di Ferdinando Boero
Costituzione Italiana, Articolo 34:
La scuola è aperta a tutti.
L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.
I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.
La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.
Il merito è nella nostra Costituzione. E anche la capacità. Visto come vanno le cose in Italia, è ovvio che la banda di incapaci che, a tutti i livelli e senza alcun merito, è entrata nei gangli dello stato dovrebbe essere considerata incostituzionale. La incapaciocrazia (il dominio degli incapaci) ha creato un uomo di paglia: il merito. E tenta in ogni modo di distruggerlo, cercando di dimostrare le sue falle, come se esistesse un altro modo… Meritocrazia non significa assenza di solidarietà, come a volte cercano di insinuare i detrattori del merito. Se ci ammaliamo vogliamo andare dal medico più capace. Non da un medico che cura tutte le malattie con un solo farmaco. Quello, ovviamente, è stato promosso col diciotto politico, in un’università dove la promozione dei capaci e meritevoli viene considerata un’ingiustizia. Todos caballeros! In una società giusta, come quella preconizzata dalla nostra sognante Costituzione, si prevede, come specificato nell’Articolo 4, che:
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
Le possibilità, visto quel che dice l’art. 34, dipendono dal merito e dalle capacità. Se così fosse, i nostri giovani non dovrebbero emigrare all’estero per trovare lavoro, visto che qui i posti spesso li ottengono degli incapaci privi di merito, per raccomandazione. Solo un folle si farebbe operare dal primo che passa e non pretenderebbe di avere il miglior chirurgo, selezionato per merito e capacità, in un sistema formativo che escluda dalla carriera medica chi non è in grado di raggiungere determinati livelli professionali. Il che non significa che l’escluso dalla carriera medica debba essere internato in un campo di sterminio. Magari sarà un bravo avvocato. Oppure un bravo muratore. Contribuirà, secondo le sue possibilità, al progresso del paese. E chiunque abbia fatto lavori in casa sa quanto valga un bravo muratore, e quanto sia frustrante avere a che fare con un muratore incapace. L’Italia è l’unico paese al mondo in cui si fanno i concorsi in maniera iperburocratica. La forma vale più della sostanza. Lo stesso vale per la valutazione del merito. La supposta volontà di promuovere il merito impone macchinosi meccanismi per misurarlo, presupponendo un’oggettività che raramente si può ottenere. Si inventano così meccanismi astrusi, con la formula magica, che dovrebbero fornire un magico numerino che misuri il merito.
A me piacerebbe la valutazione tra pari. Mi spiego e, dato che lavoro all’università, farò un esempio universitario. Basta chiedere: quali sono le discipline, nell’Università del Salento, che hanno rinomanza internazionale? E chi sono i principali responsabili di tale rinomanza? Poi si potrebbe fare la stessa domanda passando al livello nazionale, e poi a quello regionale. Nessuno si sognerebbe di dire che tutti i docenti della nostra Università sono di livello internazionale. Si può dire che fare tali distinzioni sia una discriminazione? In effetti non si discrimina. A parità di anzianità e livello, il docente di livello internazionale guadagna lo stesso stipendio del collega di livello regionale. Possiamo davvero dire che è giusta solidarietà? I punti di partenza devono essere uguali, ma poi sarà il merito e la capacità (come da Costituzione) a definire i vari ruoli.
Le riforme “meritocratiche” sono state fatte a metà. Per esempio, per l’Università, vige la regola della privacy, e non si può conoscere la valutazione dei singoli. Il merito o il demerito vengono spalmati su tutti. Mi spiego: il ministero ha inventato i Dipartimenti eccellenti. E nell’Università del Salento ce n’è solo uno. E, al suo interno, solo l’area biologica e l’area medica hanno contribuito all’eccellenza. E quindi nell’Università del Salento le uniche eccellenze sono in campo biologico e in campo medico. Questo significa che tutti i biologi e i medici di Unisalento sono eccellenti? E che tutti gli altri non lo sono? Vi assicuro che non è così. Ci sono schiappe anche nei biologi, e ci sono molti eccellenti anche nelle aree che non sono state dichiarate eccellenti. Ecco, questo utilizzo del merito giustifica pienamente la critica alla supposta meritocrazia che le varie riforme hanno cercato di istituire. Ma ogni Università potrebbe autonomamente identificare altri criteri per decidere dove investire le proprie risorse e orientare la propria offerta formativa. Nessuno ce lo vieta. Se il Ministero ha inventato regole bislacche, proponiamone altre e applichiamole al nostro interno. Per esempio cercando di rispondere alle semplici domande sul livello internazionale, nazionale, e regionale dei nostri docenti. Con nomi e cognomi. Non per fare liste di proscrizione, ma per impedire che degli incapaci rovinino la reputazione della nostra Università. Perché alla fine le famiglie queste valutazioni le fanno, e le fanno gli studenti. C’è internet. Basta cercare. Basta scrivere tra virgolette il nome di ogni docente di un corso di laurea e si trova la sua storia. E’ così che gli studenti scelgono, oramai. La nostra reputazione è quello che gli altri dicono di noi ed ha un valore enorme. Il patrimonio reputazionale è la base di ogni rapporto. Si sceglie quel medico o quell’avvocato o quel muratore in base alla reputazione che hanno. Se chiedo a un amico avvocato quali siano, nell’area leccese, i migliori avvocati nelle varie aree, la lista dei nomi arriva. E di solito la risposta è uguale per tutti gli interpellati. Lo stesso vale per i medici e per qualunque altra categoria. Gli studenti che devono scegliere un corso di laurea usano lo stesso criterio. Nessuno pensa che i ristoranti, i professionisti, i film, i libri e ogni altra categoria, siano tutti uguali. Ognuno di noi valuta, e sceglie in base al merito percepito. Certamente, bisogna saper scegliere. E qui il discorso ricomincia. In democrazia la maggioranza vince, ma non è detto che abbia ragione. Se in un’Università prevalgono i docenti di livello regionale, e le decisioni sono prese in modo democratico, prevarrà il livello regionale. E chi ha livello internazionale sarà spinto in un angolo, a volte persino deriso. E quando se ne andrà in altra università che valorizza il merito, si farà festa. Saranno vittorie di Pirro, però. Perché uno stato, un’azienda, una società in cui prevalgono gli incapaci e il merito viene mortificato è destinata al fallimento.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, lunedì 10 luglio 2017]