fans. Premio: per un punto di share.

 

All “Isola dei Famosi” sfilano amori e amorazzi, anche lesbo, come quello fra Eva Grimaldi e Imma Battaglini, che si scambiano effusioni a favore di telecamera. Tutto studiato ovviamente, non dico la love story fra le due (però forti sospetti nutro), ma certamente la sua epifania in diretta tv, cioè nella puntata del 7 marzo 2017, proprio un giorno prima del fatidico 8 marzo, festa delle donne ( ma va!), quando esce in edicola la rivista “Chi”(chi?), che mette in copertina la loro storia d’amore ( no dai!). Strategie pubblicitarie, certo, è l’uovo di colombo. Colombo (il viaggiatore, non il volatile) in effetti arrivò a San Salvador, non troppo distante dall’Honduras dove si svolge la mediasettiana Isola.  Altra boccaccesca love story è quella fra il “bellone” Stefano Bettarini (l’ex signor Ventura) e la modella Dayane Mello; solo che questo intreccio dura poco e il Betta viene tosto scaricato dalla “morta di fama” Dayane. In questo caso, non c’è Chi (chi?) a ratificare la fine, ma “Libero”, dalle cui colonne Alessandra Menzani scrive a proposito della Mello: “certo, da una che aveva sfilato alla Mostra di Venezia senza mutande non ci si poteva aspettare un solido riferimento sentimentale…” (8 marzo 2017).  Di grazia, qualcuno a “Libero” controlla ciò che scrivono i redattori dello Spettacolo? L’assioma bella e oca, oppure soubrette e troia, è vecchio come Matusalemme. Ormai anche la destra ha sdoganato certi cliscé. Una che non porta le mutande non può amare come le altre?  Premio castroneria dell’anno.

A “Ballando con le stelle”, la cazzuta Selvaggia Lucarelli ne ha per tutti e in particolare preda dei suoi acuminati artigli, quest’anno, è Alba Parietti ( dopo Asia Argento, l’anno scorso), ex coscia lunga della sinistra liquida e molecolare. La pungente Selvaggia affila le unghie e si avventa sulla preda. Parietti non se ne fa passare una sotto il naso e risponde all’attacco in maniera altrettanto plateale. Il tutto sotto gli occhi fintamente inebetiti della Milly nazionale. Lo zoo è servito. Pantere e panterone si scannino, avvoltoi aspettino le carogne, e struzzi corrano a nascondersi. Premio il brutto della diretta.

MARZO 2017

 

Pop Hoolista

Quando, leggendo i miei articoli, qualcuno mi taccia di populismo, io mi incazzo davvero. Non c’è nessuno più lontano di me dal concetto di populismo, almeno nella distorsione negativa che oggi si dà al termine. Non potrei mai esserlo, populista, perché io disprezzo il popolo quando questo è correo di certe anomalie, discrasie, tipiche del nostro Paese. Nessuno meno consentaneo di me, alla becera demagogia utilizzata da buona parte dei politici e degli anchor men televisivi.  Del pari, disprezzo le elites, quelle che ritengono di farsi carico del pensiero comune e di indicare la via, tracciare la rotta, come se fosse, la loro, una chiamata, una predestinazione, quasi fossero “in missione per conto di Dio”, come i Blues Brothers.  Se per populismo, come sostiene il professor Richard Baldwin all’Università Bocconi di Milano, si intende l’idea che il popolo sia puro e le élites corrotte, allora io non sono affatto un populista perché ritengo, in linea con Riccardo Ruggeri su “La Verità” del 17 marzo 2017, che anche il popolo sia abbastanza corrotto, anzi intimamente corrotto. E come Ruggeri, non credo in nessun uomo della provvidenza, sono convinto che non esiste nessun Mandrake che ci possa salvare, semmai dobbiamo accontentarci di qualche Lothar.

MARZO 2017

 

 

 

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