Leggere sull’acqua

di Paolo Maria Mariano

Leggere sull’acqua

Ho detto – l’ho scritto in un saggio –

La lettura è un atto di libertà

Ma è anche – lo dovevo aggiungere –

Scostarsi dal rumore del mondo

Salire a rilento sulla collina

Allontanare la frenesia

Che attanaglia le ore dei giorni

Che smorza la luce delle cose

Delle piante che crescono

Degli animali che tra esse camminano

Del sorriso degli umani.

Un libro è compagno paziente di viaggio

Porta il suono delle parole

Il ritmo dei pensieri

La fantasia,

Aiuta a sopravvivere a se stessi

A restare come ulivi

Se le parole non sono scritte sull’acqua

Se hanno il dono dell’arte

Se non muoiono come il fuoco

Quando il ceppo è ormai consunto

E diventa cenere, preda del vento.

Nota a margine. Siamo noi che stabiliamo il recinto dei nostri pensieri, compatibilmente con il limite alla capacità di comprensione fornitoci dalla natura. Leggere può voler dire allargare il recinto, poter incrementare il grado culturale personale, la propria capacità d’andare oltre le esigenze istintive primarie che sono riferite alla sopravvivenza. La possibilità è però collegata alla qualità della lettura e presume quindi l’esercizio di un giudizio da parte del lettore che sceglie di andare avanti fino in fondo in un testo e di non fermarsi e riporre la carta irrorata d’inchiostro per non riprenderla. Non sempre, però, la crescita culturale è apprezzata. Anzi, crea spesso fastidio in chi basa la sua attività sulla gestione di potere. Leggere non vuol dire allontanarsi dal mondo, solo divagarsi, né dagli esseri umani. Semmai significa mettersi in una posizione lontana dal frastuono, dalla frenesia che fa affrontare il tempo presente come si fosse particelle che avanzano nella turbolenza dell’acqua che scorre. Permette forse di guardare con quel distacco che forse aiuta ad essere più lucidi, provvisti di nuovi strumenti. Leggere non significa essere lontani dagli esseri umani: sono altri esseri umani che hanno scritto, sebbene la nostra interpretazione sia sempre discosta dalle loro iniziali intenzioni. Leggere è come camminare guardandosi intorno. Ho visto tante persone che provano fastidio alla lettura, che tendono ad allontanare da sé quanto per ventura o per dovere capita loro di scorrere, sfogliando pagine. Sospetto che sia essenzialmente perché costoro hanno paura di addentrarsi in territori dove potrebbero (non è detto che sia così, infatti) scoprire di non essere capaci. Potrebbe questo tipo di paura essere un lusso che può permettersi chi lo prova.

[2013]

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