di Gianluca Virgilio
E’ arrivata l’estate, la lunga estate salentina. Torme di turisti hanno invaso la penisola, facendo scalo alla stazione di Lecce o all’aeroporto di Brindisi, oppure percorrendo la statale che scende da Bari fino a Lecce per diramarsi poi in direzione di Maglie-Otranto e di Gallipoli-Leuca. L’estate salentina è lunga sei mesi, da maggio ad ottobre, ma il potlatch si esaurisce in due, luglio e agosto, o ancora meno, tra la fine di luglio e ferragosto. Allora agli autoctoni, a quelli che potranno, converrà partire e andare lontano, per sottrarsi all’invasione e al frastuono delle notti bianche, delle lunghe code in strada all’ingresso dei luoghi balneari, le spiagge affollate…
Gli amministratori locali, sindaci e assessori alla cultura in prima fila, si sono preparati da tempo all’accoglienza, gli assessori provinciali speriamo per l’ultima volta: sagre, feste padronali, fiere, concerti concertini e concertoni, degustazioni enogastronomiche e presentazioni di libri, meglio se associate, spettacoli d’ogni tipo riempiono le notti dei turisti e degli autoctoni: si celebra il culto della visibilità, la dea moderna del politico impegnato nell’antica arte del regalare panem et circenses.
Le luminarie oscurano le stelle e mentre la cicala frinisce a più non posso – e non sa che sta per scoppiare! – nascosta tra gli olivi, i fichi ed i carrubi, impazza l’evento, che stupisce e stordisce e instupidisce, lasciando i turisti sempre più stressati e gli autoctoni sempre più schizzati.
I trafficanti hanno provveduto per tempo i loro manutengoli e scagnozzi di abbondanti quantitativi di droga, perché non manchi nulla ai frequentatori notturni di spiagge trasformate in discoteche e fumoir all’aperto, nigth e bar e chioschi sempre troppo affollati. Le strade sono diventate pericolose perché tra tanta gente fatta, c’è sempre qualcuno strafatto che preme forte sull’acceleratore e fa un sorpasso azzardato; e dopo si piangono i morti.
Come ogni anno, La Notte della Taranta porta in giro, di paese in paese, il suo carrozzone, trascinandosi dietro schiere di uomini e donne provenienti da tutta l’Europa, baccanti e coribanti ubriachi e dementi, convinti davvero che noi siamo un popolo di tarantolati, per la gioia del potente di turno che su questa credenza ha fatto la sua fortuna politica.
All’alba, a chi non è riuscito a dormire o s’è svegliato presto, le piazze offrono uno spettacolo di sporcizia e di abbandono, che sarebbe fonte di riflessione per molti, se i molti proprio allora non fossero andati a dormire. Squadre di operatori ecologici sono già a lavoro, pronti a conferire in discarica quanto è stato lasciato sul campo.
Fino a quando?
(2014)
[in Così stanno le cose, Edit Santoro, Galatina 2014, pp. 70-72]