Migrazione e sfruttamento dei nostri giovani

di Giuseppe Spedicato

Tutti sappiamo che il nostro paese non è un paese per i giovani. Abbiamo un esercito di giovani disoccupati ed un altro esercito di giovani che non frequentano scuole di nessun tipo e non svolgono nessun tipo di lavoro. Nel Sud la situazione è ancora più grave, non solo presenta dati statistici peggiori rispetto alla maggior parte dei paese europei, ma eclatante è anche la differenza con il Nord del paese e ciò non riguarda solo i dati dell’occupazione giovanile. Il Pil pro capite nel Mezzogiorno è quasi la metà di quello del Nord. A tutto ciò si aggiunge un impressionante calo demografico. Il quadro che emerge è quindi a dir poco allarmante.

Poco o nulla si fa per rimediare a questo stato di cose. Come cittadino qualunque noto che non poche volte, chi dice di offrire opportunità lavorative ai giovani lo fa non perché vuole puntare sui giovani, valorizzare le loro qualità, ma semplicemente perché è più semplice sfruttarli. Infatti, non vi è nessun problema a farli lavorare senza contratto e sottometterli a turni di lavoro considerati illegali dalla legge e a utilizzare anche lavoratori minorenni. Questi ultimi possono anche essere impiegati in turni notturni consecutivi senza giornate di riposo. Ciò non accade solo in opifici difficilmente raggiungibili in campagne sperdute, ma anche in locali alla moda all’interno delle città, compresa la nostra (vivo a Lecce). Siamo quindi in un contesto che incentiva i giovani a trasferirsi in altre regioni o meglio a trasferirsi all’estero. Si crea nei giovani una sfiducia totale nelle istituzioni, che vengono viste come soggetti che non promuovono condizioni di legalità e di ciò non ne approfittano solo le organizzazioni criminali ma anche parte consistente dell’economia considerata legale.

Non è un caso se da anni il fenomeno immigrazione è un tema al centro del dibattito politico, mentre poco si dice dell’altro fenomeno migratorio, quello dei giovani e meno giovani che dal Sud vanno all’estero e nel Nord Italia. Questo fenomeno, a mio avviso, è notevolmente più dannoso per il destino dei nostri territori. Questo è il fenomeno che dovrebbe essere al centro delle nostre discussioni. Parlare dell’immigrazione è più semplice e gratificante: subiamo problemi da persone che vengono da altre parti del mondo, blocchiamoli nei loro paesi o nei paesi di transito e risolviamo il problema. Ciò non mette in discussione le politiche adottate dal nostro paese, tra queste l’assenza di politiche per favorire l’occupazione ma anche la mobilità sociale. Non mette in discussione neanche le nostre partecipazioni ad interventi militari internazionali, la vendita di nostre armi a paesi dai quali provengono gli immigrati. Tutto ciò non sarebbe altrettanto semplice se parlassimo della nostra emigrazione. Sarebbe un po’ più difficile tirarci fuori dalle nostre responsabilità. Per esempio quando parliamo di crescita del turismo, di qualche settore che “tira”, guardiamo anche a quali condizioni sono costretti a lavorare i dipendenti prima di fregiarsi di risultati per i quali propagandare vanto. In caso contrario potremmo avere un aumento del Pil e nello stesso tempo un aumento ancora maggiore di emigrazione.

Ciò che più dovrebbe starci a cuore è che la situazione attuale provoca nei giovani, e non solo nei giovani, la perdita di ogni speranza nei territori nei quali sono nati, il non riuscire a coltivare i loro obiettivi di vita, anche i più modesti, il non riuscire a valorizzare i loro talenti, il non distinguere ciò che è legale da ciò che non lo è. Anche a loro non può che essere lampante l’assenza di una visione nazionale e strategica per uscire dalle attuali difficoltà.

Non possiamo meravigliarci se il cittadino qualunque si domandi a che servono le Istituzioni, le elezioni, la nomina di un parlamentare, di un Ministro, se poi vi è un fossato che separa tutte le sue istanze, le sue preoccupazioni da coloro che sono chiamati a decidere. Ciò che viene fatto dagli eletti (ma non solo dagli eletti) spinge un numero crescente di cittadini a non interessarsi della politica a non partecipare alle elezioni, semplicemente perché non hanno alcuna fiducia nella classe politica ed in generale della classe dirigente del paese.

Ovviamente bisogna anche chiedersi se serve a qualcosa denunciare quanto accade.

 

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