di Ferdinando Boero
Ho scritto troppi articoli per il Quotidiano (e non solo) dicendo che con la natura non si scherza. Quando c’era la siccità, quest’estate, ho scritto che ce la saremmo presto dimenticata all’arrivo delle alluvioni causate da precipitazioni intense. La previsione si è puntualmente verificata. Accusiamo la protezione civile che ha dato l’allarme rosso a Genova ma non a Livorno. A Genova oramai è sempre allarme rosso, dopo che una sindaca è stata condannata per non averlo dato in un’occasione in cui ci sono state vittime. Ma non è che la cosa si risolva dando un allarme rosso ogni volta che sono previste piogge.
Veltroni, su Repubblica, emula (con 20 anni di ritardo) Al Gore e dice che la sinistra non può non essere ambientalista. Concordo con lui e, quindi, la sinistra attuale non è sinistra. E’ un governo di sinistra a concedere i nostri fondali ai petrolieri, è un governo di sinistra a dire di non andare a votare a un referendum con risvolti ambientali. È un governo di sinistra a non avere l’ambiente nei suoi programmi. Dalla destra ci aspettiamo la totale insensibilità nei confronti dell’ambiente, il negazionismo, l’insofferenza a ogni vincolo, l’opportunismo. I condoni e le furbizie. La sinistra dovrebbe essere differente, e invece rincorre la destra. Neppure il M5S, che pure ha iniziato con temi ambientali, tipo le rinnovabili, ha oramai perso la vocazione ambientalista e strizza l’occhio agli abusivi “per necessità”. I verdi non ci sono mai stati e contano pochissimo. Ci sono movimenti, associazioni, ma hanno scarso valore politico. Non riescono ad incidere sulle scelte governative, se non molto marginalmente.
È l’elettorato a sostenere questo disinteresse. Quando un candidato governatore in Sardegna propose una legge draconiana sulle costruzioni in prossimità delle coste, fu sonoramente bocciato.
Incurante della democrazia che la ignora, la natura continua a presentarci il conto. Imprenditori truffaldini si fregano le mani ad ogni terremoto, ad ogni inondazione. Ridono. Ci saranno soldi facili, a fronte delle emergenze. La fretta nel prestare i soccorsi allenterà la vigilanza e gli sciacalli usciranno dalle tane.
Gli USA uscirono dalla crisi del ’29 con il new deal (il nuovo patto). Lo stato investì enormi risorse in opere pubbliche e questo trainò la ripresa economica. Noi siamo in crisi. Quale può essere un nuovo patto? Non ci sono dubbi: il nuovo patto consiste nell’investire enormi risorse per riconvertire la nostra economia e il nostro territorio, facendoli diventare eco-compatibili. Ce lo dice anche Bergoglio, in Laudato Sì. Chiede la conversione ecologica. Gli ecologi, ovviamente, lo dicono da sempre. Da sempre inascoltati. Ora si è svegliato anche Veltroni e vede la luce: il PD, la sinistra, non può non essere ambientalista. Nel partito che aveva messo l’ecologia nel proprio nome (Sinistra, Ecologia e Libertà) non c’erano grossi esponenti dell’ecologia. Giusto un’etichetta. E la piccola fortuna di quel partito non fu legata certo all’ecologia.
Rimettere in sesto il paese è un grosso, grossissimo affare. Inventare nuove tecnologie produttive, reinventare l’abitare, il muoversi, il riscaldarsi e il raffrescarsi, sono affari. Perché questo problema è dappertutto, nel mondo. Si alza il livello del mare, e l’erosione costiera è ineluttabile. Ci dobbiamo spostare. E dobbiamo smettere di bruciare combustibili fossili. Le case sulle dune non si condonano, si abbattono. E non si costruiscono difese costiere per difendere insediamenti in siti dove non avrebbero dovuto essere costruiti. L’ecologia deve diventare dirimente nel prendere le decisioni. I disastri che dobbiamo continuamente affrontare sono dovuti al mancato rispetto delle leggi della natura, spesso per colpevole ignoranza.
Il nostro paese è preminente nelle tecnologie, nella fisica, nella chimica, nella storia dell’arte, ma non ha una comunità scientifica forte in campo ambientale. Non abbiamo mai investito in questo senso. C’è un capitale umano da formare. Ma è inutile formarlo se poi il paese non lo impiega. Inutile preparare ottimi futuri specialisti di ambiente se poi il mercato del lavoro non li assorbirà. Quelli che prepariamo, emigrano. Moltissimi studenti vogliono fare medicina, per curare le persone. Non sono moltissimi quelli che aspirano a lauree di tipo ambientale (scienze ambientali, scienze biologiche, scienze geologiche) e il motivo è semplice: le prospettive di lavoro sono scarse. Il paese è devastato dalle crisi ambientali e chi potrebbe curare l’ambiente resta disoccupato. A Genova un ex professore della nostra Università, Roberto Cingolani, ha fondato l’Istituto Italiano di Tecnologie. Benissimo. Ma quando si decide di usare lo spazio dell’Expo di Milano si pensa di nuovo a lui, per lo Human Technopole. Un polo tecnologico dedicato alla salute umana e all’allungamento della vita. Una ricercatrice italiana (Fabiola Gianotti) è direttore del CERN, Il più importante istituto per lo studio delle particelle elementari, in cui siamo prominenti. Benissimo, ma non ci sono mai investimenti paragonabili a questi, in campo ambientale. Non viene neanche in mente di fare un grande istituto sugli ecosistemi, tipo l’IIT, lo Human Technopole, il CERN. Siamo geneticamente inadeguati a studiare l’ambiente e siamo invece molto dotati per studiare fisica e medicina? No. Semplicemente abbiamo investito moltissimo in alcuni campi e ne abbiamo tralasciato altri. Le emergenze ci sono nei campi che abbiamo tralasciato. Le emergenze ci dicono che è stato un errore strategico. Non dobbiamo arretrare in fisica e medicina, ma dobbiamo colmare il divario con le scienze dell’ambiente. Investire altrettanto.
Non avverrà, perché nessun partito ha questo nel suo programma. E chi lo metterà, con ogni probabilità lo farà per opportunismo (penso a Veltroni). Perché l’ambiente non ha mai fatto parte della nostra cultura e, proprio come il coraggio e Don Abbondio, se uno la cultura non ce l’ha, mica se la può dare. Ci vuole tempo, studio, sensibilità, capacità di valutazione. Non si improvvisa.
Non conosco un politico, oggi, che possa rappresentare questa cultura. Ce ne sono con qualche sensibilità, ma non sono competenti in campo ambientale. E c’è differenza tra essere sensibili ed essere competenti.
Dopo l’Enciclica di Bergoglio, l’ecologia dovrebbe essere il marchio di fabbrica di chi si professa cristiano e cattolico. Non è monopolio della sinistra. Ma, anche in campo cristiano, stessa storia.
La natura, intanto, non attende che qualcuno si dia una cultura che non ha. Noi, per uscire dalla crisi e creare posti di lavoro, trivelleremo i nostri fondali. Con il beneplacito di ministri di sinistra che hanno esortato gli italiani a non andare a votare al referendum sulle concessioni petrolifere.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, mercoledì 13 settembre 2017]