Storia Natura e Paesaggio nel Salento delle Serre – Neviano, 19 ottobre 2024

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Piero Pascali – Daniele Capone, L’ombra di Tancredi. Nei luoghi della cintura di Lecce

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Matteotti: dal delitto alla dittatura

di Gigi Montonato

Quello di Matteotti fu un delitto politico che spianò la strada alla dittatura di Mussolini. I delitti politici sono sempre molto complicati e dagli esiti imprevedibili. Da quello celeberrimo di Giulio Cesare a quello di Aldo Moro, di cui recentemente è uscito l’ennesimo libro, questa volta di Claudio Signorile e Simona Colarizi. Quello di Giacomo Matteotti non è da meno benché ne conosciamo le trame e possiamo dire con assoluta certezza che ad ammazzare il segretario socialista furono i fascisti alle dipendenze dei più stretti collaboratori di Mussolini. Dopo due processi, di Chieti nel 1926 e di Roma nel 1947, e fiumi d’inchiostro versati, ad incominciare dai memoriali dei protagonisti della vicenda, ancora oggi ci si chiede se il delitto fu pianificato come tale o se fu l’esito imprevisto di un’aggressione feroce conclusasi tragicamente con la morte. 

Lo storico che più di tutti insiste sulla premeditazione è Mauro Canali, il quale, nel suo ultimo libro, Il delitto Matteotti, non ha dubbi: il mandante fu Mussolini, il delitto fu premeditato, i motivi vanno cercati nella politica (eliminazione del più valido e valoroso oppositore del fascismo) e negli affari (questione Sinclair Oil, la compagnia petrolifera americana che era in trattative col governo italiano per effettuare perforazioni alla ricerca di petrolio nel Veneto e in Sicilia, un affare nel quale erano coinvolti uomini del potere e delle istituzioni, fino a lambire la Corona). Secondo Canali Matteotti avrebbe dovuto rivelare lo scandalo petroli nella seduta alla Camera dell’11 giugno. A quella data Matteotti non doveva arrivare.

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Il sodalizio tra gli scienziati padovani Gabriele Falloppia e Melchiorre Guilandino

di Rocco Orlando

Gabriele Falloppia e Melchiorre Guilandino

     Falloppia (e non Falloppio, come ancora alcuni scrivono) è la forma corretta del suo cognome, come fu dimostrato nel 1928 da Giuseppe Favaro in una lettera autografa di Falloppia ad Ulisse Aldrovandi del 22 aprile 1557 che mostra la desinenza in a di Falloppia. A dieci anni morì il padre di sifilide e fu aiutato da uno zio materno sacerdote (don Lorenzo) che lo avviò alla carriera ecclesiastica. Poi abbandonò gli studi religiosi e si dedicò a quelli di medicina e di anatomia basandosi sulle opere di Galeno e di Berengario da Carpi e sulla osservazione diretta sezionando animali e utilizzando i resti di giustiziati. Seguì poi gli studi di Medicina presso l’Università di Ferrara, che nel 1545-48 gli affidò la lettura dei semplici, insegnamenti che comportavano lo studio delle proprietà dei prodotti dei tre regni della natura (minerale, vegetale, animale) e che quindi era la farmacologia nel senso proprio della parola. Nel 1548 passò ad insegnare Anatomia a Pisa e nel 1551 a Padova, nominato alla duplice lettura dei semplici e di chirurgia, “et obligo di tagliar la Natomia” (G. Favaro 1928).

     Giuseppe Ongaro nel suo articolo Gabriele Falloppia a 450 anni dalla morte su “Padova e il suo territorio” (2012), scrive: “Egli fu molto apprezzato anche come medico pratico e fu richiesto a consulto da molti personaggi famosi, es. a Roma da papa Giulio III nel 1552 per la malattia del fratello Baldovino del Monte; da Paulo Manuzio che guarì da una malattia cronica agli occhi, da Eleonora d’Este alla quale per la forma artritica consigliò le cure termali di Abano”.

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L’ostacolo del “fabulare”. La finzione autobiografica dantesca nell’opera volgare dell’Alighieri. Capitolo III. La scelta del volgare

di Gianluca Virgilio

(continuazione)

“Poi che purgato è questo pane dalle macule accidentali, rimane ad escusare lui da una sustanziale, cioè dall’essere vulgare e non latino: che per similitudine dire si può di biado e non di frumento.” (Conv. I, v 1)

L’Alighieri ha spiegato le ragioni della particolare forma narrativa dell’opera (il parlare di sé) e le ragioni dell’inevitabile “gravezza” e “durezza” dei contenuti e dello stile, e ora prosegue giustificando la scelta della lingua adoperata per commentare le canzoni: il volgare. La “scusa” si rende necessaria, perché il Convivio esula dagli schemi della tradizione linguistica, che impongono la prosa latina[1]. La struttura dell’opera  – il commento è ordinato a chiarire i sensi delle canzoni – soccorre subito la “scusa” dantesca. Premesso che “lo latino è perpetuo e non corruttibile, e lo volgare è non stabile e corruttibile” (Conv. I, v, 7), e che il rapporto tra latino e volgare si può paragonare a quello tra “signore” e “servo” o tra “sovrano” e “subietto”, e tenendo conto che un identico rapporto intercorre tra canzoni e commento (il commento è difatti “servo alle ‘nfrascritte canzoni”, è detto in Conv. I, v, 6), Dante dimostra che un commento latino alle canzoni volgari produrrebbe un contrasto insanabile, una “disconvenevole ordinazione” (Conv. I, V 2) o “disordinazione”, perché il commento latino non sarebbe “servo” né “conoscente” né “obediente” delle canzoni medesime (Conv. I, v, 6) [2].

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Inchiostri 129. Secondo inchiostro romano

di Antonio Devicienti

Søren Solkær fotografa gli stormi volitanti e piroettanti nel tramonto romano: danzano? interpretano una musica ch’è frinire d’ali nel salire, scendere, piegare, avvitarsi, risalire, dilatarsi, contrarsi? s’abbandonano a un’ebbrezza vitale di volo e di frenesia?

Tornano dopo l’inverno o si preparano a partire nell’autunno incipiente, sono scrittura nel cielo immenso di Roma, centinaia d’ali-grafemi che raccontano la bellezza del mondo.

*

Non sanno dell’oscena distruzione, del criminale rovinio cui la specie umana ha condannato la Terra.

S’avvolgono in volo verticale, poi planano, ondeggiano, scendendo risalgono, svirgolano, zigzagando compongono spirali, capriolano, nereggiano omaggiando il sole aranciato e svanente.

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Antonio Stanca, Universum A-31


24-01-2004, olio su MDF, cm 39,8 X 39,8.
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Manco p’a capa 224. Se la persona giusta non è nel posto giusto…

di Ferdinando Boero

L’identità del Movimento 5 Stelle è riassunta nel titolo di un articolo del FQ: Stato sociale, Carta e lotta alla corruzione. Non si parla di ambiente, transizione ecologica, sostenibilità. Nello Statuto del movimento, le cinque stelle sono: beni comuni, ecologia integrale, giustizia sociale, innovazione tecnologica, economia eco-sociale. L’ecologia ha una stella, e parte di un’altra. Biodiversità ed ecosistemi hanno un ruolo rilevante … che voglio di più? Il problema, come ho rimarcato altre volte, è che a tradurre in azioni questi principi si reclutano persone che non li riconoscono, come Roberto Cingolani, chiamato al Ministero della Transizione Ecologica nel governo Draghi. Un ministero voluto fortissimamente dal M5S, visto l’esito delle negoziazioni di Conte con la Commissione Europea, tornato con 209 miliardi in buona parte da dedicare alla transizione ecologica. Il M5S accettò di appoggiare Draghi perché accettò di perseguire la transizione ecologica. Beppe Grillo lo definì un grillino. Una bella battuta comica.

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L’Eretico barocco di Simone Giorgino: per un cambiamento di prospettiva

di Antonio Devicienti

Si provi a riflettere partendo dal titolo (Eretico barocco) e dal sottotitolo (Una linea meridiana nella poesia italiana del Novecento) del libro di Simone Giorgino pubblicato da Carocci nel settembre del 2024: l’aggettivo anteposto al sostantivo (quindi enfatizzato) sembra dare al sintagma un movimento e un’originalità che sorprendono e incuriosiscono rispetto a un più piano “barocco eretico” (ma anche l’iniziale minuscola di “barocco” è esplicito segnale di una prospettiva inedita – Carmelo Bene direbbe, forse, “un barocco di meno”), mentre il sottotitolo rimanda senza dubbio alcuno al Pensiero meridiano di Franco Cassano; il particolare in alta definizione e in bianco e nero proveniente dalla facciata di Santa Croce a Lecce che domina la copertina contribuisce al formarsi di uno spazio di lettura e di pensiero che, anticipo, fa di questo libro un’opera notevolissima per argomentazioni, materiali documentali, orizzonti dischiusi.

In linea di tempo Eretico barocco segue Carta poetica del Sud. Poesia italiana contemporanea e spazio meridiano (Musicaos, Neviano 2022) ed è proprio il concetto di spazio (geografico)a essere il fulcro dei cinque macro-saggi che costituiscono Eretico barocco; ogni macro-saggio, articolato al suo interno in parti di numero e lunghezze variabili, è dedicato a un esponente della poesia salentina contemporanea (Girolamo Comi, Raffaele Carrieri, Vittorio Bodini, Vittorio Pagano e Carmelo Bene).

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Gaetano Minafra, Arte sacra 7. Madonna

Legno, colori acrilici e foglia oro, argento e pietre preziose, cm. 50 X 35, 2018.
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Un ponte sul mondo: tutto in una cabina

di Antonio Errico

Tarda sera d’autunno. Pioviggina. L’uomo ha bisogno di telefonare e il cellulare si è scaricato. Pensa che ci sarà una cabina, che da qualche parte ci sarà pure una cabina. In piazza, forse. In piazza la cabina non c’è. Si ferma davanti al bar. Tre ragazzi fumano e ridono. Chiede dove può trovare una cabina. I ragazzi si guardano. Dicono: quale cabina. Una cabina telefonica, dice l’uomo. I ragazzi non ridono più. Si guardano ancora, increduli. L’uomo capisce che cosa stanno pensando e si giustifica. Dice: il cellulare ce l’ho ma si è scaricato.  Allora i ragazzi riflettono qualche secondo. Poi dicono che non c’è una cabina, che comunque loro non sanno se da qualche parte c’è una cabina. Uno dà voce nel bar, all’uomo che sta dietro il banco. L’uomo al banco risponde che già la cabina non c’era quando serviva, figuriamoci adesso che non serve più. Ride. Dalla tasca posteriore dei pantaloni, uno dei ragazzi tira fuori un cellulare e dice all’uomo: ma scusa, chiama con questo. L’uomo dice: no, non vorrei approfittare. Ma chiama, dice il ragazzo, che tengo i minuti gratis.

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Il labirinto del sacro

Come appariva quel «Medioevo»[1].

di Mauro Di Ruvo


Museo della storia di Marsiglia, rappresentazione di Marsiglia, attribuita a un collaboratore di Anton Ronzen, olio su tela, 1517 [Foto: Associazione culturale GoTellGo / Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]

In un atto scritto per la monacazione del nobile Guglielmo, visconte di Marsiglia, redatto agli inizi dell’XI secolo, leggiamo:

Per iniziativa della misericordia di Dio onnipotente e col consenso della sua benevola clemenza – lui che non vuole la morte del peccatore, ma che al contrario si converta e viva – io Guglielmo, visconte di Marsiglia, mentre giaccio sul mio letto, nella malattia che il Signore stesso mi ha inviata, sono attorniato dai fratelli del monastero del beato Vittore, cioè da Guffredo, posto alla testa del suddetto monastero dall’abate Garnerio [di Psalmodi] come priore, e dagli altri confratelli; e questi, secondo il costume dei servi di Dio, hanno cominciato a suggerirmi che era venuto per me il momento di abbandonare la milizia del secolo, al fine di militare per Dio. Perciò, toccato grazie a Dio dalle loro esortazioni, ho sacrificato la mia chioma e secondo la regola di san Benedetto ho ricevuto l’abito monastico.[2]

Si tratta, come è evidente, di un episodio che non era affatto rado nell’Alto Medioevo, appartenente invece ad una larga schiera di gestes che sembravano essersi ascritte a una etichetta consuetudinaria sin dalla fine dell’VIII secolo, tra la Francia merovingica e quella carolingia, e che avrà ancora per molti secoli notevole influsso nella storia dell’Occidente cristiano. Era questa divenuta man mano più una pratica di moda cui ogni famiglia aristocratica era spinta, quasi per principio, a seguire attraverso la rappresentanza di alcuni suoi membri eletti piuttosto che una vera scelta vocazionale che esigeva il passaggio ad un altro statuto esistenziale, ad un tenore di vita non più civile, ma pur sempre strettamente elitario. In tal caso vi è un esponente della nobiltà guerriera (miles) che avvertendosi in prossimità di morte compie il passaggio tipico dei guerrieri delle chansons all’eremitaggio o alla clausura all’interno delle tepide e serene mura del monastero, dopo una vita trascorsa nel clamore delle armi e della mondanità[3]. Ma sebbene tali “imprese” abbiano dall’inizio costituito un modello di santità paradigmatica non solo nell’ammirazione del ceto nobiliare ma soprattutto di quello clericale e popolare, ben presto si riduce a un puro atto di tradizione e splendida recitazione da cerimoniale di rango. I frati monaci, da «servi di Dio» hanno suggerito sul letto di morte a Guglielmo di convertirsi all’altra milizia, quella del Signore. Ma era una scelta che rientrava a bene vedere nella volontà, sia del suo rango di appartenenza che dell’ordine monastico benedettino, di trasmettere ancora una volta l’immagine di un monachesimo aristocratico, per conservarne presso i fedeli il senso dell’altezza morale e della nobiltà propria della dedizione a Dio. L’idea che anche i migliori, i sovrani e i regnanti non potessero fare a meno di Dio, anzi, che loro più di tutti dovessero essere i più vicini alla nobiltà spirituale, i più idonei al modello di santità, forniva un esempio di grande eloquenza e potente suggestione presso la massa dei fedeli. «Molti tuttavia cercano di realizzare almeno simbolicamente quest’ideale, che appare come una garanzia di salvezza» ma per necessitas «non tutti possono farsi eremiti».[4]

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Ettore Catalano, Il complesso di Chirone

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Su Metamorfosi di Antonio Prete

di Giuseppe Tinè

Metamorfosi

Non c’è pensiero o affetto

che si perda nel nulla.

Amori e turbamenti fluttuano nell’aria,

sono nube, pulviscolo di luce.

O vapore lunare.

.

Nello schiudersi del fiore,

o nel formarsi di una stella,

quel che accade ha lo stesso respiro

del tuo desiderio.

Niente muore davvero.

.

Per questo qualche volta una nuvola

ha forma d’animale, o sopra le ali

di una farfalla c’è il disegno di una rosa:

figure di un legame, parvenze fuggitive

di una trama condivisa.

.

O forse questo è solo il sogno

di una metamorfosi.

Un sogno che la parola oppone

al silenzio che la abita,

la materia al vuoto che l’assedia.

 

***

Ad aprire il Convito delle stagioni, è subito una domanda: la domanda sul nulla, sul durare o lo svanire nel nulla di pensieri ed affetti. Prete ipotizza qui, assai più che non affermi, che nessun pensiero, nessun affetto, può perdersi nel nulla. Gli amori e i turbamenti – quanto cioè di (leopardianamente) più caldo e vivo, di più intenso e patito – abbiamo vissuto, continua (o potrebbe), egli dice, a fluttuare nell’aria, come (cioè nella forma) – ed è qui la prima, tutta materiale, “metamorfosi” – nube, pulviscolo di luce; o, anche, vapore lunare. Nube, pulviscolo di luce, vapore lunare: immagini del fluttuare, appunto. 

Infinito è infatti per Prete, ancora una volta leopardianamente, solo il desiderio della vita, il suo respiro: il suo materiale respiro che si tramuterebbe e continuerebbe qui negli elementi – anch’essi naturali e materiali – della nube, del pulviscolo di luce, del vapore lunare: dove il termine “pulviscolo” e “vapore” intendono suggerire, appunto, insieme con quella del loro fluttuare, anche l’idea della loro “fisicità”. Perciò niente muore (o morirebbe) davvero.   

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Guerra totale

di Paolo Vincenti

Di fronte alla drammatica escalation nel Vicino Oriente, tutto l’Occidente si interroga su quali ripercussioni potrebbe avere un conflitto su larga scala, ma soprattutto ci si chiede a quale livello di barbarie giungeranno i sanguinari mastini della guerra che governano le nazioni coinvolte. I bombardamenti dell’Iran su Israele non lasciano margini di speranza. La pioggia di fuoco che si è abbattuta alcune notti fa su Tel Aviv, di una potenza anche superiore agli attacchi missilistici di aprile, che avevano avuto più che altro uno scopo dimostrativo, fanno capire che l’Iran ormai fa sul serio. Fino ad ora, abbiamo assistito al fallimento di ogni mediazione diplomatica e ogni appello al cessate il fuoco, anche ai più alti livelli, è stato vano. L’Iran vuole spazzar via Israele, è la sua missione dichiarata da sempre. Israele vuole abbattere “l’asse del male” e, per far questo, attaccare e distruggere il paese degli ayatollah, che questo asse sorregge. La guida suprema dell’Iran, Khamenei, ha intimato ad Israele di non reagire, altrimenti sarà la fine. Difficile, quasi impossibile, che le parole del leader sciita vengano ascoltate dal premier israeliano Netanyahu che ha già annunciato una terribile risposta. Caldeggiato dagli Stati Uniti, Netanyahu fa bellicose dichiarazioni di pesanti conseguenze per la repubblica islamica.

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Pietro Pascali – Daniele Capone, Le contrade di Bacco. Nardò e le terre dell’Arneo

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Cerimonia di intitolazione dell’Istituto Comprensivo di Ruffano a Aldo de Bernart – Ruffano, 14 ottobre 2024

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Parole, parole, parole 31. La Settimana della lingua italiana nel mondo

di Rosario Coluccia

S’intitola «Settimana della lingua italiana nel mondo» la manifestazione internazionale, nata nel 2001 con lo scopo di promuovere la lingua italiana in tutto il mondo. L’iniziativa, sotto l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica, fu “inventata” nel 2001 da Francesco Sabatini, allora presidente e oggi presidente onorario dell’Accademia della Crusca; si sviluppa grazie alla collaborazione tra l’Accademia della Crusca e la Direzione generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, e ha luogo ogni anno nella terza  settimana di ottobre. Oltre a Crusca e Ministero degli Esteri, sono coinvolti enti e soggetti vari: Consolati italiani e Istituti italiani di cultura all’estero, associazioni di italiani all’estero, cattedre di italianistica e di romanistica delle università straniere, Comunità Radiotelevisiva Italofona, RAI Italia e Società Dante Alighieri, ecc. Ogni edizione è consacrata a un tema specifico, trattato in un libro curato dall’Accademia della Crusca con il coinvolgimento di specialisti operanti in Italia e all’estero.

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Taccuino di traduzioni 3. Paul Celan e les dames de Venise: un’interpretazione

di Antonio Devicienti


Alberto Giacometti, Le donne di Venezia, 1956, bronzo (foto del1964).

Les dames de Venise

Keine von euch

sah die los-

schwirrende Keule

euch gegenüber?

Dieser scheinbar

Schreitende

wars.

Le donne di Venezia

Nessuna di voi

vide la clava che vol-

teggiando s’avventava?

È stato

questi che sembra

camminare lento.

(L’edizione di riferimento è Paul Celan, Die Gedichte. Kommentierte  Gesamtausgabe, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a. M. 2005).

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Presentazione de L’ombra di Tancredi nei luoghi della cintura di Lecce – Trepuzzi, 12 ottobre 2024

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