di Paolo Vincenti
In un tardo pomeriggio infrasettimanale, è bello staccare prima dal lavoro e andare per paesi salentini, inseguendo il bisogno intimo di evadere dalle solite e asfittiche stanze di un ufficio per troppo tempo frequentato e respirare un po’ di aria pura, fresca, come pura e fresca è la cultura che sempre si rinnova e dona ampi e piacevoli squarci di sereno, come appunto un soleggiato meriggio, in un orizzonte in cui si addensano nubi minacciose. Sono a Galatina, nella bellissima piazza centrale, sulla quale domina la chiesa di San Pietro e San Paolo, che a me evoca tante passeggiate fra le bancarelle e le luminarie, fatte negli anni dell’infanzia insieme alla mia famiglia o ad alcuni parenti, in occasione della festa dei Santi Pietro e Paolo (che, nella vulgata diventano uno solo, “San Pietro e Paolo”, tanto forte, forse, è l’osmosi nella devozione popolare fra le due figure), santi per me onomastici, il 29 giugno. Erano quelle, ricordo, le occasioni per assistere anche allo spettacolo, per noi surreale e incomprensibile all’epoca, delle ultime tarantate – si era sul finire degli anni Settanta – e delle loro contorsioni, nel centro della piazza e davanti o dentro la cappelletta di San Paolo. Incontro Gianluca Virgilio, insegnante e scrittore. Seduti al tavolino di un bar della piazza, accanto al noto bistrot “Il covo della taranta” (che mi ricorda piacevoli serate estive trascorse in deliziosa compagnia), ci scambiamo i nostri ultimi lavori editoriali. Gianluca mi dona il suo Vita nuova e altri racconti (Edit Santoro 2010) ed io gli faccio omaggio del mio Di tanto tempo (Questi sono i giorni) (Pensa Editore 2010). Gianluca è una persona affabile, dotata di una simpatia naturale e di una comunicativa che toglie dall’imbarazzo chiunque lo incontri. Oggi è Presidente dell’Università Popolare “Aldo Vallone” di Galatina, avendo raccolto il testimone dal prof. Pietro Giannini e, prima di lui, dal grande Zeffirino Rizzelli, un nome importante per la cultura galatinese e salentina.
Gianluca Virgilio, nato a Galatina nel 1963, insegna Lettere italiane e latine presso il Liceo Scientifico Statale “Antonio Vallone” della sua città. Ha ideato e diretto la rivista letteraria online Zibaldoni.it (prima e seconda serie) e i “Quaderni della Biblioteca” del Liceo Scientifico Statale “Antonio Vallone” di Galatina. La sua prima pubblicazione è stata Il fior fiore di Zibaldoni e altre meraviglie (a cura di Gianluca Virgilio e Enrico De Vivo), Galatina, Edit Santoro 2004. Nel 2007, ha pubblicato Vie traverse, Galatina, Edit Santoro. Un libro di memorie, genere letterario al quale il Nostro è affezionato, avendone fatto materia della maggior parte delle sue pubblicazioni. Mi colpisce il fatto che egli, proprio in un punto del libro in questione, affermi di non essere aduso alla nostalgia, quando invece tutto il libro è percorso dalla voglia di ricordare i tempi della propria infanzia e adolescenza, il buon tempo antico insomma, per dirla con un’espressione letteraria,quando altri erano i colori e i sapori di una vita intensamente vissuta, di quel tempo cioè che sempre dal ricordo viene sublimato per il semplice fatto di appartenere ad un’epoca lontana che non potrà più tornare. Tutte le pagine del libro grondano proprio quel sentimento classico che è il nòstos. A maggiore dimostrazione di ciò, basti leggere i suoi titoli successivi. Tutta la materia del libro è svolta sul filo dei ricordi e il narrato si configura come un viaggio letterario, nel territorio di Galatina città e soprattutto della sua campagna, nella proustiana ricerca del tempo perduto. E a far da guida al narratore, in questo viaggio degli affetti e dei sentimenti, troviamo, novello dantesco Virgilio (nomen omen, diremmo), il padre ultraottentenne o, in un rapido e significativo passaggio generazionale, le figlie, e a far da contrappunto alle puntuali descrizioni paesaggistiche del narratore, le riflessioni, sue o dei compagni di viaggio, sull’architettura urbana ed extraurbana, sullo scarso senso civico dei concittadini, sulla politica, sulla vita , sul passaggio del tempo e sul continuo mutare di tutte le cose. Virgilio sceglie non le direttrici principali, in questo suo percorso a rebours, indietro nel tempo e nello spazio, ma “vie traverse”: vie, cioè, non molto battute e frequentate. Gli scritti che compaiono in questo libro erano stati già pubblicati in forma episodica sulle riviste Il Galatino e Il filo di Aracne, con le quali da lungo tempo Gianluca Virgilio collabora. Lo stesso sentimento del nòstos, del ritorno, è presente nel terzo libro di Virgilio, cioè Gioventù salentina, Galatina, Edit Santoro 2007, che contiene cinque interviste -racconti ad altrettanti cittadini di Galatina, “nei quali, attraverso il recupero memoriale del percorso individuale e collettivo degli intervistati, si ricostruisce il quadro della condizione giovanile nella provincia salentina e in particolare a Galatina dalla fine degli anni sessanta alla metà degli anni novanta”. In Scritti cittadini, Galatina, Edit Santoro 2008, Virgilio raccoglie una serie di riflessioni su argomenti importanti che interessano la città di Galatina, in primis cultura, politica e società, con lo scopo da parte dell’autore di suscitare un dibattito fra i suoi concittadini su temi così importanti. Sempre nel 2008, viene stampato, fuori commercio, L’età dell’apprendimento e dello studio, Galatina, Edit Santoro, che “presenta la relazione introduttiva tenuta ad un corso per le maestre del 1°Circolo Statale di Galatina e costituisce l’occasione per discutere sulle varie problematiche della vita scolastica”. Infanzia salentina, Galatina, Edit Santoro 2009, con un Preludio di Antonio Prete, dal titolo “Marangella”, rientra perfettamente in quel genere letterario della memorialistica che tanto successo ha avuto per buona parte della letteratura italiana contemporanea del Novecento. L’autore rievoca tanti episodi della propria infanzia e adolescenza, scritti quasi in presa diretta, anche se poi rielaborati successivamente a ragione della loro pubblicazione. Ed ecco dunque scorrere, nelle pagine del libro, personaggi della sua famiglia, come il nonno, i genitori e la sorella, alcuni pittoreschi protagonisti della vita sociale della Galatina d’antan, gli amici d’infanzia e i compagni di giochi delle ore liete, e fatti, come le lezioni scolastiche, le malattie, le usanze famigliari quali il pranzo domenicale, le visite parenti o le gite fuori porta, che rappresentano più o meno il vissuto personale di tutti noi anche se apparteniamo ad una generazione successiva a quella dell’autore. Le prime infatuazioni per le ragazzine, le sue letture preferite, le feste di paese, le vacanze trascorse al mare a Leuca, la ripresa della scuola, il cinema domenicale e l’amore che pian piano cresceva in lui per la letteratura e che avrebbe portato poi alla scelta della scrittura. Questi gli episodi salienti del libro, costellato, in esergo ai vari paragrafetti che ne costituiscono il filato, da citazioni prese da alcuni autori che devono essere cari al narratore, come Friedrrich Nietzsche, Robert Walser, Marcel Proust, E. M. Cioran e Ch. Dickens, e costruito con una scrittura piana, leggera, molto semplice e diretta nella pur notevole padronanza delle tecniche espressive. L’autore padroneggia la lingua italiana, cioè, senza appesantirla con effetti speciali o con un anacronistico gusto per l’espressione ricercata e rimbombante, perché ciò sicuramente striderebbe con la materia leggera del libro stesso che si legge in assoluta scioltezza. A proposito dell’amore per la scrittura e della nascita di quel tarlo che poi non lo avrebbe più abbandonato, mi piace riportare le ultime battute del libro, in cui l’autore parla di quella sua adolescenziale aspettativa, quasi beckettiana attesa di Godot, per la forma giusta, per uno stile personale nel quale scrivere pensieri ed impressioni della sua ancora giovane vita e delle numerose fallimentari prove di mettere nero su bianco quanto confusamente gli passava per la testa: “scrivere non sarebbe dipeso neppure da me, io non avrei più preso la decisione di scrivere e pertanto senza alcun rimpianto non sarei stato uno scrittore. Infatti, avrei capito col tempo che non si può decidere di scrivere o non scrivere, come non si può decidere di respirare o di non respirare, ma si può solo respirare, finché abbiamo fiato. Scrivere, allora, mi sarebbe apparso non più un surrogato d’azione, ma un’azione, colui che scrive non più un surrogato d’uomo, ma un uomo, la materia dello scrivere non più un surrogato della vita,ma la vita stessa.”. Infine Virgilio ha pubblicato Vita nuova e altri racconti, l’ultimo libro del 2010. Nel nostro incontro parliamo del lavoro, delle nostre famiglie e progettiamo alcuni appuntamenti da organizzare insieme per l’anno accademico prossimo venturo dell’Università Popolare che, fra tutte, sembra essere la creatura preferita, certamente quella più coccolata, da Gianluca, nella sua variegata attività socio-culturale. L’Università Popolare “Aldo Vallone”, “Unipop”, nella sua forma abbreviata, nasce a Galatina nel 1992 ad opera di Zeffirino Rizzelli e Pietro Giannini che, insieme ad altri, creano questo importante centro di elaborazione culturale che, all’inizio, si configura come una Università della Terza Età, rivolgendosi ad un pubblico più maturo composto esclusivamente da anziani e pensionati. Le sede dell’Università era quella del Palazzo della Cultura che oggi è significativamente intitolato proprio a Zeffirino Rizzelli. Successivamente, il raggio di azione dell’associazione si amplia e quindi le attività dell’Università Popolare si estendono a tutte le fasce di età e ad un pubblico molto eterogeneo, di studenti ed appassionati. Molti gli incontri tenuti negli anni con i più importanti nomi della cultura accademica ed extra-accademica salentina nel campo delle lettere ma anche della scienza, dell’arte, della medicina, che sarebbe troppo lungo elencare. Quest’anno l’Università avrà come sede il primo piano del Museo Civico “Pietro Cavoti”. Passeggiamo, io e Gianluca, nella calda sera settembrina, per le strade del centro storico di Galatina ed io non posso fare a meno di pensare a quel grande fermento culturale che si respira in questa città dalla gloriosa tradizione letteraria e anche dal presente altrettanto pieno di iniziative culturali. Basti pensare, oltre all’Università anzidetta, alle riviste “Il Galatino” (quindicinale), diretta da Rossano Marra, e “Il Filo di Aracne“ (bimestrale), diretta da Rino Duma e anche al “Bollettino storico di Terra d’Otranto”, annuario curato da Giancarlo Vallone; poi alle numerose case editrici presenti sul territorio, come la Congedo, la Edit Santoro, Grafiche Panico, Editrice Salentina e Toraldo. Proprio presso la Edit Santoro, nell’antico centro storico, ci fermiamo, perché Gianluca vuole farmi conoscere il titolare della stessa, Pietro Santoro, sottratto per pochi minuti ai suoi torchi situati nel piano rialzato della sua bottega tipografica. Procediamo poi alla volta del Circolo Culturale Athena, sede del Circolo Cittadino galatinese nonché della redazione della rivista “Il Filo di Aracne”, trait d’union fra me e Gianluca e le rispettive penne. Appena entrato, dopo aver salutato Rino Duma, noto con piacere che sulla bacheca del circolo, in bella evidenza, campeggia il mio articolo sulla rivista, intitolato “Come sfida di fanciulla” e pubblicato proprio su “Il Paese Nuovo”, in data 13 maggio 2011. Gianluca si offre subito di ripubblicarlo su: www.unigalatina.it che è il sito ufficiale dell’Università Popolare sul quale vengono pubblicati, oltre agli avvisi delle numerose iniziative programmate e al calendario delle lezioni, tanti e tanti contributi di storia patria e letteratura, in estratto o originali, a firma dei più importanti studiosi di Terra d’Otranto. Ritornati nella piazza centrale, mentre ci avviamo alle rispettive automobili, proprio quando ho appena finito di chiedere a Gianluca notizie su Pasquale Pitardi, pittore e scultore galatinese, che non riuscivo a contattare in mancanza di recapito telefonico, ecco che sul corso si materializza proprio lui, il Pitardi (cosa questa che induce me e Gianluca a fare una riflessione sul valore che ancora oggi la piazza può avere come luogo d’incontro, sul modello dell’antica agorà greca). Consegno a Pitardi copia dell’ultimo numero di “18 Meridiano” nuova rivista edita in Maglie alla quale collaboro f occupandomi di letteratura ed arte. E infatti nel numero in questione compare una mia recensione sulla pittoscultura di Pitardi, motivo per cui mi fa molto piacere consegnargli brevi manu copia della stessa. Pitardi accetta il mio dono, sia pure con riserva, ché certi personaggi sono davvero strane creature e non sai mai come prenderanno quello che tu ritieni sia un gentile omaggio alla loro arte: Pitardi è uno di questi, e io già mi aspetto, dopo la lettura dell’articolo, i suoi rimbrotti (che Dio lo benedica). Mi congedo da Gianluca Virgilio e da Pasquale Pitardi e ritorno a casa con la gioia nel cuore di una serata intensamente vissuta fatta di incontri, lettere, arte e allegria, nel segno di Galatina e dell’amicizia.
[“Il Paese Nuovo”, martedì 11 ottobre 2011, p. 8]