di Ferdinando Boero
Anche quest’anno ripeto il sondaggio personale con i miei studenti al primo anno di Università. La mia classe comprende una settantina di persone. Chiedo: quanti di voi leggono dieci libri all’anno? Mi guardano stupiti. Chiedo nuovamente: alzi la mano chi legge dieci libri in un anno. Nessuno. Non passo a nove, passo direttamente a cinque. E alzano la mano in tre. Uno? Alzano la mano in cinque. Zero? Il resto della classe alza la mano. E così ripeto il pistolotto che infliggo loro ogni anno. Siete nel momento più cruciale della vostra formazione (sono al primo anno di Università) e se non leggete libri ora, quanti pensate ne leggerete nei prossimi dieci anni? La risposta è scontata: zero. Sono esclusi, ovviamente, i libri di testo, quelli che sono obbligati a leggere. I pochi che leggono confessano di leggere romanzi. Il che è meglio di niente. Consiglio di leggere il libro che ha cambiato la nostra visione del mondo: L’Origine delle Specie, di Darwin. E consiglio di leggerlo in lingua originale, in inglese. Per alleggerire le lezioni cerco ogni tanto di farli ridere, e la proposta di leggere The Origin of Species scatena un’ilarità incontenibile.
Per metterli a loro agio chiedo quanti siano stati bocciati una volta. Alza la mano una ragazza. La alzo anche io. Chiedo chi sia stato bocciato due volte. La alzo solo io. Si sentono rinfrancati, anche io ero un “ciuccio”. Confesso che, subito dopo le elementari, lo studio non mi ha mai appassionato. Imparare a memoria poesie e dimostrazioni di teoremi era una tortura a cui mi ribellavo. Senza alcuna pietà fui sempre rimandato, e per due volte bocciato. All’Università però subii una metamorfosi kafkiana, mi trasformai in qualcosa di inaudito: mi piaceva studiare. I libri di testo non mi bastavano, e iniziai a comprare saggi di approfondimento. Konrad Lorenz, Charles Darwin, Danilo Mainardi, Richard Dawkins, Rupert Riedl e molti altri autori di saggi sulla natura diventarono la mia ossessione. Mi piacevano! E volevo avere tutti i loro libri. Smisi di leggere romanzi. Prima mi piacevano Hemingway, Steinbeck e molti altri, ma le “storie” non mi appassionavano più. Conoscere la diversità della natura, e il suo funzionamento, era diventata la mia passione. A dir la verità lo era stata nei miei primi anni di vita, ma la scuola me ne allontanò. Non c’era la natura, a scuola. La ritrovai all’Università.
Non dico che tutti debbano avere una passione per la natura, qualsiasi passione va bene: racconto questa storia per dire che l’Università deve essere il posto dove sublimare i propri entusiasmi.
Un mio amico d’infanzia si chiama Emanuele Dotto. Abitavamo nello stesso quartiere. Conosceva a memoria tutte le squadre di calcio, nelle formazioni attuali e in tutte quelle passate. Conosceva i record dei calciatori e delle squadre: quanti gol, quanti infortuni, posizioni in classifica. Non si soffermava a studiare tutta quella roba, passando notti insonni sui libri. Gli piaceva, e questo bastava a fargli ricordare tutto. Io, in effetti, conoscevo i nomi di moltissimi animali, e sapevo i loro ruoli ecologici, le loro peculiarità. Sia la mia passione sia la sua erano totalmente inutili nei nostri percorsi scolastici. Emanuele fa il commentatore per la televisione e ha avuto la fortuna di valorizzare la sua passione, e io, nel mio piccolo, ho fatto lo stesso con la mia passione per animali e ambienti.
Questa storia dovrebbe insegnare che, se si ha una passione, studiare non è sacrificio ma, invece, è un piacere. Riconosco che tutte le informazioni che si affastellarono nel mio cervello a causa del sistema scolastico hanno una utilità che, oggi, dopo tanti anni, comprendo. Ma moltissimo di quello che mi hanno spinto a forza nei neuroni non ha lasciato traccia. Ciò che ho imparato non è “entrato” per dovere, ma per piacere.
I libri sono il “posto” dove immagazziniamo le conoscenze del passato. Leggerli significa ascoltare chi è venuto prima di noi, salendo sulle sue spalle per guardare lontano. Zero libri significa contare solo sulla propria esperienza, partendo da zero, senza valersi delle esperienze di chi è venuto prima di noi. A seconda delle proprie inclinazioni, i libri da leggere possono essere di molti tipi. Ma se manca la curiosità, se leggere non procura piacere, allora c’è un problema.
Non chiedo oltre, ai miei studenti. Non chiedo quanti libri abbiano a casa. Però ricordo la casa dove sono cresciuto. Mio padre era un portuale, ma la sua casa era stracolma di libri. Lui mi vietava di toccarli, essendo certo che, in sua assenza, li avrei presi. Anche solo per disobbedirgli. Cosa che accadeva puntualmente. Sono certo che questi ragazzi e ragazze abbiano pochi libri a casa, che a nessuno venga in mente di regalar loro dei libri. Sono certo che i libri non fanno parte del loro ambiente. Sono solo noiosi libri di testo su cui passare ore e ore di studio. Un sacrificio. Intendiamoci, ho detto ai miei studenti che The Origin of Species si trova in internet e si può scaricare gratis. Non mi interessa che lo leggano sulla carta. Va benissimo lo schermo di un computer. Anche se non mi piacerebbe rinunciare al piacere sensoriale di sfogliare (e annusare) un libro. Ogni tanto qualcuno capisce, e la sua vita cambia. Come è cambiata la mia. Anche se fosse uno o una sola all’anno…ne vale la pena. Qualcuno, dopo tanti anni, mi ha confessato di aver “cambiato vita” a seguito di questi discorsi. Incredibile eh?
[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, martedì 4 aprile 2017]